E’ una mattina calda e piovigginosa dell'estate 1968 e sto attraversando a piedi il piazzale di parcheggio velivoli di Milano Malpensa.
Nel bel mezzo di una ordinata fila di jet di linea dalle sagome filanti, tutti in livrea bianca con le insegne colorate delle più disparate compagnie aeree internazionali, spicca alquanto diversa la sagoma goffa e scura di un velivolo da trasporto militare con l'ala alta, due grossi motori stellari con eliche quadripala, dietro i quali si protendono due travi di coda con alte derive.
È il mio Lupo 90, un Fairchild C 119 Flying Boxcar, un Vagone Volante del 98° Gruppo della 46a Aerobrigata Trasporti Medi, che ha base a Pisa.
È un aeroplano già superato, brutto, se volete, ma io gli voglio un gran bene.
Con lui ho vissuto i momenti più emozionanti e avventurosi della mia vita di pilota.
Lupo 90, reduce dalla grande revisione delle 2.000 ore eseguita dalla SIAI di Vergiate, dopo il collaudo in volo è ora pronto per essere riportato a "casa".
Il mio equipaggio è già a bordo.
Al CDA di Malpensa, l'ufficio di Controllo d'aerodromo dove ho compilato il piano di volo IFR, l'ufficiale meteo mi ha detto che la parte peggiore della perturbazione atmosferica sul Nord Italia, dovuta a una classica occlusione di due masse d'aria, una calda e una fredda, dopo aver scaricato piogge e temporali per tutta la notte, si è spostata più a Est.
Rimangono qua e là solo sporadici rovesci, i soliti "colpi di coda".
Appena a bordo, dopo essermi sistemato sul sedile a sinistra e aver chiesto l'autorizzazione alla Ground, la sezione che si occupa dei movimenti al suolo della Torre di Controllo, ben coadiuvato dal mio ottimo equipaggio, metto in moto.
Nella spaziosa cabina regna il buon umore.
Siamo rimasti fuori per due giorni, e ora abbiamo tutti voglia di rientrare.
Si respira già aria di casa.
Sul tavolino del navigatore c'è una specie di televisore, un'apparecchiatura in più del solito, che ci è servita per il collaudo.