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    Le insidie dell'idroplaning

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    Messaggio  michele Sab Mar 30, 2013 10:42 pm

    Dai dati dell'NTSB (National transportation safety board) statunitense, risulta che il 20% di tutti gli incidenti dell'aviazione d'affari si verifica durante gli ultimi 30 secondi di volo.
    E restringendo l'analisi agli incidenti degli aerei d'affari più grossi, equipaggiati con motori a turbina (turboelica e turboreattori), si scopre ancora più sorprendentemente che la percentuale supera il 55%.
    Approfondendo l'esame delle cause che hanno condotto molti piloti di provata esperienza a danneggiare o a sfasciare i propri aerei in atterraggio, gli addetti alla sicurezza del volo dell'NTSB hanno scoperto che questi incidenti non sono in genere dovuti a mancanza di abilità o di conoscenza della macchina da parte dei piloti, bensì a una errata pianificazione degli avvicinamenti e a superficialità nella valutazione delle condizioni nelle quali devono essere effettuati gli atterraggi.
    Uno dei fattori più importanti per la sicurezza della manovra di atterraggio e lo stato del fondo della pista, il quale determina l'azione frenante grazie alla quale l'aereo può o meno essere fermato entro i confini della pista stessa.
    Di solito, quando si parla di azione frenante scarsa o nulla, viene naturale di pensare a una pista coperta di ghiaccio o neve.
    Ma, anche se gli atterraggi sul ghiaccio o sulla neve sono effettivamente insidiosi e devono essere eseguiti con molta precauzione, la maggior parte delle uscite di pista dopo l'atterraggio si verifica sulle piste bagnate, a causa del fenomeno conosciuto con il nome latino/anglosassone di idroplaning, o aquaplaning.
    Si conoscono tre tipi di aquaplaning, ognuno dei quali può rendere un aeroplano parzialmente o totalmente incontrollabile durante la corsa di atterraggio:
    - l'aquaplaning dinamico
    - l'aquaplaning da gomma fusa
    - l'aquaplaning viscoso
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    Messaggio  michele Sab Mar 30, 2013 10:43 pm

    l'aquaplaning dinamico

    Il più noto (forse perché conosciuto anche in campo automobilistico) è l'aquaplaning dinamico.
    Come dice il nome, è un fenomeno che si verifica a velocità relativamente elevate e può essere paragonato allo sci nautico.
    Perché si verifichi, la pista deve essere coperta con almeno due o tre millimetri di acqua o di neve fondente.
    Nel momento in cui un aereo comincia ad accelerare su una pista che si trova in tali condizioni, i pneumatici non fanno altro che spostare l'acqua che incontrano davanti e lateralmente a sé.
    Man mano che la velocità aumenta, però, l'acqua non riesce più a sfuggire dall'impronta dei pneumatici e comincia a incunearsi sotto di essi, esercitando una pressione che tende a sollevare l'aereo dalla pista.
    Al raggiungimento di una determinata velocità, conosciuta come "velocita totale di idroplaning (Vp)", la pressione idrodinamica diventa uguale al peso dell'aereo.
    I pneumatici perdono perciò completamente il contatto con la pista e si comportano come sci d'acqua.
    In queste condizioni, nonostante la notevole velocità al suolo, le ruote cessano di girare e possono addirittura cominciare a ruotare in senso inverso.
    Durante i normali decolli, l'idroplaning non presenta in genere problemi particolari, in quanto il controllo della direzione è assicurato sia dal timone verticale, sia dalla trazione, o dalla spinta dei motori.
    Durante l'atterraggio, l'idroplaning si evolve in senso opposto.
    Se il contatto delle ruote con la pista avviene alla Vp o a velocity maggiori, l'aereo comincia immediatamente a "fare sci nautico" e i freni sono totalmente inefficaci.
    Inoltre l'aereo, specialmente in presenza di vento al traverso, può anche risultare incontrollabile direzionalmente, in quanto il ruotino anteriore sta a sua volta scivolando sull'acqua.
    Un aspetto particolarmente negativo dell'idroplaning durante l'atterraggio sta nel fatto che, una volta verificatosi, il fenomeno può continuare fino a velocità anche molto minori della Vp. La NASA ha condotto esperimenti e studi approfonditi sul fenomeno e ha determinato che l'insorgere dell'idroplaning dinamico, oltre che della velocita al suolo dell'aereo, e funzione anche della pressione di gonfiaggio dei pneumatici.
    E’ stato perciò possibile tracciare il diagramma della figura 1, dal quale si nota che il valore della Vp si trova in genere fra 7 e 9 volte la radice quadrata del valore della pressione di gonfiaggio dei pneumatici espresso in psi.
    Per fare un esempio, possiamo prendere in esame due aerei rappresentativi dell'aviazione generale.
    Le pressioni di gonfiaggio dei pneumatici del monomotore Cessna 182 sono 42 e 49 psi e quelle dei pneumatici del bimotore Cessna 310 R sono 60 e 40 psi, rispettivamente per le ruote principali e per il ruotino.
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    Messaggio  michele Sab Mar 30, 2013 10:46 pm

    Le insidie dell'idroplaning Idropaningf1

    Con l'aiuto del grafico della figura 1 si può determinare che le ruote principali del 182 vanno soggette a idroplaning a velocita di contatto comprese fra 45 e 60 nodi e quelle del 310R a velocita comprese fra 55 e 70 nodi.
    Poiché le velocita minime di sostentamento di entrambi gli aerei (rispettivamente 50 e 72 nodi) sono comprese o vicine ai limiti massimo e minimo di Vp, ogni volta che si atterra su piste bagnate con uno strato d'acqua di un paio di millimetri o più ci si deve aspettare di andare soggetti a idroplaning dinamico.
    Il grafico della figura 1. che può essere usato anche per le automobili, è valido solo quando lo spessore dell'acqua che copre la pista è uguale o maggiore alla profondità dei solchi del battistrada dei pneumatici.
    Se lo spessore d'acqua è minore, la Vp aumenta.
    Ciò significa che i pneumatici consumati, o comunque con i solchi poco profondi, sono più soggetti all'idroplaning dinamico.
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    Messaggio  michele Sab Mar 30, 2013 10:48 pm

    idroplaning da gomma fusa

    Il secondo tipo di idroplaning è chiamato "da gomma fusa", o "da vapore".
    Esso si manifesta in conseguenza di una frenata che blocca le ruote e che costringe quindi i pneumatici a strisciare sull'asfalto di una pista bagnata.
    Perché l'idroplaning da gomma fusa si verifichi, è sufficiente che la pista sia coperta da uno strato d'acqua molto sottile.
    Quando una ruota è bloccata, il pneumatico che striscia sulla pista genera una grande quantità di calore, il quale fa fondere la gomma e ne fa staccare dei brandelli.
    Accumulandosi intorno all'impronta del pneumatico, i brandelli di gomma imprigionano sotto di essa una certa quantità di acqua.
    A causa dell'elevata temperatura, che può raggiungere i 250°C, l'acqua evapora e la pressione generata dal vapore solleva la ruota dal terreno rendendo nulla l'azione frenante.
    Questo tipo di idroplaning si manifesta di solito dopo che i pneumatici sono andati soggetti a idroplaning dinamico, durante il quale il pilota ha bloccato le ruote, pigiando sui freni nel vano tentativo di rallentare l'aereo.
    Quando finalmente la velocita scende al valore che consente ai pneumatici di entrare in contatto con la superficie della pista, le ruote bloccate innescano l'idroplaning da gomma fusa. Il fenomeno può poi continuare fino a velocità al suolo molto ridotte (20 nodi o meno) è l'unico modo per interromperlo e di consentire alle ruote di girare, in modo da liberare il vapore formatosi sotto l'impronta dei pneumatici.
    Poiché il pilota non ha alcun mezzo per rendersi conto di quando finisce l'idroplaning dinamico e quando comincia quello da gomma fusa, l'unico modo per non incorrere nel fenomeno del secondo tipo e di allentare a brevi intervalli la pressione sui freni per consentire alle ruote di girare.
    Dopo essere andate soggette all'idroplaning da gomma fusa, le ruote dell'aereo lasciano in genere sulla pista delle strisce bianche, dovute al "lavaggio a vapore" conseguente alla scivolata.


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    Messaggio  michele Sab Mar 30, 2013 10:51 pm

    idroplaning viscoso

    Il terzo tipo di idroplaning è quello viscoso.
    In pratica non si tratta di un vero e proprio idroplaning, bensì di una drastica riduzione del coefficiente di attrito fra i pneumatici e la pista;
    resta comunque il fatto che gli effetti sono gli stessi.
    Perché questo fenomeno si manifesti, è sufficiente uno strato di umidita sottilissimo, dell'ordine dei centesimi di millimetro, quale potrebbe essere quello formato dalla rugiada mattutina. Specialmente quando l'umidità copre le superfici molto lisce, come quelle delle piste in asfalto e delle porzioni di pista in prossimità delle zone di contatto, annerite dalla gomma lasciata dai pneumatici in atterraggio, il coefficiente di attrito si può ridurre fino al valore di quello del ghiaccio bagnato.
    L'idroplaning viscoso si manifesta sovente dopo l'atterraggio, nel momento in cui il pilota manovra per lasciare la pista e iniziare il rullaggio:
    sotto l'azione sterzante del ruotino, l'aereo porta il muso verso il raccordo di uscita, ma nello stesso tempo continua a spostarsi di traverso lungo l'asse della pista, finanche a superarne l'estremità.
    L'idroplaning viscoso colpisce spesso anche lungo i raccordi di rullaggio e sui piazzali, resi viscidi dall’ umidità e dalle chiazze di carburante e/o lubrificante lasciate dal passaggio di numerosi aeromobili.
    Questa è una delle tante ragioni per cui il rullaggio va sempre condotto a velocità molto ridotta.


    combattere l'idroplaning

    Per combattere l'idroplaning, specialmente del tipo dinamico, la superficie delle piste viene spesso resa ruvida con delle scanalature trasversali, le quali hanno il doppio scopo di far scorrere l'acqua dalla pista e di ridurre la pressione del cuneo d'acqua sotto le ruote.
    Per parte loro, i piloti che si apprestano ad atterrare su piste bagnate devono innanzitutto essere consci del pericolo che potrebbero incontrare dopo il contatto.
    Dopodiché devono essere pronti a rendere minimi gli effetti dell'idroplaning, usando gli accorgimenti e le tecniche ritenute più idonee, di cui facciamo di seguito una breve analisi.
    Non atterrare con il vento in coda.
    La maggior velocità al suolo al momento del contatto, oltre a richiedere un maggior spazio di frenata, aumenta le probabilità di toccare molto al di sopra della Vp, e quindi di fare idroplaning dinamico.
    Non allungare la retta nel tentativo di rendere più dolce il contatto.
    Anche senza usare i freni, l'aereo decelera sempre più rapidamente a terra che non in volo; inoltre, un atterraggio moderatamente pesante aiuta le ruote a rompere il velo d'acqua e a portare i pneumatici a contatto con la superficie della pista.
    Appena possibile, frenare dolcemente per "tastare le acque".
    Se si avverte che i freni non provocano decelerazione e la pista e di lunghezza limitata per l'aereo che si impiega, riattaccare al più presto.
    Se invece la pista è di lunghezza esuberante, tenere i flap estesi e il muso sollevato per frenare aerodinamicamente, provando dolcemente i freni di tanto in tanto.
    Nel momento in cui si avverte che i freni diventano efficaci, abbassare il muso e retrarre i flap, cosi da caricare quanto più possibile le ruote principali;
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    Messaggio  michele Sab Mar 30, 2013 10:52 pm

    Le insidie dell'idroplaning Idropaningf2

    poiché l'azione frenante è direttamente proporzionale al peso sulle ruote, la diminuzione dell'angolo di incidenza e la retrazione dei flap riducono la portanza residua che l'ala sta ancora generando.
    La massima azione frenante è ottenuta un istante prima che i freni facciano bloccare le ruote. Per questa ragione gli aerei più pesanti sono dotati di un sistema antislittamento (anti-skid), il quale allenta automaticamente la pressione sui freni poco prima che le ruote si blocchino.
    I piloti degli aerei leggeri devono provvedere personalmente, diminuendo e aumentando la pressione sui freni ogni volta che avvertono che le ruote stanno per bloccarsi.
    Non si deve dimenticare che tenendo le ruote bloccate pigiando sui freni, su una pista bagnata, si può passare senza accorgersene dall'idroplaning dinamico a quello da gomma fusa e successivamente a quello viscoso e terminare velocemente la corsa di atterraggio oltre il limite della pista.


    Particolarmente drammatico può risultare l'atterraggio su una pista bagnata con forte vento al traverso.
    Se l'aereo va soggetto a idroplaning in queste condizioni, esso si trova privo di controllo direzionale e si comporta come una banderuola.
    Dopo alcuni istanti dal contatto, l'aereo si trova di traverso alla pista, spinto all'indietro verso il bordo sottovento (figura 2).
    In queste condizioni il pilota non può far altro che tentare di non farsi portare fuori pista dando motore per contrastare la spinta del vento e sperare che l'idroplaning cessi al più presto.
    Un decollo abortito si trasforma in una corsa di atterraggio, durante la quale l'idroplaning può complicare le cose seriamente.
    Questo fatto va tenuto in particolare conto dai piloti dei plurimotori, che devono interrompere, il decollo quando hanno un avaria prima della V1.

    Rizzardo Trebbi

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