Non c'è un momento preciso nè un giorno fissato, non ti sarà preannunciato da alcun segno esteriore, nulla nei comportamenti e nel paesaggio sarà diverso dall' abituale, il sole a filo della pista, la pista che finisce nel mare, niente comunque ti farà presagire che è giunto il momento, per te, di trovarti su un aeroplano senza passeggeri, senza piloti,
senz' altri che non sia tu stesso.
Puoi parlare ad alta voce, non v'è divieto, puoi cantare o sudare, non v'è chi se ne accorga, puoi girarti verso destra e guardare il posta vuoto dove abitualmente siede il tuo maestro, considerare quel vuoto come la più sconsolante rappresentazione del vuoto assoluto.
Puoi tirare indietro le manette, fermare l'elica, aprire il portello, sganciare le cinture e scendere sollevando le braccia.
Una decisione di grande saggezza, una decisione onorevole.
Ma con quale coraggio?
Il tuo comandante è davanti all'hangar, ti guarda non meno perplesso, non meno preoccupato di te; sull'aeroporto è già stato sospeso il traffico per questo tuo primo decollo da solo; per quanto sia presto al mattino e deserto l'ambiente, le pessime figure hanno sempre un vasto, insospettabile pubblico.
Sei lì, coi piedi disperatamente puntati sui freni affinchè l' aereo non decida al tuo posto e cominci a rullare da solo; a questo punto tornare indietro sarebbe assai più complicato che andare avanti, perciò puoi illuderti ancora una volta di non avere scelta dopo aver preparato il cammino affinchè così fosse, e adesso, nell'ultimissimo istante, teso e muto, vuoi solo vedere come andrà a finire, vuoi andare fino in fondo, al fondo della pista, verso quell'attimo di disequilibrio con cui tutto si solleva, s'impenna, staccando la tua ombra da terra.
Ancora qualche minuto fa ti sedeva accanto un comandante, imperturbabile e a braccia conserte, la tua riserva di irresponsabilità nell' errore , di svagatezza nel compierlo, ancora qualche minuto fa la giornata era normale e prevedibile.
senz' altri che non sia tu stesso.
Puoi parlare ad alta voce, non v'è divieto, puoi cantare o sudare, non v'è chi se ne accorga, puoi girarti verso destra e guardare il posta vuoto dove abitualmente siede il tuo maestro, considerare quel vuoto come la più sconsolante rappresentazione del vuoto assoluto.
Puoi tirare indietro le manette, fermare l'elica, aprire il portello, sganciare le cinture e scendere sollevando le braccia.
Una decisione di grande saggezza, una decisione onorevole.
Ma con quale coraggio?
Il tuo comandante è davanti all'hangar, ti guarda non meno perplesso, non meno preoccupato di te; sull'aeroporto è già stato sospeso il traffico per questo tuo primo decollo da solo; per quanto sia presto al mattino e deserto l'ambiente, le pessime figure hanno sempre un vasto, insospettabile pubblico.
Sei lì, coi piedi disperatamente puntati sui freni affinchè l' aereo non decida al tuo posto e cominci a rullare da solo; a questo punto tornare indietro sarebbe assai più complicato che andare avanti, perciò puoi illuderti ancora una volta di non avere scelta dopo aver preparato il cammino affinchè così fosse, e adesso, nell'ultimissimo istante, teso e muto, vuoi solo vedere come andrà a finire, vuoi andare fino in fondo, al fondo della pista, verso quell'attimo di disequilibrio con cui tutto si solleva, s'impenna, staccando la tua ombra da terra.
Ancora qualche minuto fa ti sedeva accanto un comandante, imperturbabile e a braccia conserte, la tua riserva di irresponsabilità nell' errore , di svagatezza nel compierlo, ancora qualche minuto fa la giornata era normale e prevedibile.