Scese la sera sul campo, erano andati via tutti, i meccanici, l’istruttore, gli uomini della torre, la signora del bar, restavo solo con le luci della pista, insetti azzurrini tra l' erba, insetti luminosi e muti in file regolari.
Guardavo le ombre dei tavoli proiettate dalla luna sulla terrazza, guardavo la notte, l' orizzonte sconfinato della notte, cielo e mare separati soltanto da sottili strisce di luce di coste lontane.
Io mi sentivo custode di questo spazio notturno, qualcuno mi aveva lasciato la chiave della torre, prima di andar via dovevo spegnere le luci della pista.
Non ero mai rimasto fino a così tardi, la notte d'agosto scivolava in un caldo umido verso il suo cuore più profondo.
Forse fu il caldo, o forse mi addormentai, ma il secondo successivo mi accorsi della loro presenza.
Erano seduti nel buio di fronte a me, come avevo fatto a vederli solo adesso?, erano in due, pensai che fosse un'immagine mentale, ma la voce, con un brivido, mi dette la certezza che erano proprio li.
Ci fosse stato un tempo cosi quella sera, disse l'uomo più giovane, ci fosse stata una luna così, un sereno così..., poi distolse lo sguardo dal cielo, abbassò il viso e mi fissò, e io distinsi con un nuovo brivido i suoi occhi nell' oscurità.
L' altro, più anziano, guardava di lato come se volesse rendersi conto del luogo, guardava di lato e con l'unghia di una mano tormentava un'unghia dell'altra, quasi che parlare fosse una fatica o un dolore insopportabile.
Adesso, disse il più giovane, adesso, dopo tanto tempo possiamo contare il tempo che fu così breve quella sera, un tempo di stupore assoluto, lo stupore con cui nell'istante finale tu dicesti «precipitiamo ... » senza nemmeno gridare, con la voce soffocata dalla pressione e dalla gravità che ci tirava giu, rassegnato a un evento incredibile, un evento così stupido, così antiquato, come uno stallo da ghiaccio.
Eri tu il comandante, io il tuo secondo, oltre all' età ci separava la tua abitudine ai jet e la mia abitudine all' elica ...
Guardavo le ombre dei tavoli proiettate dalla luna sulla terrazza, guardavo la notte, l' orizzonte sconfinato della notte, cielo e mare separati soltanto da sottili strisce di luce di coste lontane.
Io mi sentivo custode di questo spazio notturno, qualcuno mi aveva lasciato la chiave della torre, prima di andar via dovevo spegnere le luci della pista.
Non ero mai rimasto fino a così tardi, la notte d'agosto scivolava in un caldo umido verso il suo cuore più profondo.
Forse fu il caldo, o forse mi addormentai, ma il secondo successivo mi accorsi della loro presenza.
Erano seduti nel buio di fronte a me, come avevo fatto a vederli solo adesso?, erano in due, pensai che fosse un'immagine mentale, ma la voce, con un brivido, mi dette la certezza che erano proprio li.
Ci fosse stato un tempo cosi quella sera, disse l'uomo più giovane, ci fosse stata una luna così, un sereno così..., poi distolse lo sguardo dal cielo, abbassò il viso e mi fissò, e io distinsi con un nuovo brivido i suoi occhi nell' oscurità.
L' altro, più anziano, guardava di lato come se volesse rendersi conto del luogo, guardava di lato e con l'unghia di una mano tormentava un'unghia dell'altra, quasi che parlare fosse una fatica o un dolore insopportabile.
Adesso, disse il più giovane, adesso, dopo tanto tempo possiamo contare il tempo che fu così breve quella sera, un tempo di stupore assoluto, lo stupore con cui nell'istante finale tu dicesti «precipitiamo ... » senza nemmeno gridare, con la voce soffocata dalla pressione e dalla gravità che ci tirava giu, rassegnato a un evento incredibile, un evento così stupido, così antiquato, come uno stallo da ghiaccio.
Eri tu il comandante, io il tuo secondo, oltre all' età ci separava la tua abitudine ai jet e la mia abitudine all' elica ...