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    26 dicembre 1943

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    Messaggio  White_Group Gio Nov 13, 2008 11:32 pm

    piloti del 51° decollano da Catania, per raggiungere Leece;
    i Macchi ed i Reggiane volano in pattuglie di quattro, cinque unità, scalate nel tempo; una di queste pattuglie è formata da sottufficiali vecchi del reparto, gente con gli zebedei grossi così, che ha fatto tutta la campagna di Russia, poi ha volato nel cielo tremendo del Mediterraneo negli ultimi mesi precedenti l'armistizio.
    Sono i sergenti Munarin e Ferrini, il sergente maggiore Baldini ed il maresciallo Zedda.
    Ad un tratto, appena in vista della costa calabra, il velivolo di Munarin fa le bizze, ed il pilota è costretto ad abbandonare la formazione e a cercare un pezzo di terra decente ove tentare di atterrare.
    Munarin, con un po' di fortuna e tanta praticaccia, riesce a non accopparsi, eseguendo un atterraggio al limite, nei campi attorno al paese di San Crispino.
    Gli altri tre proseguono ma, mentre stanno ancora pensando a come se la sarà cavata il loro compagno, anche l'aeroplano di Zedda comincia a denunciare noie al motore.
    Dapprima qualche perdita di colpi, poi il numero dei giri diminuisce progressivamente: solite moine, ma che non risolvono nulla.
    Zedda aguzza la vista e vede in mezzo ai brulli crinali delle montagne calabre un prato che può fare al caso suo.
    Sembra un fazzoletto, ma il Macchi dovrebbe starci dentro;
    in ogni modo il motore ormai non tiene più, per cui non è il caso di star a scegliere: giù il muso ed in bocca al lupo!
    Continue correzioni di cloche per scavalcare gli ultimi ostacoli, dossi, massi, piante, poi ecco il pianoro: barra tutta avanti, tolto contatto al motore; barra di nuovo contro lo stomaco ed il pilota si irrigidisce contro lo schienale del seggiolino.
    Un fruscio, poi un rumore sordo sotto la pancia dell'aereo, sobbalzi continui, scricchiolii che denunciano che il caccia ha toccato terra.
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    Messaggio  White_Group Gio Nov 13, 2008 11:33 pm

    Improvvisamente, quando il Macchi striscia ancora veloce sull'erba e senza possibilità di controllo, Zedda vede dinnanzi al muso del velivolo che sobbalza irregolarmente una massa bianca, una massa che si muove, ondeggia, si fraziona e si riunisce:
    sono pecore!!!
    L'aeroplano centra in pieno il gregge e avviene una carneficina:
    lana, brandelli di carne, pecore intere volteggiano in aria; altre vengono stritolate sotto il ventre del velivolo.
    Finalmente il 202 si ferma, mentre le poche pecore superstiti, impazzite dal terrore, fuggono in tutte le direzioni.
    Il pilota apre il tettuccio, slaccia le cinghie, si lascia scivolare sull'ala, si guarda in giro desolato:
    una ventina di pecore giacciono sopra e sotto l'aeroplano, completamente sventrate.
    Sopra la sua testa passa ora basso uno dei suoi gregari; Zedda con cenni delle mani lo rassicura:
    è sana e salvo.
    Il velivolo tira in quota e si allontana.
    Ad un tratto, dal bosco al limite del pascolo escono due ragazzini, i pastorelli, che fuggono inorriditi dinnanzi allo spettacolo del loro gregge massacrato. Zedda non sa cosa fare, poi si incammina a piedi verso il piano; improvvisamente un uomo gli si para davanti;
    il nostro non capisce una parola del dialetto calabrese, ma capisce benissimo dall'eccitazione e dallo sguardo dell'individuo che quello vuol «farlo fuori» per l'eccidio delle pecore.
    Dopo un po' di sudori freddi ed in un alternarsi di paura e di speranza, Zedda riesce a calmarlo, a spiegargli che l'aeroplano non stava più in aria, che lui è un pilota italiano e che il governo risarcirà il danno involontariamente arrecato. Il pastore a poco a poco si calma e si offre di guidare il maresciallo verso il paese più vicino: ora si trovano sui monti ad una trentina di chilometri circa da Catanzaro.
    Sul prato, il Macchi rimane a testimoniare un'avventura a lieto fine.
    Zedda lo guarda per l'ultima volta e poi giù a piedi verso l'abitato, sperando che la guida rimanga calma e non ritorni ai propositi di vendetta.
    28 dicembre: tutto il 51° Stormo, sebbene con qualche aeroplano in meno, è giunto a destinazione sull'aeroporto di Galatina, compreso il suo comandante, anche se con una caviglia ingessata.
    Dopotutto è un buon Natale.

    Tratto da Ali Nella Tragedia

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