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    Ho Amato un Aeroplano

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    Messaggio  White_Group Sab Nov 15, 2008 12:16 am

    Sì, ho amato un aeroplano!
    Qualcuno dirà che è impossibile, che si tratta di una battuta, eppure è vero, è capitato a me come credo sia capitato a tanti altri piloti.
    Un uomo è un uomo e un aeroplano è un aeroplano, eppure venne un giorno nel quale uomo e aeroplano furono una cosa sola!
    E' una storia d'amore di tanti anni fa, nata nei cieli infuocati della guerra.
    In squadriglia, la vecchia gloriosa 93a dell'8° Gruppo Caccia, mi avevano assegnato il Macchi 200 con il n. 4, un apparecchio scontroso più di quanto già lo fosse per sua origine, tanto che alla prima manovra un po' violenta mi aveva risposto con una altrettanto violenta autorotazione.
    Per qualche tempo convivemmo con distacco, andavamo in azione, partenze su allarme, scorte alle navi, ricognizioni, ma io lo pilotavo sempre con una certa diffidenza finché un giorno, al rientro da una missione, avvenne il colpo di fulmine.
    Era uno di quei giorni magici, misteriosi, che sconvolgono tutto e di colpo aprono, dentro, nuove prodonde tracce e nulla si può spiegare: avvengono!
    Ero in alta quota, solo, in un infinito purissimo azzurro dove si rincorrevano manciate di grandi nuvole bianche, architetture fantastiche fra sciabolate di sole, alte montagne e grandi laghi azzurri, profonde vallate e cattedrali e torri e pareti vertiginose.
    Mi tuffai sotto un batuffolo candido e poi tirai su a circondarlo con un morbido looping e poi di seguito virate in piedi e capriole fra spume trasparenti.
    Allungando un braccio avrei potuto acchiappare una nuvola e mi sentivo grande, invulnerabile e nello stesso tempo infinitamente piccolo per una immensa Presenza che sentivo sopra di me. Tutto era musica e cantavo, leggero, senza peso ed io e il mio n. 4 ora eravamo una sola creatura che si librava in una danza inebriante a disegnare arabeschi nelle profondità dell'azzurro.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 15, 2008 12:16 am

    Le sue ali erano le mie ali e la guerra non c'era più, non c'era più la terra con i suoi orrori, ero oltre ogni limite, immerso in un mondo magico: a tratti il sole tracciava la mia ombra su vicine candide pareti ed il Macchi, ora veramente "mio", era una piuma che volteggiava morbida nel vento.
    A terra, spento il motore, rimasi immobile ad assaporare il lento defluire delle emozioni che avevo dentro, poi la voce preoccupata del motorista:
    «Tutto bene tenente?...»
    «Tutto bene!» risposi e battendo una mano sul cruscotto aggiunsi
    «Oggi, io e questo qui ci siamo innamorati».
    E fu amore per tanto tempo, con il mio n. 4 vissi tante altre drammatiche vicende in un guerra sempre più disperata: la grande paura nella nebbia, i violenti scrosci di pioggia senza il tettuccio a ripararci, il gelo dell'alta quota, la ragnatela infuocata delle raffiche nemiche, gli squarci nella fusoliera, la sabbia rossa della Tunisia che impregnava la mia pelle e il suo motore, eppure, arrancando, lui testardo, mi portò sempre a casa.
    Ed io gli parlavo nei momenti difficili e poi a terra lo ringraziavo con una carezza e sapevo che lui capiva…
    Ma con lo scorrere del tempo, venne anche il giorno del distacco, mi aspettavano altri apparecchi, i suoi più giovani fratelli, il 202 e il 205; era finito il lungo aspro cammino che avevamo percorso assieme.
    Volammo per l'ultima volta verso il campo dove lui avrebbe addestrato giovani pivelli e facemmo l'ultimo looping e l'ultimo atterraggio "al bacio".
    Tante e tante volte, assieme avevamo messo in gioco le nostre vite, fu un distacco triste e, allontanandomi, mi girai più volte a guardarlo, il mio vecchio n. 4, laggiù nella nuova linea di volo.
    Da allora è passata una vita, ma nei ricordi che sovente si affollano alla mente, il legame col mio Macchi 200 è sempre ben vivo.
    Penso che quando il Dio dei Cieli mi chiamerà, ritroverò lassù il vecchio scontroso n. 4 e torneremo assieme a volare, nei santuari del cielo, a disegnare musica a gloria di Colui che, con mano paterna, ci guidò negli anni dell'Apocalisse.

    Aeronautica Giugno 1998

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