Il tenente colonnello Ernesto Botto, decorato di medaglia d' oro al valor militare, meglio conosciuto in aviazione come «Gamba di ferro».
La sua vicenda, dalla quale nacque uno dei più significativi emblemi che l' aviazione abbia avuto, ebbe inizio in Spagna.
Alba del 12 ottobre 1937.
Dal campo di Saragozza partono per una crociera di vigilanza sull'Ebro la 31a e la 32a squadriglia del 6° gruppo, su diciotto apparecchi CR.32.
Il capitano Borgogno è in testa con cinque apparecchi; seguono il tenente Neri con una pattuglia di quattro, il capitano Botto con una di cinque e il tenente Molinari con una di quattro.
Fa un po' freddo.
L'Ebro è in piena, ma dall'alto l'impeto delle acque appare attenuato.
Sulla sponda destra la città, dominata dalle cupole della Virgen del Pilar, sembra ancora addormentata.
D'un tratto Borgogno batte le ali, tutti sussultano, aguzzano lo sguardo e avvistano in distanza otto bombardieri russi tipo Katiuska con una ventina di caccia Curtiss in scorta diretta e altrettanti Rata più alti.
Il primo impulso sarebbe quello di attaccare subito, ma la disciplina di volo impone di seguire compatti il comandante che manovra per portarsi in condizioni di vantaggio.
I piloti tolgono le sicure, si inumidiscono le labbra con la lingua e si assestano bene sui seggiolini.
Tra poco ci siamo.
All'improvviso, senza che si possa capirne la ragione, dalla pattuglia di Neri si stacca un apparecchio che si butta dritto sui bombardieri.
Addio!
Gli altri compagni gli si precipitano dietro quasi volessero agguantarlo e Borgogno, imprecando, è costretto a iniziare subito il combattimento contro i Curtiss e i Katiuska, sapendo di avere sulla testa venti Rata.
La sua squadriglia, la 31a, comincia la giostra in posizione sfavorevole: butta giù un Curtiss, nella foga due nostri si scontrano, un altro apparecchio avversario va giù, poi cadono ancora due nostri e poi ancora due rossi.