E’ il mattino del 26 ottobre 1942, sull'aeroporto di Bu-Amud, a Tobruk.
Soffia un «ghibli» caldo e accecante;
la sabbia sollevata violentemente dal vento ci investe, ci punge, penetra dappertutto, negli occhi, nella combinazione di volo, nelle tende, dentro i velivoli decentrati, in bocca.
Ecco, in bocca.
Siamo nel pieno della terza ritirata e mangiamo sabbia e rabbia;
rabbia per la nostra impotenza a fermare l'avversario, dal quale ci difendiamo come possiamo, come dal «ghibli» che soffia impietoso e inesorabile, fischiando ed ululando, facendo oscillare la tenda della 92a Squadriglia caccia, dove siamo riuniti,piloti e specialisti ,ad esaminare l'ordine di operazioni arrivato poco fa.
Esso prevede inizialmente una prima formazione di quattro Macchi C.200 da inviare in crociera di protezione fuori dal porto per un paio d'ore.
Il capitano Sansone, comandante di squadriglia, ha già fatto l'ordine di volo, piloti designati :
ten. Petrosellini, serg. magg. Pavan, serg. Moressi, serg. Pisano.
Aspettiamo soltanto che la visibilità migliori un po' per partire.
Il capo motorista serg. magg. De Zen e il suo vice serg. magg. Pistilli hanno scaldato i motori, con i filtri antisabbia ben chiusi.
Il capo armiere serg. Mottola ha rifornito le mitragliatrici di nastri.
Il cap. Sansone di tanto in tanto si affaccia per guardare fuori.
Dentro la tenda si soffoca.
Finalmente il comandante dice: «Potete partire».
Ci avviamo agli aerei, schiaffeggiati dal vento e dalla sabbia.
Il maresciallo Foti, capo montatore, mi aiuta ad indossare il paracadute e l’aviere Vendemmiati, marconista, mi assicura che le radio sono state provate su tutti i quattro velivoli.