Due erano un poco sfasati; gli altri quattro, in linea di fila venivano bassi contro terra come dei sassi.
Le otto armi alari lanciavano centinaia di proiettili da 13 millimetri che aravano la pista ed il prato.
Buttato a terra ai bordi del campo, assieme ad altri piloti, li vedemmo sfilare bassi, con i motori stellari da 2800 HP tirati al massimo.
Al primo passaggio aggiustano il tiro e centrano in pieno il 205 di Magnaghi, ferendolo in modo gravissimo: il poveretto si trovava in fase d'atterraggio e non si era accorto di nulla.
I sei caccia americani in fondo al campo tirano in cabrata, stringono una virata con l'ala che fa perno verso terra e di nuovo ci sono addosso;
altre raffiche altri aerei colpiti, confusione.
Noi della 2' Squadriglia riusciamo in qualche modo a decollare;
le nubi erano bassissime 200 250 metri da terra e ci infognammo nel mezzo.
Erano le 8,40 del 12 maggio 1944, le cose quel giorno erano incominciate decisamente male per noi.
Giro in mezzo alla foschia e poco dopo mi ritrovo sul campo: ora tutto è calmo, riatterro.
Anche gli altri, sbucano dalla densa nuvolaglia, stanno venendo a terra;
intanto comincia a piovere.
Sono da poco passate le nove e circa mezz'ora dopo il primo attacco arriva un altra formazione.
Devono essere ancora quelli di prima: se ne sono stati un po' in quota per lasciarci atterra e prenderci di nuovo in castagna.
Ricordo che saltammo nei nostri apparecchi decollando fra un attacco e l'altro.
Avevo lo stomaco chiuso, ero partito a digiuno; le cinghie strette male, a causa della fretta, mi davano tremendamente fastidio alle spalle.
Facciamo quota e quelli intanto si imboscano nella foschia.
Dopo aver vagato in mezzo alla foschia non riuscendo a vedere quasi nulla, dirigo verso il campo.
Dopo poco la radio ci chiama a terra, ma chi vedeva più la pista?
Il tempo era peggiorato ancora di più;
bene o male atterrammo e ci portammo ai decentramenti; ormai pioveva forte.
Mezzogiorno: altro attacco!
Le otto armi alari lanciavano centinaia di proiettili da 13 millimetri che aravano la pista ed il prato.
Buttato a terra ai bordi del campo, assieme ad altri piloti, li vedemmo sfilare bassi, con i motori stellari da 2800 HP tirati al massimo.
Al primo passaggio aggiustano il tiro e centrano in pieno il 205 di Magnaghi, ferendolo in modo gravissimo: il poveretto si trovava in fase d'atterraggio e non si era accorto di nulla.
I sei caccia americani in fondo al campo tirano in cabrata, stringono una virata con l'ala che fa perno verso terra e di nuovo ci sono addosso;
altre raffiche altri aerei colpiti, confusione.
Noi della 2' Squadriglia riusciamo in qualche modo a decollare;
le nubi erano bassissime 200 250 metri da terra e ci infognammo nel mezzo.
Erano le 8,40 del 12 maggio 1944, le cose quel giorno erano incominciate decisamente male per noi.
Giro in mezzo alla foschia e poco dopo mi ritrovo sul campo: ora tutto è calmo, riatterro.
Anche gli altri, sbucano dalla densa nuvolaglia, stanno venendo a terra;
intanto comincia a piovere.
Sono da poco passate le nove e circa mezz'ora dopo il primo attacco arriva un altra formazione.
Devono essere ancora quelli di prima: se ne sono stati un po' in quota per lasciarci atterra e prenderci di nuovo in castagna.
Ricordo che saltammo nei nostri apparecchi decollando fra un attacco e l'altro.
Avevo lo stomaco chiuso, ero partito a digiuno; le cinghie strette male, a causa della fretta, mi davano tremendamente fastidio alle spalle.
Facciamo quota e quelli intanto si imboscano nella foschia.
Dopo aver vagato in mezzo alla foschia non riuscendo a vedere quasi nulla, dirigo verso il campo.
Dopo poco la radio ci chiama a terra, ma chi vedeva più la pista?
Il tempo era peggiorato ancora di più;
bene o male atterrammo e ci portammo ai decentramenti; ormai pioveva forte.
Mezzogiorno: altro attacco!