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    Comandante Adriano Visconti

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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:24 pm

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    1944 – La difesa delle città Italiane
    Lo scontro del 3 gennaio segnò l'inizio di una lunga serie di partenze su allarme e di combattimenti contro i quadrimotori americani che transitavano sulla valle padana, diretti a bombardare le città italiane o, superate le Alpi, quelle tedesche.
    Il 4 gennaio 1944, il sottosegretario dell' Aeronautica, tenente colonnello Botto, diramò l'ordine di dipingere sui velivoli i nuovi distintivi nazionali: due fasci contrapposti iscritti in un quadrato , sulle ali, e la bandiera italiana contornata da frange gialle sulla fusoliera e sul timone di direzione.
    Il primo Macchi così contrassegnato fu quello del capitano Marinone, consegnato al gruppo nel corso di una cerimonia che rappresentò un momento importante nella storia del reparto.
    Il 12 gennaio il 1° gruppo ricevette l’ordine di spostarsi a Campoformio, nei pressi di Udine,alle dipendenze operative del JG77, trasferitosi a sua volta dal Piemonte al Veneto, sul campo di Lavariano/Risano.
    Il 24 gennaio avvenne il trasferimento verso la nuova base: la 1° e la 3° Squadriglia si schieraro nel settore sud, mentre la 2° si installò a nord; il comando di gruppo fu basato a Bozzolo del Friuli mentre la squadriglia di Visconti si acquartierò nei locali dell'Istituto Wassermanr in Via Toppo a Udine.
    Furono rapidamente presi accordi con il comando guida caccia tedesco, basato a Tricesimo, per definire le procedure operative.
    I lavori organizzativi e logistici non erano terminati quando il reparto ebbe nuovamente occasione di misurarsi col nemico.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:26 pm

    Il 28 gennaio dal centro operativo di Tricesimo giunse una chiamata d'allarme:
    "Una formazione di bombardieri Liberator, scortata da Lightning, proveniente da sud, dirige verso la Germania."
    Le regole operative prevedevano il decollo immediato di tutti i velivoli efficienti; il gruppo al completo era chiamato per la prima volta all'impegno collettivo; alla testa della formazione si pose lo stesso comandante, maggiore Luigi Borgogno.
    Un razzo verde sparato dalla pistola Very diede il segnale di partenza:
    decollò per prima la squadriglia di Visconti, seguita da quella di Calistri ed infine dalla 2° di Marinone.
    Le squadriglie si dovevano suddividere in pattuglie di quattro aerei, formate da due coppie leggermente scalate: la pattuglia assumeva la disposizione delle quattro dita della mano, detta Schwarm dai tedeschi e finger four dagli anglo-americani.
    Dopo il decollo gli aerei raggiunsero la quota standard di 8000 metri impiegando la massima potenza del motore:
    secondo le procedure concordate, il solo capo formazione rimase sintonizzato sulla frequenza del comando guida caccia, trasmettendo gli ordini sul canale 2, su cui l'ascolto era collettivo;
    per tutti gli altri il silenzio radio era obbligatorio, a meno di comunicazioni d'emergenza sul canale 4.
    Per la prima volta il gruppo sperimentava in combattimento le moderne e complesse attrezzature di radio-localizzazione che consentivano di conoscere con continuità e con notevole anticipo quota, direzione e consistenza delle forze nemiche.
    Quel 28 gennaio i Liberator sorvolarono il basso Friuli a quote variabili tra i 5 e i 7000 metri.
    Due squadriglie del gruppo si portarono sui 9000 metri mentre, su ordine di Borgogno, la squadriglia di Marinone fu inviata verso il basso per attrarre l'attenzione della scorta.
    Marinane si tuffò in picchiata coi suoi, proseguendo nell'affondata quando i caccia di scorta si gettarono all'inseguimento.
    Nel frattempo le squadriglie di Visconti e Calistri si avventarono sui bombardieri, seguendo una rotta curvilinea per rendere difficoltoso il puntamento delle torrette difensive dei B-24.


    Ultima modifica di Green_Group il Gio Gen 01, 2009 12:44 pm - modificato 1 volta.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:28 pm

    Visconti, insieme al suo gregario, sergente Marconcini, attaccò frontalmente un bombardiere collimandolo alla radice dell' ala, dove si trovava un serbatoio non corazzato.
    Le sue traccianti raggiunsero il bersaglio, provocando scoppi e principi d'incendio, mentre altre traccianti, in direzione opposta, partivano dalle torrette del Liberator, dando l'impressione d'infilarsi nel suo parabrezza blindato.
    Quando il B-24 divenne troppo grande nello schermo del collimatore S.Giorgio, richiamò violentemente il suo Macchi evitando di poco la collisione.
    La violenta accelerazione lo schiacciò contro il seggiolino oscurandogli per qualche istante la visione; quando questa torno più chiara, guardo in basso alle sue spalle e vide Marconcini che lo seguiva a tutto motore, cercando di non perdere il contatto.
    A quota più bassa due Liberator si erano staccati dalla formazione,lasciando una lunga scia di fumo nero.
    L' abbattimento di un B-24 fu accreditato al sergente Marconcini, il secondo fu attribuito in collaborazione ai tenenti Vittorio Satta, Bruno Cartosio e Renato Talarnini.
    Satta fu costretto a lnanciarsi dal suo Macchi, contrassegnato dal numero individuale 6, colpito dalle mitragliatrici dei bombardieri e si ferì alla spalla prendendo terra.
    Due giorni dopo, il 30 gennaio, Visconti era seduto sulla sedia a sdraio di fronte alla palazzina comando quando squillò il telefono ed il sergente De Nardi gli porse il ricevitore dalla finestra aperta;
    mentre ascoltava la comunicazione, Visconti fece cenno a tutti di correre agli aeroplani.
    Il comando guida caccia, su segnalazione della postazione di avvistamento "Wasserrman” di Francavilla a mare, comunicava che due grosse formazioni di Liberator stavano sorvolando il golfo di Venezia dirette a nord.
    I bombardieri americani della 15° Air Force che risalivano l' Adriatico provenendo dalle basi pugliesi seguivano di solito una rotta equidistante dalla costa italiana e quella iugoslava.
    Poi, all’altezza delle foci del Po, deviavano verso est per ridurre le probabilità di essere intercettati; evitando il combattimento, i caccia di scorta riuscivano a conservare i serbatoi supplementari, indispensabili per completare la missione sulla Germania.
    In questa occasione, i Macchi decollati da Campoformido incrociarono i caccia di scorta all' altezza di Grado: si trattava di una formazione di Republicc P-47 Thunderbolt del 325° Fighter Group, dai caratteristici scacchi gialli e neri dipinti sui timoni.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:29 pm

    I Thunderbolt erano armati di otto mitragliatrici alari da mezzo pollice, che garantivano un’elevata cadenza di tiro ed una rosa piuttosto ampia.
    Questo tipo di armamento non era però molto efficacece contro i bombardieri corazzati: i Macchi e i Messerschmitt, che dovevano combattere sia contro i caccia che contro i bombardieri, avevano perciò aggiunto alle mitragliatrici i cannoncini da 20mm.
    I Macchi piombarono sui Thunderbolt di sorpresa, mentre questi mantenevano assetto e velocità di crociera: il maresciallo Magnaghi con un paio di attacchi decisi riuscì ad abbatterne due che precipitarono tra Grado e Palmanova.
    Il tenente "Peppo" Re abbattè un terzo P-47 ma fu a sua volta colpito e abbandonò l' aereo affidandosi al paracadute; il sergente maggiore “Gigi” Gorini, asso della nostra aviazione con quindici velivoli accreditati fino a quel momento, colse la sua sedicesima vittoria incendiando un Thunderbolt con una raffica bene assestata.
    Il sottotenente Natalino Stabile, dopo avere mitragliato a lungo senza visibili risultati un quadrimotore insieme con il sergente maggiore Aldo Burei, ne attaccò un altro riuscendo a farlo precipitare nella laguna di Grado.
    Mentre infuriava il combattimento, frazionato in tanti scontri parziali, l'ufficiale di collegamento al comando guida caccia di Tricesimo, Hauptman Wieler, richiamò con urgenza via radio i caccia italiani in difesa della loro base, perchè una formazione di B-24 si stava dirigendo su Campoformido.
    I Macchi virarono immediatamente verso nord ma i quadrimotori riuscirono a precederli, sganciando sulla base sia bombe di grosso calibro sia ordigni a frammentazione.
    Il pesante bombardamento provocò gravi danni agli impianti dell'aeroporto e la distruzione di numerose abitazioni alla periferia di Udine, causando perdite tra la popolazione civile.
    Quando i Macchi sopraggiunsero si accese un aspro combattimento con i Thunderbolt, che abbatterono il capitano Marco Marinone ed il sottotenente Luciano Cipiciani.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:30 pm

    Il tenente Luigi Torchio strinse troppo una virata a bassa quota, mise in stallo l'aereo e s'infranse contro una casa ai margini dell'aeroporto.
    Nel suo rapporto di combattimento, il 325° Fighter Group americano dichiarò l'abbattimento di sette Macchi, più due probabili, tra le 11.50 e le 12.30, contro la perdita di soli due P-47 ed i danneggiamento di altri due.
    Al Captain Herschel "Herky" Green furono attribuiti quel giorno sei abbattimenti, un Macchi (identificato come C.202), un Domier Do 217 e ben quattro trimotori da trasporto tedeschi Ju 52, che si erano levati in volo insieme con altri aerei nel tentativo di sottrarsi al bombardamento dell' aeroporto.
    La giornata del 30 gennaio segnò una data importante per il gruppo:
    da una parte questo aveva implicitamente dimostrato la sua efficacia, richiamando una pesante incursione nemica con la finalità di ridurne l'aggressività, ma dall'altra aveva dovuto registrare perdite particolarmente dolorose.
    La mattina del 31 gennaio Visconti chiamò Gorrini e gli comunicò che c' era un ricognitore nemico, probabilmente un P-38 dello Squadron basato a Bari Palese, che si stava dirigendo su Campoformido per documentare gli effetti dell'attacco del giorno precedente.
    Sorridendo maliziosamente sotto i baffi, il comandante raccomandò a Gorrini:
    "Cerca di far fare una bella fotografia!".
    Gorrini corse all'aereo, decollò e fece quota più rapidamente possibile.
    Individuato il ricognitore grazie alla scia di condensazione, gli si diresse incontro a tutto motore.
    Quando il P-38 si avvide dell'attaccante, prima di giungere sopra Campoformido inverti la rotta, ma ormai Gorrini gli era in coda e lasciò partire una raffica che ando a segno.
    Il tettuccio de Lightning volo via e l' aereo cadde nella laguna di Comacchio.
    Non appena a terra, Gorrini cercò Visconti per annunciargli soddisfatto che questa volta la foto gliel'aveva fatta lui!
    Nelle settimane seguenti nuove incursioni di bombardieri americani tennero sotto pressione tutto il personale della base:
    gli avieri riempivano in fretta le buche lasciate dalle bombe per ripristinare più rapidamente possibile l' agibilità delle piste.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:51 pm

    I danni furono consistenti:
    nel corso del mese di febbraio cinque bombardamenti causarono la distruzione di otto Macchi ed il danneggiamento di trentasei:
    complessivamente furono sganciate 600 tonnellate di bombe ed oltre trentamila spezzoni a frarnmentazione del tipo "a spillo".
    Il 14, 16, 20 e 22 febbraio (due volte) Visconti eseguì partenze su allarme senza entrare i contatto col nemico.
    II 23 febbraio un doloroso incidente mise fuori combattimento per un lungo periodo il comandante di gruppo, maggiore Borgogno.
    Durante un volo d'addestramento il suo aereo fu colpito per errore da un Messerschmitt tedesco, costringendo il pilota a lanciarsi col paracadute.
    Fuori dall'abitacolo, urto con la spalla contro il timone di direzione, ferendosi malamente.
    L'atterraggio fù brusco e causò altri danni fisici.
    Portato a Campoformido, Borgogno fu curato dall'ufficiale medico, capitano Giuseppe Bendandi, e quindi trasportato a Bologna all'istituto Rizzoli, dove rimane ricoverato per un lungo periodo.
    Visconti assunse il comando interinale del gruppo, mentre quello della 1a Squadriglia fu affidato, sempre interinalmente, al tenente Robetto.
    Per ripristinare le condizioni di efficienza operativa, i piloti del gruppo ritirarono a Lonate Pozzolo numerosi Macchi C.205V di nuova produzione.
    In quei giorni venne clamorosamente alla luce il contrasto che divideva, presso gli alti comandi, gli ufficiali di sicura fede fascista dai personaggi, come Botto, che volevano tenere le questioni politiche fuori dalle forze armate.
    A seguito di un'accesa polemica con Farinacci, il 7 marzo 1944 il tenente colonnello Ernesto Botto, sottosegretario di Stato per l' Aeronautica, fù sollevato dal suo incarico e sostituito dal generale Arrigo Tessari, maggiormente incline ad accettare il predominio politico sulle questioni militari.
    Botto fu congedato con un freddo messaggio in cui gli si riconosceva un importante contributo alla nascita della Aeronautica Repubblicana.
    Un po' poco per un personaggio del suo prestigio, che aveva saputo ridare entusiasmo e fiducia a centinaia di aviatori e delusi.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:53 pm

    La sua sostituzione aprì nella compattezza dei reparti una crepa destinata ad allargarsi nei mesi seguenti.
    Nonostante gli animi scossi, i piloti del 1° Gruppo non si sottrassero certo agli impegni morali che avevano assunto aderendo al banda Botto:
    dopo una partenza su allarme il giorno 8, senza intercettare il nemico, già il giorno 11 ripresero i combattimenti in difesa del nostro territorio.
    Agli ordini dei rispettivi comandanti, trentasei velivoli decollarono su allarme:
    alla guida della 2° squadriglia il tenente Amedeo Guidi aveva preso il posto del capitano Marinone, caduto nel combattimento del 30 gennaio, ed il tenente Mario Ligugnana aveva sostituito al comando della 3a il capitano Piero Calistri, passato al comando guida caccia.
    Era stata segnalata una formazione di B-24, diretta verso nord, scortata in quota da P-38 e, a quota più bassa, da P-47.
    Sulle foci del Po i caccia italiani avvistarono i quadrimotori americani e Visconti elaborò rapidamente una tattica d'attacco.
    Ligugnana avrebbe tenuto a bada i Lightning, mentre Guidi attaccava i bombardieri;
    Visconti avrebbe impegnato dal basso i Thunderbolt, con l'intento di scompaginarli, distraendoli dai compiti di scorta.
    La 1a Squadriglia seguì Visconti in un violento scontro con i potenti caccia americani, sei dei quali caddero sotto i colpi dei nostri piloti, a fronte di due caduti, i tenel Giovan Battista Boscutti e Guerrino Bortolani.
    I Thunderbolt abbattuti, appartenenti al solito 32 Fighter Group, furono attribuiti al capitano Visconti (giunto alla nona vittoria individuale), tenenti Antonio Weiss e Giovanni Sajeva, al maresciallo Luigi Morosi ed ai sergenti maggiori Domenico Laiolo e Alcide Zavatti.
    Nel frattempo anche le altre squadriglie facevano la loro parte: il tenente Remo Lugari, maresciallo Gino Giannelli ed il sergente maggiore Giuseppe Chiussi abbatterono un Liberator ciascuno, il tenente Bruno Cartosio un P-38, il tenente Amedeo Guidi ed il sergente maggiore Alverino Capatti un P-47 a testa.
    I sottotenenti Bruno Castellani e Andrea Stella furono abbattti: il secondo riuscì a salvarsi con un atterraggio d' emergenza nei pressi di Adria.
    Il "Checkertail clan" (il clan della coda a scacchi), come era stato soprannominato il 325° Fighter Group, dichiarò quel giorno tre perdite (contro gli otto P-47 attribuiti ai cacciatori italiani) e dieci abbattimenti (nove Bf 109 ed un MC.202), contro la perdita effettiva di quattro MC.205V.
    Si verificò in questa occasione, come in numerose altre, una notevole sopravvalutazione dei risultati del combattimento, da entrambe le parti.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 12:54 pm

    Il 18 marzo la postazione "Wassermann" avvistò sul cielo di Pola la solita formazione di bombardieri scortati da caccia, diretta verso il Friuli, e la segnalò al JG77 ed al 1° Gruppo.
    I Bf 109G-6 del Geschwaderkommodore Steinhoff ed i Macchi 205V del comandante Visco decollarono rispettivamente da Lavariano e da Campoformido per intercettarla.
    Il combattimento si sviluppò su Casarsa: tre P-47 della scorta caddero sotto i colpi del sottotenente Stella, del maresciallo Benati e del sergente maggiore Marconcini.
    Due di queste perdite, i Thunderbolt pilotati dai Lieutenants Davis e Hackett, furono ammesse dagli americani.
    Lo scontro proseguì con l' attacco in cabrata ai bombardieri: tre Liberator precipitarono, abbattuti dal tenente Robetto (il B-24 cadde a nord ovest di Lubiana) e dai sergenti maggiori Rodoz e Svanini.
    Un quarto fu attribuito al maresciallo Morosi in collaborazione con un pilota tedesco, che poi si scoprì essere lo stesso Steinhoff.
    Molti membri degli equipaggi dei B-24 riuscirono a salvarsi lanciandosi fuori dagli aerei in fiamme:
    Rodoz ne vide addirittura due che scendevano insieme, uno regolarmente appeso al paracadute e l' altro strettamente avvinghiato al primo. Si seppe poi che entrambi si erano salvati.
    Visconti partecipò al combattimento sparando 300 colpi e mitragliando quattro velivoli, senza poter accertare i risultati della sua azione.
    L' esito dello scontro, nel quale aveva perso la vita il sergente maggiore Zaccaria, mentre il tenente Cavatore ed il sergente maggiore Gorrini erano usciti incolumi da atterraggi di emergenza, era stato favorevole ai nostri.
    Per la prima volta i cacciatori americani del 325° Fighter Group identificarono correttamente i loro avversari come MC.205.
    Le incursioni distruttive dei bombardieri americani sulle basi di Campoformido, Lavariano Villaorba e Maniago si intensificarono, con lo scopo di neutralizzare i reparti da caccia italo-tedeschi.
    A Campoformido, per evitare le buche, vennero realizzate strisce provvisorie di decollo, contrassegnate da picchetti, e venne attuato un accurato piano di decentramento dei velivoli, disposti in ricoveri paraschegge per salvarli dai colpi indiretti.
    Il 22 e il 23 marzo Visconti partì su allarme per intercettare formazioni di bombardieri segnalate sull'Italia centrale e sull'Istria, ma non riuscì ad entrare in contatto balistico per le avverse condizioni meteorologiche.
    Il 24 marzo il contatto a fuoco ci fù, nella zona di Trieste - Monfalcone:
    Visconti mitragliò efficacemente tre quadrimotori, il sergente maggiore Rodoz riuscì ad intercettare ed abbatte uno, mentre Robetto, Cavatore e Sajeva ne abbatterono in collaborazione un altro.


    Adriano Visconti - Asso di guerra
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:09 pm

    Comandante Adriano Visconti Viscontif2ud6

    Trasferimento A Reggio Emilia
    Il 26 Marzo il cattivo tempo impedì nuovamente a Visconti di avvistare la formazione nemica transitante su Fiume;
    al termine della missione atterrò a Osoppo, rientrando in sede l'indomani.
    Il 28 Marzo 1944, ventunesimo anniversario della fondazione della Regia Aeronautica, i cacciatori del 1° gruppo, decollati alle 11.35 alla guida di Visconti, intercettarono le formazioni di B17 e B-24 della 15a Air Force, scortate dai P-47 del 325° Fighter Group e dai P-38 del 1° e dell’82 Fighter Groups, all'altezza delle valli di Comacchio.
    I bombardieri si separarono in due distinte formazioni, una diretta a nord ed una a nord ovest:
    di conseguenza anche i Macchi si divisero in due gruppi d' attacco.
    I sergenti Maggiori Veronesi e Marconcini riuscirono ad abbattere due Liberator, mentre un furioso combattimento aveva luogo tra i nostri caccia e i Lightning di scorta.
    Al termine cinque P-38 furono dichiarati abbattuti dai tenenti Renato Talamini, Gianni Levrini, Giuseppe Rosati, Remo Lunari e dal sottotenente Giovanni Sajeva.
    In effetti, solo tre P-38, due del 1° Fighter Group ed uno dell’82° pilotati rispettivamente dai Lieutenants James Rodolff, Kenneth Hartwig e David Weber, non fecero ritomo alla loro base di Foggia.
    Due Macchi furono abbattuti abbattuti dai Lieutenants Arthur Larkin e Thomas Maloney: quelli del tenente Nino Pittini e del sergente maggiore Alverino Capatti.
    Pittini, del corso Urano, mentre stava scaricando su Lightning tutti i suoi colpi, venne colpito da Larkin; ferito ad una gamba, abbandonò a fatica l' aereo ormai ingovernabile.
    Toccò terra in un campo arato e per prima cosa bloccò l’emorragia col cavetto della radio ed una, fettuccia del paracadute.
    Soccorso e trasportato all’ospedale di Codigoro subì l’amputazione del piede destro;
    come Botto non si arrese e nel dopo guerra riprese a volare.
    Per "Nino" Capatti invece non ci fu salvezza:
    il suo Macchi cadde nei pressi di Argenta, non molto lontano da Dogato, suo paese natale, sotto gli occhi di molti civili che seguivano il combattimento, tra cui quelli del padre.
    Visconti sparò nel corso dello scontro 120 colpi da 20 mm e 250 da 12,7 mm, mitragliando efficacemente un quadrimotore ed atterrando ad Aviano al termine dell'azione.
    Il giorno successivo Visconti tornò in volo con i suoi per contrastare la quotidiana incursione di quadrimotori americani:
    questa volta il combattimento si svolse nella zona di Asiago e Bassano del Grappa:
    il sergente Vezzani colse la sua prima vittoria abbattendo un P-38 mentre a Ligugnana, Marchi, Sbrighi e Leone furono attribuiti quattro B-24.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:11 pm

    Gli aerei del sottotenente Sergio Sbrighi e del sergente maggiore Domenico Balduzzo (ferito) non fecero ritorno.
    Il 2 aprile, le missioni di intercettazione dei bombardieri diretti in Germania furono due, con combattimenti che si svilupparono la prima volta sopra Klagenfurt e nel pomeriggio su Lubiana.
    Il mattino Visconti sparò 70 colpi con i Mauser e 70 con le Safat, senza conseguire visibili risultati.
    Il pomeriggio Visconti sparò 80 colpi da 20 mm e 150 da 12,7, il tenente Robetto abbatte un B-17 ed il maresciallo Amedeo Benati un secondo, precipitato nella zona di Litya.
    I Macchi del tenente Emilio Marchi e del sergente maggiore Aldo Burei precipitarono dopo essere entrati in collisione.
    L'ufficiale perse la vita mentre Burei riuscì a salvarsi col paracadute.
    Anche il maresciallo Vittorio Pirchio, ferito all'addome, fu costretto ad affidarsi al paracadute:
    ricoverato in un ospedale tedesco, subì l' asportazione della milza.
    Appena fu in grado di spostarsi, venne recuperato dal tenente Erminio che, su incarico di Visconti, lo riporto in Italia a bordo di un piccolo biposto da collegamento Saiman 202.
    Il 6 aprile, l'intercettazione avvenne a nord di Zara;
    il tenente Bruno Cartosio ed il sergente maggiore Gorrini abbatterono due Thunderbolt, contro la perdita del tenente Lugari e del maresciallo Morosi.
    Gorrini conseguì in quest'occasione la sua diciottesima vittoria individuale, ma fu a sua volta abbattuto da un P-47, riuscendo a salvarsi col paracadute.
    Gli avversari del 1° Gruppo furono ancora una volta i piloti americani del "Checkertail clan" che dichiararono al termine del combattimento l' abbattimento di quattro Macchi, due da parte del Lieutenant Oxner ad uno ciascuno ad opera dei Lieutenants Dorety e Novotny.
    Il 7 aprile, venerdì santo, Treviso subì un disastroso bombardamento che i caccia italiani del 1° Gruppo e quelli tedeschi del JG77 non riuscirono purtroppo ad impedire:
    decollati da Campoformido e Lavariano, i Macchi ed i Messerschmitt intercettarono i bombardieri quando questi erano gia sulla rotta di rientro, dopo aver lasciato tra le macerie della città veneta circa 1600 morti.
    Visconti si portò con i suoi "in cima alla palma", come usava dire prendendo spunto da un proverbio arabo, intendendo dire alla quota più alta possibile, dove si correvano meno rischi.
    A 9500 metri, sopra lo strato di nuvole che copriva il Veneto, i nostri caccia erano nascosti alla vista dei bombardieri, che volavano a circa 4500 metri, ed anche a quella dei Lightning di scorta che si trovavano ad una quota intermedia.
    Il piano prevedeva delle rapide puntate sulle pattuglie di B-24, rientrando poi in cabrata nello strato nuvoloso per occultarsi.
    I Veltro si infilarono in picchiata negli squarci tra le nubi, collimando i quadrimotori più esterni della "combat box", la strutturata formazione con la quale i bombardieri riuscivano a prestarsi un'efficace difesa reciproca.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:13 pm

    Inquadrato dalle traccianti del tenente Mario Cavatore, un B-24 cadde in fiamme.
    Con i motori al massimo, i Macchi rifecero quota, inseguiti dai caccia di scorta che non avevano fatto in tempo ad intervenire.
    L'attacco venne ripetuto sei volte, con l'abbattimento di altri due quadrimotori, ad opera dei tenenti Weiss e Fioroni.
    Giunti al limite dell'autonomia, i caccia italiani rientrarono alla base accolti dall'inatteso fuoco delle batterie contraeree, che non erano state allertate.
    L'aereo di Fioroni fu colpito, costringendolo ad un atterraggio d'emergenza sul greto del Piave.
    Nello stralcio voli di Visconti venne riportato: " ... Mitragliati efficacemente quattro Liberator.
    Colpi sparati: 220 da 20 mm, 340 da 12,7 mm ... ".
    Nel corso dello stesso combattimento ai caccia tedeschi furono attribuiti quattordici abbattimenti.
    Le condizioni meteorologiche si mantennero cattive per quasi tutto il mese di aprile, rendendo più difficili le intercettazioni:
    le partenze su allarme dei giorni 12, 17 e 18 si conclusero con un nulla di fatto.
    Il giorno 20 il contatto balistico fu raggiunto ma non furono conseguiti risultati apprezzabili.
    Nuova partenza su allarme il giorno 23 aprile, per la segnalata presenza di una formazione nemica sulla Croazia, diretta a nord, che non fu raggiunta.
    Il 24 aprile il gruppo si trasferi a Reggio Emilia, nuova base operativa, più prossima alle zone "calde" dell'Italia del nord.
    Già il giorno successivo, il 1° Gruppo ebbe occasione di misurarsi col nemico.
    Il 25 aprile una formazione di Liberator, scortata da P-38 dell' 82° Fighter Group, si dirigeva a bombardare la fabbrica Aermacchi di Varese.
    Prima di raggiungere l'obiettivo gli aerei americani furono affrontati dai Macchi di Visconti che si buttarono in picchiata sui bombardieri.
    I Lightning si precipitarono in difesa dei quadrimotori e si accese un combattimento che si concluse in modo decisamente favorevole ai nostri colori.
    Visconti abbatte un caccia (sua nona vittoria individuale) ed il sottotenente Carlo Cucchi un secondo.
    Nella loro relazione operativa gli americani dichiararono che "i piloti dei Macchi si dimostrarono abili ed aggressivi, stringendo maggiormente le virate, ad ogni quota e senza difficoltà, rispetto ai Lightning".
    I Lieutenants Myron Malaise e Stuart Munson non fecero ritorno alla loro base di Foggia:
    il primo ebbe il suo P-38 mortalmente colpito alla giunzione dell'ala con l'abitacolo mentre il secondo riuscì a lanciarsi con il paracadute ma non fù più ritrovato.
    I piloti italiani rientrarono invece tutti indenni a Reggio.
    Il Captain Dave Weld, senior intelligence officer del'82° Fighter Group, riportò nel diario del reparto che i piloti dei MC.205 " volavano in splendide formazioni composte da elementi di due velivoli, condotti da piloti estremamente abili".
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:14 pm

    Un elogio raro da parte degli anglo-americani, che non furono mai particolarmente prodighi di riconoscimenti per i piloti italiani nel corso della seconda guerra mondiale.
    Quando incontravano, nel teatro di operazioni mediterraneo, piloti particolarmente capaci e aggressivi tendevano ad identificarli come tedeschi, anche per accrescere i propri meriti in caso di vittoria in combattimento.
    Nel caso del 25 aprile invece identificarono correttamente i loro avversari, riconoscendone, oltre che il tipo di velivolo, anche la determinazione e l' abilità.
    Abbastanza stranamente, viceversa, gli aerei abbattuti furono riportati nel diario del 1° Gruppo come Thunderbolt, mentre nessun P-47 andò perso nell'area in quella giornata.
    Potendosi facilmente escludere un' errata identificazione da parte dei piloti, stante la marcata differenza tra i filanti bimotori bicoda della Lockheed ed i tozzi monomotori della Republic, l'errore e probabilmente dovuto ad una svista di trascrizione da parte del diarista.
    Il 27 aprile l'incursione sull'Emilia delle formazioni nemiche provoco una partenza su allarme, senza che si giungesse all'intercettazione.
    Il 29 aprile la missione si concluse con un episodio tragico.
    I bombardieri nemici sganciarono il loro carico su Bologna e nella zona a sud del Reno, prima che i venticinque MC.205V decollati da Reggio potessero raggiungerli.
    Per intercettarli sulla via del ritorno i caccia di Visconti si portarono sui 9500 metri, con l'intenzione di attaccare come al solito la formazione dall'alto.
    Sul cielo tra Rimini e San Marino il reparto avvistò gli avversari e si preparò ad attaccarli, mentre una pattuglia di Bf 109 del JG77 che incrociava nella stessa zona virò per condurre, almeno così parve, l'azione insieme con i caccia italiani. La 2a Squadriglia si trovava in posizione più arretrata; nell'ultima sezione di tre velivoli il sergente maggiore Spartaco Petrignani si accorse della manovra ed avvisò a gesti il proprio comandante, tenente Amedeo Guidi, che fece cenno di aver compreso.
    Petrignani inclinò l'aereo per guardarsi le spalle e la manovra gli salvò la vita: in quel momento i tedeschi aprirono il fuoco e abbatterono in fiamme gli aerei del sottotenente Luigi Bandini e del maresciallo Pietro Salvatico.
    Visconti ordinò di rientrare immediatamente e appena a terra chiese infuriato spiegazioni al comando germanico.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:15 pm

    I tedeschi si scusarono, asserendo che l' errata identificazione (i piloti avevano scambiato i nostri Macchi per i temutissimi Mustang, che cominciavano a fare la loro apparizione sul nostro fronte) era dovuta alla scarsa dimestichezza degli abbattitori, appena giunti dal fronte russo, con i nostri velivoli.
    Il 30 aprile gli Alleati, che avevano identificato il nuovo campo di schieramento del 1° Gruppo, inviarono trenta bimotori, adeguatamente scortati, a bombardare l' aeroporto di Reggio Emilia.
    Visconti decollò su allarme e riuscì ad intercettarli, scontrandosi coi i P-38 della scorta: uno dei Lightning cadde sotto i suoi colpi a sud est di Bologna.
    Era la sua quarta vittoria individuale coi colori dell' ANR, che ne faceva fino a quel momento il pilota più vittorioso.
    Il giorno successivo gli americani ripeterono l'incursione, colpendo molti velivoli parcheggiati al suolo: cinque Macchi vennero distrutti.
    Nel frattempo erano giunti al reparto molti piloti di nuova assegnazione, destinati a riempire i vuoti che si erano aperti nei ranghi del gruppo a seguito delle numerose perdite.
    Visconti dedicò un gruppo di piloti sperimentati all'addestramento tattico dei nuovi inseriti.
    Tra i piloti prescelti c'erano il tenente Alessandro Beretta, il sottotenente Andrea Stella, il maresciallo Amedeo Benati, il sergente maggiore Francesco Cuscuna ed il sergente Angelo Vezzani.
    Il tenente Beretta, prima dell'armistizio, aveva fatto parte dell'8° Gruppo Caccia e si trovava tra i piloti che avevano assistito, il 9 settembre 1943, all'arrivo a Guidonia dei tre MC.205V della 310a Squadriglia con undici persone a bordo.
    Beretta aveva seguito le sorti della sua unità e dopo essere stato internato a Korba, era rientrato in Italia per continuare la guerra nell' Aeronautica cobelligerante.
    Ma gli Alleati avevano deciso che i Macchi C.200 non erano più in grado di combattere ed il reparto si trovò appiedato a Capoterra, vicino Cagliari, in attesa di nuovi velivoli.
    Beretta, che aveva lasciato la giovane moglie al di la del fronte, non era tipo da stare con le mani in mano: si arruolò nell' Intelligence Service per farsi paracadutare in Veneto quale informatore.
    Si lanciò nottetempo insieme ad un operatore radio ma entrambi furono rapidamente catturati.
    Beretta che aveva importanti appoggi tra i gerarchi veneti, fu liberato e si, arruolo nel 1° Gruppo Caccia dell' ANR.
    Nessuno dei suoi colleghi, tanto meno Visconti, si accorse mai del suo doppio cambiamento di fronte.
    In maggio Visconti fu promosso maggiore "per merito di guerra", con decorrenza 23 marzo 1944, ad assunse il comando effettivo del gruppo.
    La sua promozione, come per tutti gli aderenti alla Repubblica Sociale, non venne riconosciuta al termine della guerra ed ancor oggi il grado più elevato con cui Visconti e ufficialmente menzionato nelle carte del ministero e quello di capitano.

    Adriano Visconti – Asso di Guerra
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:16 pm

    Comandante del 1° gruppo

    Il 2 maggio 1944, alle 11.00, trentanove Macchi C.205 del 1° Gruppo decollarono su allarme per intercettare la solita formazione di bombardieri in arrivo.
    Tutti i piloti erano in stato di allerta perchè nella mattinata era stato segnalato un ricognitore che si avvicinava ad alta quota nella direzione del campo.
    Visconti aveva inviato Fioroni (promosso capitano), il sottotenente Cucchi e il sergente maggiore Leone per intercettarlo.
    Il velivolo, che fu identificato come un P-51 Mustang, si avvide dei caccia che facevano quota nella sua direzione e si buttò in picchiata per sorprenderli nella delicata fase di cabrata.
    Ci fu un rapido scambio di colpi muso contro muso, senza esito.
    L'apparizione mattutina del poderoso caccia della North American mise tutti in allarme.
    Pertanto quando il comando guida caccia segnalo l' arrivo di una imponente formazione di B-17 nessuno fu colto di sorpresa.
    In effetti i bombardieri erano in quell'occasione scortati, oltre che dai soliti P-47, anche dai minacciosi P-51.
    L' attacco dei Macchi si svolse secondo lo schema consueto: acquisizione del vantaggio di quota e rapida affondata, evitando i settori di coda dei bombardieri, pesantemente difesi.
    Visconti e Cucchi danneggiarono un B-17, ma mentre Cucchi si avventava per finirlo fu a sua volta attaccato da un Mustang.
    Fu Fioroni questa volta, insieme a Visconti, a toglierlo d'impaccio riuscendo a cogliere di sorpresa il caccia americano ed abbatterlo: prima vittoria dei nostri piloti a spese di quello che fu spesso definito il miglior caccia della seconda guerra mondiale.
    Il B-17 di Cucchi fu visto precipitare nelle valli di Comacchio, ma gli altri bombardieri riuscirono a raggiungere Reggio e scaricare il loro carico bellico sul campo, lasciando fumanti due Macchi ed il Ca.309 di collegamento.
    Gli insediamenti logistici del gruppo in questa occasione non furono danneggiati.
    Il comando di Gruppo e la 13 Squadriglia erano dislocati a villa Prampolini a Mancasale, la 23 a Massenzatico e la 33 a Bagnolo; gli specialisti erano alloggiati nelle scuole di Pieve Modolena, appena fuori dalla citta.
    All'estremita dell'aeroporto si trovavano le Officine Meccaniche Reggiane, che, nonostante le disastrose distruzioni subite a seguito del bombardamento del 7/8 gennaio 1944, stavano ancora producendo su commessa tedesca una serie limitata di aerei d' assalto RE 2002.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:18 pm

    Nella stessa giornata del 2 maggio gli Alleati bombardarono anche Fidenza, città natale del sergente maggiore Gorrini;
    Visconti gli mise a disposizione l'automobile del reparto per correre a casa ed accertarsi personalmente della situazione: per fortuna casa Gorrini era stata risparmiata dalle bombe.
    L' 11 maggio una partenza su allarme si concluse senza avvistamenti.
    Il giorno successivo una troupe dell'Istituto Luce ottenne dal maggiore Visconti l'autorizzazione a filmare, per scopi propagandistici, i voli di prova sul campo di un Macchi.
    Il maresciallo Magnaghi, noto per le sue doti di "manico", si esibì a beneficio dei cineoperatori in figure acrobatiche a bassa quota.
    Mentre eseguiva i suoi tonneau , una pattuglia di P-38 del 1° Fighter Group apparve all'orizzonte provenendo dalla parte della città.
    Magnaghi venne colto di sorpresa ed abbattuto dal Lieutenant Armour C. Miller del 27° Squadron, senza potersi difendere.
    Ferito ad una gamba riuscì a lanciarsi col paracadute, atterrando in un prato tra la via Emilia e Massenzatico.
    Trasportato in infermeria, fu necessario amputargli la gamba: quando la sera Gorrini andò a trovarlo, Magnaghi dimostrò una forza d'animo eccezionale.
    Rivolto all'amico gli chiese: "Gigi, per piacere, slacciami la scarpa sinistra che è troppo stretta";
    Gorrini sollevò il lenzuolo e Carletto si mise a ridere:
    della scarpa sinistra non c' era più bisogno.
    Purtroppo tanto coraggio non bastò a salvarlo: sopraggiunse la cancrena e Magnaghi perse la vita.
    L' Aeronautica italiana aveva perso uno dei suoi piloti migliori.
    In quei giorni il maggiore Visconti incontro, nel settore "civile" del campo, il maggiore Tullio De Prato, collaudatore alle "Reggiane" dopo aver comandato in Africa la 150° Squadriglia del 2° Gruppo Caccia.
    Visconti gli confessò le sue preoccupazioni e, secondo le parole di De Prato nel libro Un pilota contadino, " ... con candida modestia, chiese il mio parere sulla sua attività.
    Ne discutemmo a lungo e concluse: " Io, comunque, non posso mollare!" ... "
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:19 pm

    Durante l'incursione del 12 maggio i P-38 del 1° Fighter Group mitragliarono il campo
    distruggendo quattro Macchi e danneggiandone sei.
    II sottotenente Aurelio Morandi, una delle matricole del reparto, aveva decollato mentre il campo era sotto attacco, aveva inseguito gli incursori ed era riuscito ad abbatteme uno, il Lightning del Lieutenant Richard Cooley, precipitato sul greto del fiume Crostolo, presso Vendina di Vezzano.
    Il campo di Reggio Emilia era troppo esposto agli attacchi della 153 Air Force e Visconti decise di spostarsi sulla vicina striscia di Cavriago, a ovest della città.
    La pista era molto corta e ben tre Macchi capottarono al termine della corsa di atterraggio;
    l'aereo del tenente Weiss si incendio bloccandolo nell'abitacolo: il valoroso pilota perse la vita nel rogo sotto gli occhi degli impotenti soccorritori.
    Il 14 maggio il 1° Gruppo, con Visconti in testa, affronto il suo ventiseiesimo combattimento;
    diciotto Macchi si levarono in volo per affrontare una formazione di B-24 scortati da P-38.
    Durante il combattimento il tenente Cartosio affrontò con estrema decisione un quadrimotore, incendiandolo dopo ripetuti attacchi.
    Il sottotenente Cucchi, quel giorno suo gregario, vide che Cartosio preseguiva nella picchiata dopo l’attacco, senza richiamare il suo aereo per riprendere l’assetto di volo.
    Il pilota, che era stato colpito mortalmente,precipitò con la testa reclinata sul cruscotto nella campagna veronese, vicino alla città dove vivevano i suoi genitori.
    Cucchi, benché sconvolto per la perdita dell’amico, riprese il combattimento e riuscì ad abbattere un P-38. Nella foga strinse troppo la virata e il suo macchi entrò in vite.
    Il pilota riuscì a riprendere il controllo solo a poche decine di metri da terra, appena in tempo per atterrare sulla pancia in un prato nei pressi di Ferrara.
    Nella Giornata del 22 maggio i Macchi del 1° Gruppo si scontrarono con i Thunderbolt e i Lightning nel cielo di Pistoia senza che i contendenti conseguissero alcun risultato.
    Il Tenente Cavatore, rimasto senza benzina, fu costretto ad atterrare fuori campo. Era giunto al suo quarto atterraggio d’emergenza, conseguendo un singolare record personale.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:20 pm

    II 25 maggio la coppia tenente Satta - sergente maggiore Gorrini intercettò nel cielo tra Parma e Fidenza una formazione di B-24 al rientro da una missione.
    I due piloti puntarono sui bombardieri che si trovavano in coda alla formazione:
    il B-24 colpito da Gorrini cominciò ad emettere fumo ed il pilota insistette nel suo attacco, senza avvedersi che i P-38 di scorta li avevano presi di mira.
    Quando se ne accorse, si disimpegnò con un rapido rovesciamento mentre l'aereo di Satta fu preso in pieno da una raffica che gli staccò un'ala facendolo precipitare senza scampo.
    Il Macchi, con a bordo lo sfortunato pilota, s'infranse sul greto di un torrente nei pressi di San Prospero; l'abbattitore fu il Lieutenant Jack D.Lewis del 37° Fighter Squadron.
    In questo combattimento il sergente maggiore Gorrini conseguì la sua diciannovesima ed ultima vittoria (secondo altre fonti, le vittorie individuali di Gorrini furono ventiquattro).
    Il 27 maggio tutto il gruppo, alla guida di Visconti, parti su allarme per intercettare alcuni caccia segnalati in zona.
    La ricerca fu infruttuosa ed i Macchi tornarono all'atterraggio;
    l'ultimo a rientrare alla base fu il sergente maggiore Giorgio Leone.
    Come consuetudine nei reparti da caccia, Leone esegui un passaggio a bassa quota con un tonneau: per motivi che non poterono essere accertati rimase in posizione rovesciata e urtò il terreno, disintegrando il velivolo e proiettandone parti contro i muri di villa Prampolini, sede logistica del gruppo.
    Il numero di Macchi disponibili si andava riducendo in modo preoccupante e si dovette mettere riparo alla situazione facendo affluire al reparto alcuni Fiat G.55 ceduti dal 2° Gruppo Caccia, destinato ad essere riequipaggiato con i Messerschmitt Bf 109G, ed incorporando la Squadriglia Autonoma "Montefusco".
    Questa era una delle unità nate spontaneamente nella fase confusa successiva all'armistizio: dotata di G.55 e di MC.205 era basata a Torino ed aveva perso il suo comandante capitano Giovanni Bonet il 29 marzo 1944, abbattuto dal Major Herschel Green del 325° Fighter Group. Prima di cadere, Bonet a bordo del suo G.55, erroneamente identificato come Fw 190, aveva fatto precipitare nei pressi di Dego, sulle alture dell' entroterra savonese, un B-17 del 2° Bomber Group.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:20 pm

    I caccia della serie 5 erano dotati dello stesso motore, ma il G.55 Centauro era più armato del Veltro, disponendo anche di un terzo cannoncino da 20 mm sparante attraverso il mozzo dell'elica; grazie al minor carico alare forniva inoltre migliori prestazioni alle alte quote.
    I G.55 vennero assegnati alla 1a e alla 3a Squadriglia che operarono con equipaggiamento misto, mentre la 2a rimase con i soli Macchi.
    Il 10 giugno Visconti decollò con il gruppo per intercettare velivoli nemici segnalati su Ravenna ma non giunse a contatto balistico con gli incursori.
    Il 5 giugno una missione di intercettazione condusse il gruppo al combattimento contro bombardieri medi B-25 nei pressi di Rovigo, conseguendo il danneggiamento di un Mitchell, senza perdite da parte italiana.
    I caccia erano appena rientrati che il campo di Reggio Emilia fu mitragliato dai P-38 del 14° Fighter Group che danneggiarono alcuni G.55.
    Il 9 giugno, cinque MC.205 e otto G.55 decollarono su allarme diretti verso il "quadrato PF": sulla griglia della carta operativa utilizzata dall' ANR questo codice indicava un' area ad est di Venezia.
    Era stata segnalata una grossa formazione di bombardieri sulla rotta di rientro dalla Germania. I caccia del 1° Gruppo evitarono i P-38 di scorta e si buttarono sui B-24.
    Il capitano Robetto ed il sergente maggiore Chiussi ne abbatterono uno a testa.
    Per Robetto, che sparo in quella occasione 300 colpi e vide sette membri dell' equipaggio del Liberator colpito lanciarsi col paracadute, si tratto della decima e ultima vittoria individuale dall'inizio della guerra.
    Il 13 giugno, una partenza su allarme condusse il 1° Gruppo ad uno scontro con il 325° Fighter Group, che si ripresentava in forze dopo aver cambiato i suoi Thunderbolt con i più temibili Mustang.
    La vistosa colorazione della coda, interamente dipinta a scacchi gialli e neri, li rendeva inconfondibili.
    Herschel Green, secondo in graduatoria tra gli assi della 15a Air Force, costrinse in quell'occasione ad un atterraggio d'emergenza il Macchi del sergente maggiore Luigi Di Cecco, senza conseguenze per il pilota.
    Il 15 giugno al 1° Gruppo fu affidato il compito di pattugliare la costa toscana.
    Venti velivoli, tra Macchi e Fiat, parteciparono alla missione, senza incontrare nemici nella zona presidiata.
    Il sottotenente Sajeva, che aveva guidato la pattuglia di G.55 incaricata della protezione a quota più elevata, si diresse coi compagni verso la base di Cavriago.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:21 pm

    Mentre si trovava nel cielo di Modena, alla quota di circa 3000 metri, si accorse che una piccola formazione di Spitfire si era posta in coda ai caccia italiani.
    Sajeva eseguì un immediato rovesciamento che lo portò a circa 500 metri di quota, ma quando raddrizzo l'aereo non fece in tempo a guardarsi attorno che una raffica lo colpì in fusoliera, costringendolo ad un'altra violenta manovra evasiva.
    Gli parve di non vedere più nemici nelle vicinanze, ma una seconda raffica gli frantumo il cruscotto, provocando una perdita di benzina nell'abitacolo e rammentandogli l'ammonimento dei "vecchi" della squadriglia: "E sempre il caccia nemico che non vedi che ti abbatte!".
    Lo Spitfire riusciva a manovrare con abilità in modo da trovarsi sempre nell'angolo morto della visuale del pilota italiano, colpendolo di sorpresa all'uscita delle manovre di scampo.
    Per toglierselo dalla coda, Sajeva si mise a volare a pelo degli alberi, passando pericolosamente sotto i fili di un elettrodotto ad alta tensione.
    Mentre si voltava per tener d'occhio l'inseguitore, toccò terra e si arrestò dopo una lunga corsa sul ventre del suo G.55, che nei vari urti si ridusse ad un troncone di fusoliera.
    Il pilota fu soccorso e ricoverato in ospedale ma se la cavò con qualche escoriazione.
    Non fu così fortunato il sottotenente Fausto Morettin che, abbattuto dallo Spitfire pilotato dal Wing Commander A.D.J. Lovell, del 243° Squadron, si lanciò con il paracadute ma morì per le ferite riportate in combattimento.
    Anche il sergente maggiore Gorrini quel giorno fu costretto ad affidarsi al paracadute, dopo aver incassato una raffica che mise fuori uso il suo velivolo.
    La discesa fu brusca e gli causo lesioni alla schiena che richiesero una lunga convalescenza. Per l' asso Gorrini la guerra era finita.
    Il 16 giugno il gruppo effettuò due partenze su allarme, senza contatto con il nemico.
    Il G.55 del maresciallo Forlani ebbe noie al motore con conseguente abbandono del velivolo da parte del pilota.
    Il 22 giugno ebbe luogo un combattimento tra i caccia del 1° Gruppo e i P-38 dell'82° Fighter Group di scorta ad una formazione di B-24 nell' area tra Bologna e Ferrara.
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    Messaggio  Green_Group Gio Gen 01, 2009 10:21 pm

    Il maresciallo Guido Fibbia, che si era buttato sui Lightning insieme con il sergente Spartaco Petrignani, abbattè il caccia bimotore pilotato dal Lieutenant Tolmie.
    L'indomani, la partenza su allarme si concluse senza avvistare aerei nemici.
    Il 26 giugno invece lo scontro avvenne, causando l' abbattimento del Macchi C.205 del sergente Gianni Arrigoni, che perse la vita precipitando a Monte S.Pietro, abbattuto da uno Spitfire del 238° Squadron.
    Dopo sei mesi di combattimenti la situazione del 1° Gruppo Caccia mostrava preoccupanti vuoti tra gli organici dei piloti.
    Molti cacciatori esperti e valorosi erano caduti: Marinone, Satta, Torchio, Boscutti, Bortolani, Castellani, Zaccaria, Capatti, Marchi, Morosi, Lugari, Bandini, Salvatico, Magnaghi, Weiss, Cartosio, Giacomello, Leone, Mazzei, Morettin, Arrigoni.
    Un tangibile disagio cominciava ad impadronirsi del reparto: i suoi uomini si sentivano circondati da un crescente disinteresse, mentre un' inutile burocrazia appesantiva l'organizzazione dell' ANR.

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