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    La Riattaccata

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    Messaggio  michele Lun Gen 05, 2009 10:45 pm

    Il pilota di cui raccontiamo la disavventura aveva prenotato per l'intera domenica un quadriposto dell'aero club di cui era socio,per una gita con tre amici.
    Il programma era di partire alla mattina per recarsi in una località in riva al mare a circa un'ora di volo, con rientro nel tardo pomeriggio.
    Al momento del decollo il tempo era splendido, anche se in serata era previsto l'arrivo di una perturbazione da ovest, che avrebbe portato pioggia e nubi basse.
    Tutto andò per il meglio fino al momento della partenza per il ritorno, quando il pilota, chiedendo i bollettini riguardanti la rotta, apprese che il fronte si era mosso più rapidamente del previsto, e che le condizioni meteo nell'area dell'aeroporto di destinazione erano già in deterioramento.
    Valutata la situazione, decise di partire ugualmente, riservandosi, in caso di necessità, di dirottare su uno degli aeroporti disponibili lungo la rotta.
    A metà del percorso il cielo era ormai completamente coperto, anche se la base delle nubi era ancora notevolmente alta.
    Il colore grigio cupo dell'orizzonte lasciava comunque capire chiaramente che, proseguendo, le condizioni incontrate sarebbero state via via peggiori.
    Dato che l'autonomia residua e il tempo disponibile prima del tramonto gli lasciavano un ampio margine di manovra, il pilota decise di continuare.
    A circa venti minuti di volo dal campo di casa, il parabrezza cominciò a coprirsi di gocce di pioggia, mentre la quota consentita dalle nubi si era abbassata a 1.500 piedi.
    Il pilota provò a chiamare la radio locale per avere informazioni più precise sullo stati del tempo.
    Gli risposero che stava piovendo moderatamente, che le nubi erano intorno ai 1.000 piedi, e che la visibilità era ancora buona, anche se stava diminuendo:
    insomma, se si fosse affrettato, avrebbe fatto in tempo ad atterrare senza grossi problemi.
    Forte del fatto di conoscere bene la zona, il pilota decise di continuare e dopo qualche minuto vide il campo sotto di sè.
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    Messaggio  michele Lun Gen 05, 2009 10:48 pm

    Anche se cercava di non darlo a vedere ai suoi amici, era teso, con le palme delle mani sudate. La vista della pista erbosa gli fu di grande sollievo, ma la presenza di alcuni sottili strati che la offuscavano lo resero ansioso di atterrare al più presto.
    Fu così che iniziò la manovra di avvicinamento con uno stato d'animo che lo portò a commettere numerosi errori uno dietro l'altro.
    Dalla verticale del campo, invece di portarsi in un normale sottovento, inizi una virata in discesa durante la quale estrasse il carrello e abbassò la prima tacca di flap.
    Inevitabilmente si trovò in finale alto e veloce.
    A questa punto, invece di iniziare una riattaccata, abbassò completamente i flap e mise l'aereo in scivolata, spingendo istintivamente il muso in basso.
    Quando riportò l'aereo in volo coordinato per la richiamata, un terzo di pista si trovava già alle sue spalle, e la velocità era di 20 nodi maggiore di quella normalmente tenuta in avvicinamento.
    Di nuovo il pilota mancò di riattaccare, e forzò invece l'aereo al suolo facendolo toccare velocissimo, e cominciando a pigiare disperatamente sui freni i quali, ovviamente, risultarono assolutamente inefficaci, sia perche l'alta velocità faceva generare ancora portanza all'ala, sia perche l'erba bagnata rendeva trascurabile l'attrito.
    Solo a questo punto al pilota venne in mente che avrebbe anche potuto riattaccare, ma, per fortuna sua e dei suoi passeggeri, la vista di un filare di alberi al termine della pista lo sconsigliò dall'intraprendere tardivamente la manovra.
    In seguito all'estremo tentativo di farlo uscire di pista lateralmente per fermarlo nel prato circostante, l'aereo si mise di traverso, cosicché la gamba destra del carrello si spezzò, e l'ala si mise ad arare il terreno bagnato, finche la fusoliera non pose fine alla corsa attorcigliandosi intorno a un albero.
    L'aereo risultò completamente irrecuperabile, ma fu proprio grazie alla rottura delle sue parti e al progressivo smaltimento dell'energia cinetica, che gli occupanti poterono uscire illesi dalla cabina.
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    Messaggio  michele Lun Gen 05, 2009 10:50 pm

    Il pilota in corto finale ha due scelte alternative a sua disposizione:
    atterrare o riattaccare.
    Purtroppo i piloti sono spesso impreparati ad affrontare la riattaccata, sia dal punto di vista tecnico, sia, e soprattutto, dal punta di vista psicologico.
    In non pochi casi questa impreparazione, oltre ad aerei distrutti, causa morti e feriti gravi.
    Le statistiche dicono che gli incidenti di questo tipo con le conseguenze più gravi sono quelli dovuti a riattaccate intraprese in ritardo, quando i piloti tentano di riportare in vola gli aerei, o di mantenerveli, dopo che non è più aerodinamicamente possibile, per cui il conseguente impatto con il terreno o con gli ostacoli avviene a velocità elevate. Quando invece i piloti non eseguono affatto l'indispensabile riattaccata, le conseguenze sono spesso meno gravi, in quanto l'aereo riesce in qualche modo a essere rallentato prima di finire fuori pista o contro qualche ostacolo.
    La decisione se riattaccare o atterrare deve essere presa tempestivamente e non oltre un certo punto dell'avvicinamento, punto la cui ubicazione è di volta in volta determinata da variabili come il tipo dell'aeromobile, la lunghezza della pista, lo stato della sua superficie, il vento, eccetera.
    Ma per essere realmente in grado di prendere la decisione giusta al momento giusto bisogna essere psicologicamente pronti ad accettare il fatto che ogni avvicinamento può terminare con una riattaccata.
    Ci sono alcune situazioni nelle quali tale necessita si impone da se, per cui il prendere la decisione giusta non presenta difficoltà.
    Ciò succede, per esempio, quando il pilota in finale vede un altro aereo a terra, o un automezzo, o un animale che va ad occupare la pista.
    Ci sono altre situazioni in cui la scelta fra atterraggio e riattaccata è meno facile, come ad esempio durante gli avvicinamenti con forte vento la cui componente al traverso è tale da mettere a dura prova l'abilità del pilota nel contrastarla.
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    Messaggio  michele Lun Gen 05, 2009 10:51 pm

    Oppure come durante gli avvicinamenti eseguiti in sequenza ad aerei di grandi dimensioni, dei quali va evitata la turbolenza di scia.
    In queste situazioni la decisione di riattaccare risulta comunque agevolata dalla presenza di "cause esterne" che offrono la giustificazione per eseguire la manovra, a torto e troppo spesso considerata come qualcosa di poco dignitoso o disonorevole.
    Ci sono infine le situazioni nelle quali i piloti sono purtroppo indotti a fare la scelta sbagliata, si tratta dei casi in cui la decisione di riattaccare è resa necessaria dall'errata pianificazione e/o esecuzione dell'avvicinamento.
    Le motivazioni psicologiche che rendono i piloti restii ad ammettere di aver impostato male l'avvicinamento, e, quindi, a riattaccare, spiegano perché gli incidenti di questo genere succedono non solo agli allievi e ai novellini, ma anche a piloti di notevole esperienza, non di rado professionisti.
    La situazione che più di frequente richiede la riattaccata è l' avvicinamento a una pista corta impostato alto e veloce, magari con un po' di vento in coda.
    Il termine "pista corta" è ovviamente relativo la stessa pista può infatti essere di lunghezza esuberante per un certo tipo di aereo e assolutamente insufficiente per un altro.
    Prima di eseguire l'avvicinamento il pilota deve calcolare la lunghezza di pista necessaria per l'atterraggio usando i dati di prestazione forniti dal manuale di volo, tenendo conto delle condizioni ambientali nelle quali avrà luogo la manovra (altitudine di densità, natura e condizioni del fondo della pista, vento, eccetera).
    Non appena si rende conto che la traiettoria seguita dall'aereo porterebbe a prender terra oltre il normale punto di contatto, se ha già ridotto la potenza al minimo ed esteso i flap a fine corsa, deve riattaccare senza esitazioni.
    Troppo spesso si vedono piloti che tentano di accorciare la traiettoria di avvicinamento spingendo avanti la barra per abbassare il muso dell'aereo.
    Tale manovra è inutile e pericolosa perché induce un aumento di velocità anemometrica che deve poi essere smaltita prima del contatto.
    Il risultato è che l'aereo, dopo la richiamata, galleggia molto più a lungo del solito, e perciò appoggia le mote molto più avanti del punto in cui il pilota avrebbe desiderato atterrare.
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    Messaggio  michele Lun Gen 05, 2009 10:53 pm

    L'unica manovra che consentirebbe di accorciare la traiettoria di avvicinamento senza aumentare la velocità anemometrica è la scivolata.
    La cui esecuzione durante l'avvicinamento a una pista corta è però in genere sconsigliabile, in quanto potrebbe rendere impossibile la corretta valutazione degli effetti e costringere poi a riattaccare ugualmente, ma in condizioni più precarie e con margini di sicurezza ridotti.
    Una volta presa la decisione di riattaccare, senza esitazione si deve far erogare al motore la massima potenza (manetta tutta avanti, miscela ricca, e aria al carburatore fredda), e contemporaneamente alzare il muso dell'aereo nell'assetto che consente di azzerare il rateo di discesa.
    Questa è la fase più delicata della manovra, in quanto il velivolo deve passare da una traiettoria in discesa in configurazione di elevata resistenza aerodinamica e con il motore quasi al minimo, a una traiettoria prima orizzontale e poi in salita col propulsore alla massima potenza.
    La variazione di assetto deve perciò essere eseguita in modo graduale, sollevando il muso solo dopo che la velocità anemometrica lo consente senza rischio di stallo.
    Non appena l'aereo ha raggiunto la velocità sufficiente, la configurazione dei flap va progressivamente ridotta per diminuire la resistenza e consentire all'aereo sia di accelerare ulte-riormente, sia di salire.
    E’ fondamentale comprendere che sebbene i flap vadano tolti quanto più presto possibile, perchè negli assetti elevati generano resistenze tali da impedire addirittura all'aereo di salire, la loro retrazione non deve comunque essere iniziata prima che la velocità abbia superato il valore che consente all'ala di generare la sufficiente portanza senza raggiungere l'angolo di incidenza di stallo.
    Diversi incidenti in riattaccata avvengono per la retrazione prematura dei flap.
    Se il carrello è retrattile, la manovra di retrazione va iniziata solo dopo che l'aereo abbia cominciato a salire stabilmente, e dopo la retrazione dei flap (a meno che il manuale di volo non prescriva diversamente).
    Quando l'aereo è stato "pulito" e trimmato per l'assetto che consente la velocità più idonea per la salita (la Vx se ci sono ostacoli da superare, e la Vy in ogni altro caso), la riattaccata può essere considerata conclusa.
    La riattaccata, specialmente con gli aerei leggeri, non è una manovra difficile, ma per essere eseguita senza problemi richiede che il pilota sia sempre pronto e deciso ad effettuarla.
    Per prepararsi psicologicamente, egli dovrebbe eseguire ogni avvicinamento come se l'esito normale dovesse essere la riattaccata, e alla fine decidere di atterrare solo quando tutto va bene.
    Per prepararsi tecnicamente e mantenersi sempre in grado di eseguirla con sicurezza all' occorrenza, il pilota dovrebbe allenarsi a compierla in situazioni di necessità simulata.
    E’ pertanto consigliabile che ogni pilota salga di tanto in tanto a bordo con un istruttore ed effettui qualche riattaccata, possibilmente cercando di ricreare le diverse situazioni in cui la manovra si può rendere necessaria nella realtà.
    R.Trebbi
    Volare, luglio 1992

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