Il Racconto
I volo sarebbe durato 40 minuti più del previsto.
Avevo avuto vento contro per quasi tutto il viaggio, avevo dovuto aggirare una grossa perturbazione e avevo ridotto diverse volte la velocità a causa della forte turbolenza.
Ormai mancavano dieci-quindici minuti all'arrivo e non avevo più ragione di temere per il carburante anche se, stando ai televel, non ne restava gran ché.
La visibilità di quel giorno di fine novembre cominciava a essere scarsa;
c'era quella lattigine che non è né foschia né nebbia, ma che a volte punge gli occhi fino alle lacrime.
Per mantenere il contatto con il suolo che assolutamente non volevo perdere, dovevo volare a quote molto basse, in alcuni tratti addirittura sotto i 500 piedi.
Ma ero vicino a casa e cominciavo a sentirmi più disteso.
Mi succedeva sempre in vicinanza dell'aeroporto, specialmente quando rientravo da un volo lungo, faticoso se pure eccitante.
I miei tre compagni di viaggio, due ragazzi e una ragazza , pur non essendo piloti, avevano seguito il volo passo passo e io sentivo la loro ammirazione verso di me che ero "il pilota".
Occupato com'ero a tenere l'aeroplano, non avevo parlato molto;
ora potevo rilassarmi, spiegare le manovre che dovevo eseguire prima di atterrare e raccontare finalmente le preoccupazioni che avevo avuto per il consumo di carburante.
Mi accorsi che stavo parlando a ruota libera.
Per darmi importanza, insistei molto sul mio comportamento, cioè sul fatto che un pilota vero non fa mai trapelare le sue preoccupazioni.
E durante il volo di preoccupazioni ne avevo avute.
Ero, e si doveva vedere, soddisfatto e compiaciuto.
I volo sarebbe durato 40 minuti più del previsto.
Avevo avuto vento contro per quasi tutto il viaggio, avevo dovuto aggirare una grossa perturbazione e avevo ridotto diverse volte la velocità a causa della forte turbolenza.
Ormai mancavano dieci-quindici minuti all'arrivo e non avevo più ragione di temere per il carburante anche se, stando ai televel, non ne restava gran ché.
La visibilità di quel giorno di fine novembre cominciava a essere scarsa;
c'era quella lattigine che non è né foschia né nebbia, ma che a volte punge gli occhi fino alle lacrime.
Per mantenere il contatto con il suolo che assolutamente non volevo perdere, dovevo volare a quote molto basse, in alcuni tratti addirittura sotto i 500 piedi.
Ma ero vicino a casa e cominciavo a sentirmi più disteso.
Mi succedeva sempre in vicinanza dell'aeroporto, specialmente quando rientravo da un volo lungo, faticoso se pure eccitante.
I miei tre compagni di viaggio, due ragazzi e una ragazza , pur non essendo piloti, avevano seguito il volo passo passo e io sentivo la loro ammirazione verso di me che ero "il pilota".
Occupato com'ero a tenere l'aeroplano, non avevo parlato molto;
ora potevo rilassarmi, spiegare le manovre che dovevo eseguire prima di atterrare e raccontare finalmente le preoccupazioni che avevo avuto per il consumo di carburante.
Mi accorsi che stavo parlando a ruota libera.
Per darmi importanza, insistei molto sul mio comportamento, cioè sul fatto che un pilota vero non fa mai trapelare le sue preoccupazioni.
E durante il volo di preoccupazioni ne avevo avute.
Ero, e si doveva vedere, soddisfatto e compiaciuto.