L'obiettivoCome già accennato, a Taranto la Regia Marina aveva concentrato, dopo lo scoppio della guerra, la quasi totalità della flotta, per meglio controllare il teatro di operazioni mediterraneo.
Il porto (nonostante il "peccato originale" rappresentato dalla strozzatura tra Mar Piccolo, meglio riparato, e Mar Grande, ove si era costretti a concentrare,rendendoli più vulnerabili,i principali ancoraggi) era bene attrezzato, ampio, dotato di infrastrutture logistiche adeguate, e il comandante del Dipartimento Militare Marittimo di Taranto, l'energico ammiraglio Antonio Pasetti, ne aveva potenziato le strutture difensive, pur nei limiti delle scarse disponibilità materiali.
Nel novembre 1940, oltre che sui pezzi delle navi in rada (con un notevole stato d'approntamento, soprattutto di notte), la difesa contraerea poteva contare su 21 batterie con 101 cannoni, 68 postazioni armate con mitragliatrici pesanti e 109 dotate di armi leggere, oltre a tredici stazioni d'ascolto aerofoniche collegate a 22 proiettori.
Altri proiettori (con impianti nebbiogeni per il mascheramento) erano installati sulle navi da guerra; ma Pasetti, d'accordo con il Comandante in Capo della Squadra Navale Inigo Campioni, era dell'idea che i proiettori di bordo fossero impiegati come ultima risorsa, evitando di farne preziosi punti di riferimento per eventuali attaccanti.
Su una seconda questione i due ammiragli erano invece in disaccordo, ossia le reti parasiluri. Pasetti, il cui compito era assicurare l'incolumità delle navi all'interno del "suo" porto, era deciso a costituire recinti di sicurezza attorno ad ogni nave principale, il più a ridosso possibile, lasciando di prora un' apertura mobile, e ancorando le unità di poppa in modo tale da evitarne la "ruota", ossia l'oscillazione poppiera impressa da venti e correnti, che per corazzate di 238 metri di lunghezza (con ancore filate alla catena per cinque volte la profondità del fondale, quindi altri 75 metri) significava creare un'area libera da reti di ben 313 metri di raggio.
L'ammiraglio Campioni, il cui primo pensiero andava invece alla prontezza operativa della Squadra, era ben deciso a non vedere le proprie navi impastoiate in "trincee" parasiluri, e preferiva creare degli ampi spazi recintati, appoggiati alla diga della Tarantola: tale sistemazione sarebbe stata più che sufficiente contro eventuali incursioni subacquee; ad un pericolo portato dagli aerosiluranti poco si credeva, in tal uni ambienti navali (e non).
Le preoccupazioni di Campioni non erano infondate, e Pasetti aveva le sue ragioni; ma la disputa era, a questo punto, abbastanza accademica.