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    Le onde Montane

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    Messaggio  Green_Group Lun Ott 20, 2008 11:05 pm

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    Il volo procedeva come al solito, "500 piedi ground" lungo il circuito addestrativo standard per istruire i piloti di A-4 e A-7 alla navigazione a bassa quota ed alta velocità, ma era più che altro un primo ambientamento al profilo di missione Hi-Lo-Hi.
    Il T-39 dell' U.S. Navy filava dritto a Mach 0,8 sui terreno montuoso della California orientale;
    era decollato da Miramar con cinque uomini a bordo: un istruttore, tre allievi e un tecnico di bordo.
    Il pilota riportò la posizione al Centro di Controllo del NAS Miramar, un minuto dopo scomparve la traccia acustica, quella radar era già svanita nel secondo tratto di rotta.
    I soccorritori trovarono solo un ventaglio di rottami calcinati sulle aspre pendici del monte Fairley a 2.500 metri di altena.
    A prima vista sembrava un chiaro errore di pilotaggio, forse il pilota si era fatto sorprendere dalla prospettiva varia e ingannevole della bassa quota e del resto la traiettoria parlava chiaro:
    il velivolo stava risalendo il profilo montano per mantenere i 500 piedi di separazione dal suolo, ma aveva urtato la parete a 8,000 piedi di quota.
    Del resto in questo genere di voli una dose di rischio c'e sempre, perchè ci vogliono riflessi pronti e cento occhi per fare la barba al terreno a "punto 8" e 150 metri.
    Tuttavia due elementi insinuarono i primi dubbi:
    la grande esperienza del pilota istruttore e il bollettino meteorologico.
    La stazione meteo più vicina al luogo della sciagura aveva confermato che la visibilità era di oltre 9 Km., il cielo 2/8 con nubi lenticolari e il vento 25 nodi 120°.
    L'istruttore aveva più di 5,000 ore di volo e si può dire che sorvolava quella zona ogni giorno.
    Vi era poi un'altra nota stonata nell'ipotesi iniziale, il fatto che la coda, come mostravano i rilievi planimetrici dei rottami, era stata rinvenuta a più di 2000 metri dall'epicentro dei resti.
    A questo punto dell'indagine il "fattore umano" era già stato escluso, con 9 Km. di visibilità si avevano più di 30 secondi per arrivare sui Kinley, anche sbucando da un piovasco;
    con mezzo minuto a disposizione era proprio impossibile farsi sorprendere dagli ostacoli, soprattutto quando si hanno diverse migliaia di ore sui libretto di volo.
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    Messaggio  Green_Group Lun Ott 20, 2008 11:06 pm

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    L'esame della "scatola nera" chiarì il mistero della coda separata da i frammenti principali e orientò l'analisi sul "fattore ambientale":
    il velivolo stava salendo per superare progressivamente il picco montuoso con i previsti 500 piedi di margine, ma a 5.800 piedi aveva incontrato una fortissima turbolenza, il tracciato dei "g" verticali in quel punto segnava infatti accelerazioni di 4 unità.
    I calcoli strutturali mostrarono che la coda, in seguito alla raffica verticale, aveva superato il suo carico ultimo e si era separata dalla fusoliera dopo la rottura degli attacchi.
    Il T-39, privo di stabilità e con equilibrio longitudinale compromesso, si era avvitato in una spirale senza ritorno impattando contro la montagna che doveva superare.
    La parola passò ai meteorologi, che dovevano spiegare l'origine di questa turbolenza del tutto anomala e imprevista, data l'assenza assoluta di manifestazioni temporalesche nel bollettino.
    La chiave di questo autentico rebus fu trovata da un esperto in fisica dell'atmosfera dell'Università di San Diego, un dato statistico completò la spiegazione dell'incidente:
    la caduta del T-39 aveva molte analogie con due episodi simili accaduti ad un C-118 e a un B-52 che volavano a bassa quota.
    Lo scienziato californiano chiarì che il velivolo della Navy era incappato in una catena di "onde montane" e che la violenta raffica che aveva strappato la coda dalla fusoliera si era prodotta a 5.800 piedi perchè proprio a quella quota stazionava la "rotor zone" della perturbazione.
    Le "onde montane" sono un tipo di turbolenza e fanno parte di quel complesso di fenomeni meteorologici non ancora del tutto conosciuti, come ad esempio la "turbolenza in aria chiara” delle alte quote, che a volte possono anche minacciare la sicurezza del volo di aerei ed elicotteri.
    Esse sono l'effetto del vento che investe rilievi montuosi ed è costretto a seguire il profilo delle cime o delle catene di monti, iniziando un percorso di flusso ondoso che si può estendere per diversi chilometri a valle, da un minimo di 8 a un massimo di 50.
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    Messaggio  Green_Group Lun Ott 20, 2008 11:06 pm

    Il pericolo per la navigazione è dovuto all'estrema turbolenza che si crea a causa dell'alternarsi delle correnti ascendenti e discendenti che formano le "onde montane", e la zona più perturbata si trova sulle creste ondose, dove si creano vortici intensi.(per rilievi sopra i 4500 metri).
    Questa area, detta "rotor zone", è l'epicentro della perturbazione atmosferica ed è responsabile della formazione delle nubi lenticolari, una sorta di strati nuvolosi di breve estensione con curvatura prodotta dai vortici, caratteristici delle "onde montane".
    Questo tipo di turbolenza si origina quando una massa d'aria molto stabile, ossia con piccolo gradiente termico verticale, si sposta nell'atmosfera incontrando nei suoi strati più bassi una catena di rilievi;
    se i venti associati alla perturbazione si trovano a spirare in direzione perpendicolare alla linea delle creste montuose e la loro direzione rimane costante in altezza, lo spostamento dell'intera corrente è perturbato ed assume un moto ondoso che si propaga fino a 9000 metri di quota.
    La minima velocità del vento richiesta per sostenere l'innesco di questo fenomeno eolico e di circa 20 nodi /36 Km/h.
    Come si possono evitare le "onde montane"?
    Il trucco consiste nell'individuare preventivamente la loro presenza in una zona da sorvolare, riconoscendo subito le caratteristiche nubi lenticolari che si formano sulle creste e osservando cime e picchi di catene montuose dove la neve o la polvere si distacca vorticando verso l'alto.
    Se si rilevano questi sintomi caratteristici, si devono sorvolare i rilievi ad una quota almeno uguale alla metà della loro altezza sul terreno, cioè, se ad esempio un monte si eleva per 2000 metri da una pianura alta 500 metri sul livello del mare, il velivolo deve portarsi a 3500 metri (slm) secondo la formula: 2000 x 0,5 + 2500.
    A seguito dell'incidente del T-39 dell' U.S.Navy i manuali di volo dei velivoli destinati a missioni di bassa quota vennero completati con una serie di prescrizioni che i piloti devono osservare quando incappano inavvertitamente nelle "onde montane";
    alcune di queste avvertenze sono di rallentare alle velocità raccomandate per il volo in aria turbolenta per limitare le sollecitazioni di raffica nel velivolo, disinserire subito l'autopilota per evitare possibilità di stallo e salire gradualmente alla quota di sicurezza per il sorvolo delle cime, senza tratti di rotta paralleli alle catene montuose.

    Antonio Mancino
    JP4,Maggio 1978

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