L' entusiasmo per la Scuola Caccia nei ricordi di un pilota
Nell’ aprile 1935 venni reclutato dall'Aeronautica Militare, per il mio periodo di leva, inviato al centro di Orvieto, e dopo quattro giorni rimandato a casa in licenza in attesa di destinazione.
Poi via ad Aviano, alla Scuola Caccia: il sogno cominciava a diventare realtà.
Il fatto di indossare un'uniforme, che a quel tempo si portava con orgoglio, non come ora che la portano come un abito da lavoro, dal quale ci si spoglia al termine dell' orario di servizio, e l'idea di andare alla Scuola Caccia, mi faceva sentire un poco privilegiato e dentro di me mi davo un po' di arie.
Alla scuola trovai naturalmente i compagni che erano ad Orvieto e con tutti fu facile legare, dato che la passione era la stessa e l' entusiasmo uguale per tutti, ed in ognuno c'era l'ansia di intraprendere i voli, avvenimento che si verificò il 15 luglio.
L' istruzione cominciò col Ba.25, col motore Linx a stella.
Era questo un bell'aeroplano, ma non suscita in me un grande entusiasmo perchè in fondo era solo un poco più importante del Ba.15.
Con questo velivolo volai circa tredici ore, delle quali cinque a doppio comando ed i resto per allenamento, con qualche doppio comando per acrobazia.
Poi venne finalmente il giorno del CR 20, e qui le cose cambiarono decisamente, perchè questo era l'aeroplano dei miei sogni, che si presentava con la grinta di un vero caccia.
E la sua personalità la dimostra subito ai primi voli, reagendo ai comandi nella giusta maniera (almeno cosi mi sembrava), solo quando sentiva che la cloche era tenuta da un pilota vero.
Ma col mio istruttore, il mar. Morelli che faceva da intermediario, il CR 20 a poco a poco accettò la mia presenza con tanta bonomia e cominciammo ad entrare in confidenza.
Certo era un aeroplano rustico, un po' scorbutico di carattere, anche in atterraggio con quel carrello molleggiato come una cassapanca di legno.
Ma in fondo era burbero per fare un poco di scena e soprattutto per insegnare che in volo non si deve andare alla leggera.