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    Aviano anni 30

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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:46 pm

    Aviano anni 30 I336856_Aviano30f3jpg
    L' entusiasmo per la Scuola Caccia nei ricordi di un pilota

    Nell’ aprile 1935 venni reclutato dall'Aeronautica Militare, per il mio periodo di leva, inviato al centro di Orvieto, e dopo quattro giorni rimandato a casa in licenza in attesa di destinazione.
    Poi via ad Aviano, alla Scuola Caccia: il sogno cominciava a diventare realtà.
    Il fatto di indossare un'uniforme, che a quel tempo si portava con orgoglio, non come ora che la portano come un abito da lavoro, dal quale ci si spoglia al termine dell' orario di servizio, e l'idea di andare alla Scuola Caccia, mi faceva sentire un poco privilegiato e dentro di me mi davo un po' di arie.
    Alla scuola trovai naturalmente i compagni che erano ad Orvieto e con tutti fu facile legare, dato che la passione era la stessa e l' entusiasmo uguale per tutti, ed in ognuno c'era l'ansia di intraprendere i voli, avvenimento che si verificò il 15 luglio.
    L' istruzione cominciò col Ba.25, col motore Linx a stella.
    Era questo un bell'aeroplano, ma non suscita in me un grande entusiasmo perchè in fondo era solo un poco più importante del Ba.15.
    Con questo velivolo volai circa tredici ore, delle quali cinque a doppio comando ed i resto per allenamento, con qualche doppio comando per acrobazia.
    Poi venne finalmente il giorno del CR 20, e qui le cose cambiarono decisamente, perchè questo era l'aeroplano dei miei sogni, che si presentava con la grinta di un vero caccia.
    E la sua personalità la dimostra subito ai primi voli, reagendo ai comandi nella giusta maniera (almeno cosi mi sembrava), solo quando sentiva che la cloche era tenuta da un pilota vero.
    Ma col mio istruttore, il mar. Morelli che faceva da intermediario, il CR 20 a poco a poco accettò la mia presenza con tanta bonomia e cominciammo ad entrare in confidenza.
    Certo era un aeroplano rustico, un po' scorbutico di carattere, anche in atterraggio con quel carrello molleggiato come una cassapanca di legno.
    Ma in fondo era burbero per fare un poco di scena e soprattutto per insegnare che in volo non si deve andare alla leggera.
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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:47 pm

    Aviano anni 30 I336859_Aviano30f2
    Era talmente buono e comprensivo che perdonava tanti errori: troppo piede, bruschi movimenti sui comandi, controllo dei giri motore non sempre rispondenti alla manovra o all'assetto;
    lui sapeva sempre cosa fare quando l'allievo era nel pallone.
    Anche l'istruttore consigliava:
    "Quando non sai più cosa fare, molla mani e piedi che lui (il CR 20) sa come riprendere il giusto assetto". Questa regola era il toccasana e quando nelle prime manovre acrobatiche da solo non tutto filava liscio, bastava lasciare fare a lui (sempre il CR 20), che si rimetteva in linea.
    Qualche problema l'avevo con la vite, perchè io la cominciavo, ma lui la finiva a suo piacimento.
    Però col tempo e l'allenamento le cose cambiarono e tutto cominciò a filare meglio, compresi gli atterraggi fatti ormai con il CR 20bis, che non aveva più quel brutto rampone che arava il campo ad ogni atterraggio, perchè era dotato di un ruotino di coda ed il carrello era di un tipo più molleggiato.
    Però con il CR 20 diventai amico e quando lo misero da parte per volare col CR Asso, più elegante col suo motore in linea raffreddato ad aria, quasi quasi provavo nostalgia per quel testone di CR 20.
    Certo che con il CR Asso cominciai un addestramento di maggior interesse, perchè l'acrobazia veniva meglio, e dopo aver eseguito i prestabiliti voli da solo, ebbero inizio i voli in pattuglia.
    Prima pattuglia a due, e le prime volte dava una certa emozione avvicinarsi al capo pattuglia, che, col cenno della mano battuta sul parabrezza, indicava di avvicinarsi, fino a mantenere la distanza classica con la mia ala all'altezza dei timoni e lontano della larghezza dell'ala del capo.
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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:47 pm

    Fin quando il volo era in linea retta non c'erano difficoltà, ma quando si comincia con le virate allora la faccenda fu più entusiasmante, perchè si doveva lavorare di comandi e di manetta, per mantenere la posizione stabilita.
    Poi vennero le pattuglie a tre, ma quello che in seguito eccitò ancor più il mio entusiasmo fu quando cominciai le esercitazioni di finta caccia, prima puntando un palloncino che faceva di tutto per non farsi inquadrare e sempre sfuggiva all'impatto che lo doveva far scoppiare, e poi invece con un aereo pilotato da un istruttore e che si doveva inquadrare con la foto-mitragliatrice.
    Era questa l' esercitazione più entusiasmante anche se era la più difficile perchè ovviamente l'istruttore faceva di tutto per non farsi inquadrare nel collimatore.
    Per completare l'addestramento eseguii anche qualche ricognizione fotografica, poi atterraggi di precisione, quote ufficiali, ecc.
    Alla fine del corso ero proprio al massimo della gioia ed avendo superato tutte le prove, mi sentivo già un pilota da caccia ed il mio entusiasmo era sempre alle stelle, anche perchè sul nostro campo, ad eccitarmi ancor di più, venivano sempre i piloti dello stormo da caccia di base a Campoformido a far le loro dimostrazioni, isolate o in pattuglia, alimentando sempre più i miei sogni di volare presto con il loro CR 30.
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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:48 pm

    Aviano anni 30 I336861_CR20F1
    Intanto, finito il corso, potevamo finalmente mettere sul petto quell'aquila d' oro con tanto di corona, propria dei piloti militari.
    Non mi sentivo certo alla loro altezza, o un loro pari, ma ormai ero uno di loro e questa piccola superbia la scontai ,infatti al termine del corso, un 'influenza o qualcosa di simile mi butto a letto in infermeria per una decina di giorni, proprio nel momento in cui venivano fatte le destinazioni ai reparti di impiego;
    cos’ addio stormo da caccia e fui assegnato al V Stormo d'Assalto di base a Ciampino Sud.
    Non si era mai parlato di questo stormo, di questa specialità, in quanto tutti noi ritenevamo ovvio che quando un allievo avesse seguito il corso alla scuola caccia, andasse logicamente a uno stormo di questa specialità.
    La mia delusione fu enorme: addio CR 30, addio pattuglie acrobatiche, addio a tutti i miei sogni, con questo animo partii per la nuova destinazione, con la coda fra le gambe ritenendomi punito per la mia superbia.
    Chissà, pensavo, anche cosa sarebbero servite le esercitazioni in finta caccia col CR Asso e le pattuglie a tre tutte quelle cose tipiche della caccia, all' Assalto che cosa si faceva?
    Ma!
    Arrivai a Ciampino Sud e fui assegnato alla 86a Squadriglia, comandata dal capitano Cartoni, la cui nobiltà d'animo ed il suo entusiasmo mi fecero capire che anche fuori dalla caccia si era piloti.
    Si raccontava, quando ero alla scuola Caccia di Aviano, mezzo secolo fa, che al comando dell'aeroporto di Campoformido arrivavano continui rapporti dei carabinieri, riguardanti le infrazioni commesse dai piloti dello stormo caccia di stanza su quella base.
    Questo era lo stormo dei nostri sogni, alimentati sempre dalle visite di quei piloti sul campo scuola a dimostrazione delle loro capacità.
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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:48 pm

    Era un'esaltazione continua e l'entusiasmo per la caccia diventava sempre più grande.
    Forse per noi allievi l'aviazione era solo quella.
    Ma per tornare ai fatti, i rapporti che pervenivano al comando erano soprattutto relativi ad una infrazione definita pericolosissima, che metteva a repentaglio la vita dei piloti e, peggio ancora, costituiva un rischio per il materiale dello stato: era quella eseguita dai piloti più spericolati (per gli estensori dei rapporti), che si divertivano a passare con l' aeroplano sotto le arcate del ponte sui fiume.
    Visti con l'occhio del pilota i fatti non erano poi così gravi:
    sì, un po' di ardimento ci voleva, ma nemmeno tanto, perchè le arcate del ponte non erano così basse e così strette, per cui l’aeroplano ci passava comodamente.
    Bastava un po' d'occhio, ma per il pedone nato coi piedi per camminare e non con le ali per volare queste manovre apparivano molto pericolose.
    Quando queste infrazioni divennero troppo frequenti, il comandante dello stormo fu costretto a prendere provvedimenti e, chiamati a rapporto tutti i piloti sul piazzale antistante l'hangar, impartì loro la dura ramanzina per renderli consapevoli del loro pessimo comportamento.
    E, sia come sia, la ramanzina fu impartita ed alla conclusione il comandante invitò i piloti responsabili di questi misfatti a fare un passo avanti perchè fossero tutti ben individuati.
    Tutti fecero un passo avanti, e dicendo tutti si intendeva dire che fra questi c'era il comandante dello stormo ...
    Ma ci si può oggi domandare:
    se non ci fossero stati questi ardimentosi, come sarebbero nate le famose pattuglie acrobatiche che fin da quei tempi entusiasmarono le folle di tutto il mondo, così come lo fanno oggi?
    E questo non era solo esibizionismo, perchè questo addestramento diede i suoi frutti durante l'ultima guerra, nella quale i nostri piloti si trovarono pochissime volte in condizioni di superiorità per numero e per qualità di mezzi, per cui solo l'abilità conseguita con l'addestramento consentiva loro di portare a termine le missioni loro affidate, con esito favorevole.
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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:49 pm

    A dire il vero di piloti squinternati qualcuno ce n'era;
    anche questi hanno avuto i loro bravi rapporti e le loro meritate punizioni, perchè non avendo un fiume e relativo ponte un po' isolato a portata di mano, trovavano un surrogato di questa struttura nelle linee ad alta tensione, che coi loro tralicci molto lontani ed i cavi tesi alti dal suolo.
    Sostituivano l'arcata del ponte, col vantaggio che erano più alti e più larghi.
    Come giustificazione con c'e male, se non fosse che, data la facilità della manovra, pensavano di complicarla inventando di fare il looping attorno alla linea.
    E tale manovra, debbo dirlo in tutta sincerità, era pura scemenza, e fatta una volta non si ripeteva più.
    Poi altre cose si facevano senza pericolo alcuno;
    sempre infrazioni erano ma, se non c'era nessuno a prendere il numero della carrozzella (così si diceva a quel tempo per indicare il numero scritto sulla fusoliera dell'aeroplano, tutto finiva bene senza danni per nessuno.
    Il gioco consisteva nel mettere le ruote a terra su una strada qualsiasi che presentasse un buon rettilineo, senza pali che la fiancheggiassero.
    Individuato il posta, il gioco veniva ripetuto da molti, fin quando, diffusa la calunnia, non si trovava appostata una pattuglia dei carabinieri, pronta a prendere ora e numero, per cui quello che ci capitava pagava per tutti.
    Questo gioco si poteva fare perchè a quel tempo le macchine non erano poi tante sulle strade, ma quando capitava che in fondo al rettitineo si aveva la sfortuna di incontrare una macchina od un carretto, ecco che scoppiava la grana.
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    Messaggio  White_Group Dom Nov 09, 2008 5:50 pm

    Per il pilota pericolo non c'era, perchè una tiratina di cloche sistemava tutto;
    forse non era la stessa cosa per chi si vedeva un aeroplano venirgli incontro.
    Queste erano le cose extra, le sperimentazioni individuali e personali che esulavano da ogni regolamento e da ogni addestramento, il quale invece era studiato in ogni manovra, sia da isolati che in pattuglia ed anche se ai non addetti ai lavori sembrava una pazzia, in effetti era solo una dimostrazione di capacità e di controllo delle nostre azioni.
    Se così non fosse stato, come si poteva fare il fanalino di coda stando a meno di un metro dalla coda del compagno di pattuglia senza mangiargli i timoni?
    E come avrebbero potuto i più bravi partire, manovrare ed atterrare legati l'uno all'altro?
    Queste cose tanto strane non solo erano per che le eseguiva, perchè in ogni momento la calma e la sicurezza di mantenere il controllo del velivolo erano il frutto di un'intensa preparazione, di un addestramento meticoloso che non lasciava nulla alla fantasia, unita ad una innata capacità di pochi piloti dotati di manico, come si diceva allora per definire gli assi.
    Erano davvero pochi ed io non ero di quelli…

    Ezio Dell’Acqua
    Aerofan, luglio 1990

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