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    Kamikaze

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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:09 am

    Kamikaze - Pagina 2 300px-Japanese_Ohka_rocket_plane
    LA PRIMA MISSIONE DELLE "BOMBE VOLANTI"

    Il 21 marzo, per la prima volta, entra in azione un nuovo mezzo kamikaze, la bomba volante Ohka, il cui nome gentile significa Fiore di Ciliegio.
    E' un razzo pilotato, a forma di piccolo aereo, che dev'essere trasportato fino in prossimità dello obiettivo da un bombardiere-madre bimotore, il Mitsubishi G4M (chiamato Betty dagli Alleati).
    L'Ohka è un mezzo disperato, affidato a uomini disperati.
    La sua prima missione ha un esito ancora più catastrofico di quello dei Ginga inviati su Ulithi.
    Partono dunque da Kanoya, alle 11,35 del 21 marzo 1945, un paio di Betty battistrada (senza Ohka a bordo), 16 Betty con le rispettive bombe volanti e 30 Zero di scorta.
    Una possente formazione navale americana è stata segnalata a 590 miglia da Kyushu, in direzione sud-est.
    Ad assistere al decollo c'è, di persona, l'ammiraglio Matome Ugaki, da poco nominato Comandante in Capo di tutte le Forze Aeree di Marina di Kyushu, che inglobano anche la Quinta Flotta.
    Ugaki è tenacemente convinto che l'Ohka sia l'arma risolutiva, in mano ai kamikaze.
    Grazie alle sue dimensioni ridotte e alla altissima velocità di caduta, prossima se non superiore agli 800 chilometri orari, difficilmente sarà arrestata dal tiro contraereo.
    La sua potente carica d'esplosivo - 800 chilogrammi -, sommata alla velocità di impatto, basterà finalmente ad affondare una grande portaerei anche senza bisogno che salti il deposito delle munizioni. Magnifica teoria, ma solo teoria.
    L'attacco del 21 marzo, organizzato dal capitano di vascello Motoharo Okamura, è guidato dal capitano di corvetta Goro Nonaka.
    L'imponente formazione giapponese è in volo, sui grossi bombardieri Betty volteggiano gli agili Zero.
    Fino alle due del pomeriggio, tutto procede nel migliore dei modi.
    I kamikaze, prima di calarsi negli angusti abitacoli degli Ohka, fraternizzano con gli
    equipaggi, per niente rattristati dalla sorte che li attende.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:10 am

    Ignorano che un tragico destino attende tutti, kamikaze e non kamikaze.
    Quando i giapponesi sono a meno di 100 chilometri dall'obiettivo, ecco profilarsi nel cielo una formazione di 50 Hellcats.
    I Betty, impacciati nelle manovre dal peso degli Ohka, sono letteralmente falciati in meno di un minuto, senza che gli Zero riescano a far nulla per difenderli.
    Anzi, gli stessi Zero sono schiacciati dalla massa degli Hellcats che li tormentano da ogni lato.
    Cadono 15 Zero, tra i quali quello pilotato da Goro Nonaka, e nessun Hellcat.
    La strage è pressoché totale.
    Rientrando a Kanoya danneggiati, altri Zero si fracassano nell'atterraggio.
    La missione-incubo è compiuta.
    Ugaki scoppia a piangere come un bambino.
    I Kamikaze , Mondadori 1973
    http://it.youtube.com/watch?v=DKn10wt96kk
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:11 am

    Kamikaze - Pagina 2 K-1
    Lo Yokosuka MXY7 o "Ohka" era un velivolo per attacchi suicidi che venne sviluppato presso l'arsenale di Yokosuka in collaborazione con l'istituto di ricerche aeronautiche dell'università di Tokyo.
    Si trattava di una macchina di piccole dimensioni capace di trasportare 1.200 Kg. di esplosivo e destinata ad essere portata a circa trenta chilometri dall'obiettivo agganciata al ventre di un bombardiere G4M2, una volta sganciata alla quota ottimale di 5.000 metri essa accelerava grazie alla spinta di tre razzi tipo 4 Mk. 1 Model 20 utilizzabili sia insieme che separatamente nel caso fosse desiderato il massimo raggio d'azione.
    Il primo volo coi motori in funzione avvenne nel novembre 1944 e complessivamente furono prodotte 155 "Ohka" Model 11 ad opera dell'arsenale di Yokosuka ed altre 600 da quello di Kasumigaura.
    Per fungere da velivoli-madre furono inizialmente adattati alcuni "Betty" G4M2 ribattezzati G4M2e mentre in seguito alcuni velivoli furono trasformati direttamente sulla linea di produzione con modifiche che riguardavano soprattutto la stiva bombe privata dei portelloni e munita di attacchi per l’aggancio dell’ordigno.
    Per l’impiego operativo furono appositamente costituiti due reparti della marina imperiale, i Kokutai 721 e 722, ma sin dall'inizio il programma subì pesanti contrattempi, il più grave si ebbe il 29/11/44 con l'affondamento ad opera di un sommergibile americano della grande portaerei "Shinano" che stava trasportando un gran numero di "Ohka" sulle basi avanzate.
    Anche alla prova dei fatti l'idea si rivelò deludente ed i pesanti G4M2 caddero facilmente preda dei caccia statunitensi assai prima di giungere a distanza utile dalle navi alleate, cosi quando il 21/3/45 diciotto G4M2e del 721° Kokutai decollarono per la loro prima azione bellica, furono intercettati a ben 90 chilometri dalle portaerei venendo abbattuti tutti.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:11 am

    Il primo successo delle "Ohka" ebbe luogo ad Okinawa 1//4/45 quando fu danneggiata la nave da battaglia "West Virginia", seguì il 12 aprile il cacciatorpediniere "Mannert L. Abele" che però fu affondato.
    Poichè i bombardieri erano costretti a sganciare i loro ordigni anticipatamente, le uniche vittime che furono registrate fino alla fine del conflitto furono solo le unità minori che costituivano la rete di picchetti radar assai all' esterno del grosso della flotta.
    Dell' "Ohka" furono sviluppate numerose varianti sperimentali:
    K 1 da addestramento, senza razzi, con pattino retrattile e zavorra per bilanciare la mancanza della testata esplosiva; ne vennero costruiti 45 esemplari.
    Modello 21, progetto non realizzato; versione ridotta del Model 11 con carico bellico di 600 Kg e trasportabile da velivoli Yokosuka "Ginga".
    Modello 22 derivato dal Model 21 ma propulso da un primitivo motore a getto Tsu-11; ne furono costruiti 50 esemplari
    Modello 33, progetto non realizzato spinto da un turbogetto Ne-20 con carico bellico di 800 Kg. e destinato ad essere trasportato dal quadrimotore Nakajima "Renzan".
    Modello 43A progetto non realizzato simile al Model 33 ma ingrandito e destinato ad essere lanciato da sommergibili in emersione.

    Le principali dimensioni e caratteristiche del Model 11:
    apertura alare m. 5,11;
    lunghezza m. 6,06;
    altezza m. 1,15;
    superficie alare mq. 6,34;
    peso a vuoto Kg. 440;
    peso totale Kg. 2.140;
    velocità max Km/h 648 a 3.500m;
    velocità finale Km/h 926;
    raggio Km. 37.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:12 am

    L’avventura del pilota che non riuscì a morire

    Nel suo libro L'eclisse del Sol Levante (Le Scienze Mondadori 1971), lo storico John Toland racconta la straordinaria avventura di un kamikaze miracolosamente sopravvissuto al tuffo suicida:

    « Il guardiamarina Yasunori Aoki, nato a Tokyo ventidue anni prima, credeva nel motto dei kamikaze:
    "Un aereo, una nave da guerra".
    L'amore per la natura lo aveva spinto a iscriversi alla scuola di agraria di Formosa e quando venne richiamato alle armi s'arruolò nella Marina Imperiale "per il suo fascino", imparò a volare e, agli inizi del 1945, divenne istruttore a Koichi, nell'isola di Shikoku.
    Lì venivano richiesti volontari per i corpi di attacco speciale.
    Ogni pilota, istruttore come allievo, venne invitato a scrivere il proprio nome su una striscia di carta; quelli che si offrivano volontari dovevano segnare un cerchietto sopra al proprio nome, gli altri un triangolo.
    Non essendoci ancora coercizione, parecchi, senza esitare, disegnarono il loro triangolo, ma ad Aoki parve una vigliaccheria. Inoltre, visto che nessuno sarebbe sopravvissuto alla guerra, preferiva morire da pilota, magari affondando una corazzata nemica.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:13 am

    I volontari vennero addestrati al volo radente, fino all'altezza di dieci metri, e poi a cabrare e ad aprire il fuoco contro una torre di controllo. Pilotavano uno Shiragiku (crisantemo bianco), un apparecchio da addestramento lento, grosso, con due piloti.
    Come comandante del proprio apparecchio, Aoki ne divenne anche l'ufficiale di rotta, sebbene, secondo lui, un solo uomo fosse più che sufficiente; ma senza un superiore nel sedile posteriore forse il pilota sarebbe stato tentato a tornare indietro.
    Le settimane passarono rapidamente.
    L'addestramento lo teneva occupato quasi tutto il giorno e la missione in sé era così lontana nel futuro da sembrare quasi irreale.
    Ma una volta terminato l'addestramento, Aoki cominciò a sentirsi condannato a morte; il senso della condanna, poi, aumentò quando gli apparecchi vennero adattati alla loro speciale missione.
    Sotto la carlinga venne aggiunto un serbatoio di carburante supplementare e sotto le ali vennero fissate due bombe da 250 chilogrammi.
    Mentre seguiva i lavori di adattamento al proprio apparecchio, Aoki non poté fare a meno di pensare: con questo apparecchio partirò per un viaggio di sola andata.
    Il 25 maggio il suo gruppo venne trasferito da Knoya a Kyushu, una base da cui sarebbe partito per l'ultimo volo fino a Okinawa.
    A questo punto, Aoki fu travolto dalla definitività del proprio destino.
    L’ apparente calma dei suoi compagni gli comunicava un senso di inferiorità.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:13 am

    Al tramonto, vide decollare, diretta verso Okinawa, una squadriglia di kamikaze; la prossima volta sarebbe toccato al suo gruppo.
    Rientrò sconsolato negli alloggii, una scuola elementare, dove con sua meraviglia trovò una dozzina di piloti che lui credeva appena pertiti.
    Il loro rifiuto di partire calmò il suo senso di vergogna: lui non sarebbe mai stato tanto vigliacco.
    Il giorno dopo, a mezzogiorno, stava steso sull'erba e guardava gli apparecchi del suo gruppo che venivano tirati fuori dagli hangar e approntati per la missione.
    Improvvisamente, tutt'intorno a lui ci furono furono delle esplosioni.
    Gli americani stavano bombardando la base.
    Non si mosse.
    Non importa morire, si disse; sperava infatti di tornare a vivere e di conoscere, nella sua reincarnazione, un'epoca più tranquilla e piena di pace.
    Ma mentre ritornava verso gli alloggi di corsa, la vita, che fino a qualche attimo prima gli era sembrata priva di vero valore, gli divenne più preziosa che mai: un giorno in più di vita non aveva prezzo, anche un'ora di più, un minuto, un secondo.
    Si fermò a osservare il volo di una mosca. "Come sei fortunata a essere viva", disse ad alta voce.
    Dopo cena il gruppo si radunò per il rapporto sulla missione del giorno seguente.
    Ogni equipaggio doveva scegliere la sua quota e la sua rotta.
    La maggioranza scelse una rotta indiretta da est a ovest.
    Aoki propose di puntare direttamente su Okinawa.
    Il suo pilota, un diciassettenne di nome Y okoyama, si disse d'accordo.
    Andarono a letto presto e Aoki si svegliò calmissimo, poco prima dell'alba.
    Mi sento bene, pensò.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:14 am

    Il 27 maggio, il suo ultimo giorno su questa terra, era limpido e sereno e lui si sentiva eccezionalmente riposato e pieno di energia.
    Aveva già messo da parte una ciocca di capelli per la sua famiglia; ora scrisse una cartolina a ognuno dei genitori, alle quattro sorelle minori e al fratello più piccolo.
    "Il nostro divino paese non sarà distrutto" scrisse, quindi pregò perché il Giappone sopravvivesse alla sconfitta completa.
    Nel tardo pomeriggio di quel giorno al suo gruppo venne offerta una cena cerimoniale.
    Un ufficiale dell'amministrazione propose un brindisi.
    Aoki buttò giù il suo saké d'un sorso solo, notando che invece i suoi compagni lo sorseggiavano.
    Un operatore del cinegiornale chiese ai giovani di posare per lui. Infilarono le cuffie di pelle con l’ emblema del Sol Levante e sopra di essi alcuni cinsero l' hacimaki.
    Tenendosi sottobraccio, cantarono allegramente Dokino Sakura
    All'ultima ispezione, un capitano si fermò davanti ad Aoki e gli chiese perché fosse rosso in viso. "Non ti senti bene?"
    Era per via del saké, spiegò Aoki.
    "Se non ti senti bene", disse il capitano, sollecito, "puoi restare e aggregarti in seguito a un altro gruppo".
    "Mi sento benissimo, signor capitano".
    I quindici equipaggi montarono su un auto carro e furono seguiti dai compagni che volevano vederli partire.,
    Giunti al campo infilarono le cinture di salvataggio che recavano grossi emblemi del Sol Levante.
    In tasca Aoki aveva soltanto una foto della sua famiglia e due piccoli omamori di legno,portafortuna, che sperava lo avrebbero aiutato a portare a termine la sua missione.
    Poco prima dell’imbrunire vi fu una cerimonia d'addio presieduta da un contrammiraglio.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:14 am

    Durante il discorso di quest'ultimo Aoki udì un gruppo di ufficiali dello Stato Maggiore seduti lì accanto chiacchierare e ridere e ne fu amareggiato
    Come potevano comportarsi con tanta disinvoltura in un momento simile?
    L'istruttore capo augurò loro, solennemente, il successo nell'impresa. "A Okinawa c'è un posto di osservazione che confermerà i risultati della vostra missione" disse.
    "Stanotte c'è la luna piena. Essa vi guarderà, dunque non sarete soli.
    lo vi raggiungerò più tardi ; vi prego di aspettarmi".
    I trenta uomini piansero senza vergona
    Sapevano che desiderava sinceramente di andare con loro e gli furono grati per aver spogliato di ogni banalità i loro ultimi momenti di vita.
    Mentre i quindici apparecchi raggiungevano la loro posizione di decollo ci fu un agitar di fazzoletti, berretti e bandierine tra la piccola folla al lato della pista.
    Al di sopra del rombo dei motori a un certo punto Aoki udì qualcuno chiamare: "Aoki! Aoki!".
    Si voltò a guardare e lì, dietro all'apparecchio, correndo e gesticolando e piangendo, vide uno dei piloti che si era rifiutato di decollare con il gruppo precedente.
    Provò imbarazzo e insieme risentimento.
    Tuttavia sorrise e gridò: "Seguici!", proprio mentre il vecchio apparecchio acquistava velocità e si staccava da terra.
    La sua ascesa nel cielo prolungò l'ormai fievole tramonto.
    Com'è bello! pensò Aoki.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:15 am

    Cacciatorpediniere in vista: « Pronti al tuffo»

    A 1000 metri d'altezza il giovane pilota puntò quasi direttamente a sud, verso Tori Shima , situata a 60 miglia marine a ovest di Okinawa. Lì avrebbero virato a sinistra puntando sulla zona dov'erano raccolti i trasporti americani.
    Davanti a loro un solo apparecchio stava allontanandosi nella sua rotta indiretta.
    Giù di sotto, una luce verde segnava Sada Point: era l'ultima luce della loro patria, e Aoki la guardò fisso e intento, finché non svanì.
    Poi si sporse a guardare una piccola isola sotto di loro.
    Se ne levavano strisce di fumo bianco. Fili arricciati.
    Uno strato di nubi costrinse Yokoyama a scendere a quasi 700 metri, ma giù di sotto l'aria era così turbolenta che dovette abbassarsi fino a 300 metri circa di quota.
    Per ore e ore volarono rombando monotonamente.
    L'ora prevista per l'arrivo a Tori Shima era passata.
    Aoki fece segno a Yokoyama di continuare e controllò l'ora al suo orologio: le 23,30.
    L'attacco sarebbe dovuto cominciare a mezzanotte; non ce l'avrebbero fatta in tempo.
    Dopo cinque minuti ordinò a Yokoyama di virare a est e di cominciare a scendere; poi sparpagliò nell'aria pezzetti di stagnola per ingannare il radar nemico, quindi tirò il pulsante che innestava la spoletta delle due bombe, che erano ora armate e sarebbero esplose al contatto.
    La cortina di nubi sopra di loro s'era dispersa e Aoki vide i riflessi della luna sull'acqua.
    Ci fu un lampo.
    Poi un altro.
    No, era una nave nemica che stava sparando contro di loro.
    Yokoyama portò l'apparecchio a 100 metri di quota e Aoki si sforzò di vedere la nave, ma era accecato dai lampi abbaglianti del fuoco della contraerea forse a neppure due chilometri di distanza.
    Ci sarebbe voluto un minuto per raggiungere la nave e il fuoco della contraerea stava diventando sempre più preciso.
    "Piega a destra!" ordinò.
    Vivide strisce di fuoco schizzavano verso di loro.
    Traccianti!
    Ci fu un rombo e quel che sembrava un Grumman gli passò accanto vicinissimo.
    Shimatta, pensò Aoki: maledizione!
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:16 am

    A bordo non avevano neppure una pistola per sparargli contro e se Yokoyama avesse virato avrebbero presentato un bersaglio più facile all'apparecchio nemico.
    Spinse indietro la calotta, s'alzò in piedi e si guardò intorno.
    Il Grumman era scomparso.
    Disse al pilota di puntare di nuovo verso Okinawa.
    Quasi immediatamente avvistarono un cacciatorpediniere che navigava tranquillamente davanti a loro, diretto verso sud.
    "Affonda!" gridò Aoki.
    Yokoyama era stato addestrato ad affondare in senso antiorario per evitare di andare a sbattere contro qualche apparecchio amico, ora invece doveva andare in senso orario, cioè qualcosa che lui non aveva mai fatto prima.
    Mentre gli si avvicinavano, da poppa dal cacciatorpediniere non partì neppure un colpo.
    Aoki stava ancora in piedi li sul suo sedile, con le braccia poggiate sulla le calotta e il mento sulle mani, fissando dritto il cacciatorpediniere. Era sereno mentre aspettava l'esplosione .
    Erano ora così vicini che anche se gli e americani avessero aperto il fuoco sarebbe stato troppo tardi.
    Si e sentì felice: la sua morte avrebbe avuto un senso.
    Né lui né Yokoyama pronunciarono una sola parola mentre il lento e vecchio apparecchio rombava verso il cacciatorpediniere.
    Ci fu uno schianto quando colpirono l'acqua, e Aoki si ritrovò ancora nell'apparecchio: per una duplice coincidenza, ancora vivo.
    Non avendo mai puntato prima contro un bersaglio mobile, Yokoyama se l'era lasciato sfuggire.
    Ma perché le bombe non erano esplose al contatto ?
    “Buntaicho (comandante)! Vieni qui!"
    Yokoyama stava in piedi sopra la carlinga dello apparecchio che stava affondando.
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    Messaggio  Red_Group Dom Nov 16, 2008 12:17 am

    Aoki se ne tirò fuori appena qualche attimo prima che l'apparecchio s'inabissasse a muso in avanti sotto le onde e gonfiò la cintura di salvataggio che gli era sembrata cosi inutile.
    Erano soli, nel buio: niente navi, niente aerei.
    "Cosa facciamo?" chiese Yokoyama.
    Ora che la vita era salva, Aoki non seppe cosa rispondere.
    Non provava nessuna gioia a essere vivo. All'alba, scorsero lontano una striscia di terra: doveva essere Okinawa.
    Aoki propose di raggiungerla a nuoto, ma si trovarono improvvisamente davanti un cacciatorpediniere nemico.
    Si stesero immobili sulla schiena, come se fossero morti, tenendosi sottobraccio.
    Quando il cacciatorpediniere accostò, chiusero gli occhi e spalancarono la bocca.
    Una gaffa afferrò la gamba del pantalone di Yokoyama.
    "Liberati!"
    Gli gridò Aoki, ma il pilota non riuscì a svincolarsi e fu tirato su come un pesce, tirandosi dietro il compagno ancora aggrappato al braccio. Aoki s'arrampicò su per il cavo che pendeva dal fianco della nave: va bene, era stato preso ma sarebbe fuggito o si sarebbe ucciso.
    "Stai salendo a bordo!" esclamò Yokoyama, incredulo.
    In seguito furono trasferiti su una nave più grande e quando fu chiaro che la fuga era impossibile, Aoki cercò di strangolarsi con un pezzo di corda.
    Una sentinella si precipitò dentro proprio mentre stava venendo meno. Alla fine concluse che era suo destino vivere e divenne un prigioniero modello».

    I Kamikaze ,
    Mondadori 1973

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