Non potei continuare a lungo con quel sistema perché ben presto sentii in bocca sapore di salato e il sangue mi salì alle labbra, colando poi sul mento mentre la guancia mi si gonfiava sempre di più.
Ebbi l’impressione che un'enorme palla di gomma stesse gonfiandosi in bocca, ma non avevo altra alternativa;
dovevo continuare a battermi per rimanere svegli.
Pensai che forse il cibo mi avrebbe aiutato a superare la sonnolenza;
aprii la scatola dei viveri e inghiottii alcuni bocconi di pasticcio di pesce, ma continuai a sentirmi più addormentato di prima.
Continuai a mangiare ancora, masticando con cura prima di inghiottire.
A un tratto mi sentii malissimo.
Il velivolo sfuggì al mio controllo mentre spasimi di nausea mi contraevano il corpo.
Rigettai tutto quello che avevo mangiato, imbrattandomi le gambe e sporcando anche il pannello degli strumenti;
contemporaneamente atroci dolori alla testa mi facevano divenire pazzo.
Ma nemmeno questa specie di agonia riuscì a tenermi desto;
tornai a colpirmi più e più volte sulle guance, col pugno chiuso, finche non potei avvertire più alcuna sensazione.
Disperato mi detti allora forti colpi sulla sommità della testa, ma ormai non c’era più nulla che potesse servirmi: volevo solo dormire.
Oh, poter andare a dormire, dimenticare tutto!
sapere che il sonno non avrebbe mai avuto fine! Delizioso tepore del sonno! . .
Lo Zero rollava e sbandava;
per quanto facessi, non riuscivo a tenere orizzontali le ali;
cercavo di tenere la mani in una certa posizione, ma non riuscii a avvertire il momento in cui essa si spostava a sinistra oppure a destra, facendo di conseguenza inclinare violentemente il velivolo.
Ero pronto a morire;
ero perfettamente conscio che non avrei potuto continuare a lungo in quel modo, ma mi ero giurato che non sarei morto da codardo, che non mi sarei abbandonato fino al punto di planare senza reagire fino a infilarmi nel mare, fino a quando cioè un ultimo guizzo di dolore mi avrebbe piombato nel nulla.
Se dovevo morire, dovevo almeno farlo da samurai e la mia morte avrebbe dovuto trascinare altre vite nemiche con me.
Volevo soltanto una nave: avevo bisogno di una nave nemica.
In preda a un' ondata di scoraggiamento virai e mi misi di nuovo, approssimativamente, in rotta per Guadalcanal;
dopo qualche minuto la mia mente si schiarì:
non più sonnolenza, non più dolori lancinanti.
Non riuscivo a capire cosa stessi facendo: perché correre alla morte adesso che ero in condizioni di raggiungere Buka o forse anche Rabaul?
Riportai di nuovo lo Zero sulla rotta di ritorno e, qualche minuto dopo, il desiderio di dormire mi riprese fino a farmi intontire.
Nella nebbia della mia mente riemerse una domanda.
Cosa stavo facendo?
Volavo verso casa?
«Cerca una nave nemica!»
A un tratto ricordai lucidamente: dovevo cercare una nave nemica per picchiarvi sopra;
dovevo sfracellarmi contro di essa a tutta velocità per uccidere quanti più nemici mi fosse possibile.
Il panorama mi appariva immerso nella nebbia e tutto vi si dissolveva.
Debbo essere tornato verso Guadalcanal almeno cinque volte e altrettante debbo avere Invertito la rotta per rientrare invece a Rabaul.
Alla fine mi misi a urlare con tutte le forze che mi rimanevano, in continuazione, deciso a mantenermi sveglio.
Urlare e gridavo: «Sta' sveglio!»
A poco a poco la necessità di dormire si attenuò e mi ritrovai all'incirca sulla rotta.
Il volare in quella direzione, non era tuttavia una garanzia che avrei potuto raggiungere la base;
non avevo la minima idea circa la mia posizione e tutto quello che sapevo era che stavo volando all'incirca verso Rabaul.
Dovevo essere a una notevole distanza da Guadalcanal, ma non sapevo a quanta;
guardai sul mare ma non vidi nessuna delle Isole che si allungano a catena verso Rabaul.
Avendo solo il piede destro in condizioni di agire sulla pedaliera era molto probabile che avessi deviato a oriente delle Isole Salomone.
Ebbi l’impressione che un'enorme palla di gomma stesse gonfiandosi in bocca, ma non avevo altra alternativa;
dovevo continuare a battermi per rimanere svegli.
Pensai che forse il cibo mi avrebbe aiutato a superare la sonnolenza;
aprii la scatola dei viveri e inghiottii alcuni bocconi di pasticcio di pesce, ma continuai a sentirmi più addormentato di prima.
Continuai a mangiare ancora, masticando con cura prima di inghiottire.
A un tratto mi sentii malissimo.
Il velivolo sfuggì al mio controllo mentre spasimi di nausea mi contraevano il corpo.
Rigettai tutto quello che avevo mangiato, imbrattandomi le gambe e sporcando anche il pannello degli strumenti;
contemporaneamente atroci dolori alla testa mi facevano divenire pazzo.
Ma nemmeno questa specie di agonia riuscì a tenermi desto;
tornai a colpirmi più e più volte sulle guance, col pugno chiuso, finche non potei avvertire più alcuna sensazione.
Disperato mi detti allora forti colpi sulla sommità della testa, ma ormai non c’era più nulla che potesse servirmi: volevo solo dormire.
Oh, poter andare a dormire, dimenticare tutto!
sapere che il sonno non avrebbe mai avuto fine! Delizioso tepore del sonno! . .
Lo Zero rollava e sbandava;
per quanto facessi, non riuscivo a tenere orizzontali le ali;
cercavo di tenere la mani in una certa posizione, ma non riuscii a avvertire il momento in cui essa si spostava a sinistra oppure a destra, facendo di conseguenza inclinare violentemente il velivolo.
Ero pronto a morire;
ero perfettamente conscio che non avrei potuto continuare a lungo in quel modo, ma mi ero giurato che non sarei morto da codardo, che non mi sarei abbandonato fino al punto di planare senza reagire fino a infilarmi nel mare, fino a quando cioè un ultimo guizzo di dolore mi avrebbe piombato nel nulla.
Se dovevo morire, dovevo almeno farlo da samurai e la mia morte avrebbe dovuto trascinare altre vite nemiche con me.
Volevo soltanto una nave: avevo bisogno di una nave nemica.
In preda a un' ondata di scoraggiamento virai e mi misi di nuovo, approssimativamente, in rotta per Guadalcanal;
dopo qualche minuto la mia mente si schiarì:
non più sonnolenza, non più dolori lancinanti.
Non riuscivo a capire cosa stessi facendo: perché correre alla morte adesso che ero in condizioni di raggiungere Buka o forse anche Rabaul?
Riportai di nuovo lo Zero sulla rotta di ritorno e, qualche minuto dopo, il desiderio di dormire mi riprese fino a farmi intontire.
Nella nebbia della mia mente riemerse una domanda.
Cosa stavo facendo?
Volavo verso casa?
«Cerca una nave nemica!»
A un tratto ricordai lucidamente: dovevo cercare una nave nemica per picchiarvi sopra;
dovevo sfracellarmi contro di essa a tutta velocità per uccidere quanti più nemici mi fosse possibile.
Il panorama mi appariva immerso nella nebbia e tutto vi si dissolveva.
Debbo essere tornato verso Guadalcanal almeno cinque volte e altrettante debbo avere Invertito la rotta per rientrare invece a Rabaul.
Alla fine mi misi a urlare con tutte le forze che mi rimanevano, in continuazione, deciso a mantenermi sveglio.
Urlare e gridavo: «Sta' sveglio!»
A poco a poco la necessità di dormire si attenuò e mi ritrovai all'incirca sulla rotta.
Il volare in quella direzione, non era tuttavia una garanzia che avrei potuto raggiungere la base;
non avevo la minima idea circa la mia posizione e tutto quello che sapevo era che stavo volando all'incirca verso Rabaul.
Dovevo essere a una notevole distanza da Guadalcanal, ma non sapevo a quanta;
guardai sul mare ma non vidi nessuna delle Isole che si allungano a catena verso Rabaul.
Avendo solo il piede destro in condizioni di agire sulla pedaliera era molto probabile che avessi deviato a oriente delle Isole Salomone.