Il 4 settembre 1943, quando i primi reparti dell'8° armata britannica passarono lo stretto di Messina per iniziare dalla Calabria l'invasione della penisola, i superstiti del 5° stormo tuffatori, che era stato duramente provato nelle operazioni in Sicilia, furono mandati allo sbaraglio affinché mascherassero col loro sacrificio la già avvenuta stipulazione dell'armistizio di Cassibile.
In quell'assurda azione, insieme con i tenenti Mogli e Vitali del 4° stormo, cadde il maggiore pilota Giuseppe Cenni, un aviatore che merita una pagina a parte nella storia del valore italiano.
Cenni non aveva nulla che ricordasse l'eroe convenzionale o il martire predestinato;
era un ragazzo che amava la vita come sanno amarla le creature generose.
A ventotto anni comandava uno stormo e aveva sul petto i nastrini di sei medaglie d'argento al valore: erano quasi troppe;
ma il modo col quale le aveva meritate gli consentiva di portarle agevolmente e gli dava l'ascendente necessario per comandare in guerra altri uomini.
Compito difficile per un giovane, specie in un ambiente che non è tenero nei confronti dei ragazzi prodigio e che accetta soltanto la superiorità confermata e non quella dichiarata.
Ai reparti di volo si vale per quel che si fa e non per quel che si è fatto.