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    Sir Douglas R. S. Bader

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    Messaggio  Red_Group Lun Dic 08, 2008 2:46 pm

    Dapprima si tolse il casco e la maschera, poi tirò la pallina di gomma sopra la sua testa; il tettuccio schizzò via e un sibilo frastornante riempi l'abitacolo.
    Lo spinotto della cintura di sicurezza si staccò, e Douglas si afferrò ai bordi dell'abitacolo per sollevarsi, domandandosi se ce l'avrebbe fatta a uscire, dato che non poteva spingersi con le gambe.
    Lottando disperatamente, riusci a sollevare la testa oltre il parabrezza, e subito si senti risucchiare fuori dalla corrente d'aria che lo sferzava.
    La parte superiore del corpo era già fuori.
    Era uscito dall'abitacolo... No!
    Qualcosa lo tratteneva per una gamba.
    Il piede inerte della gamba destra era rimasto impigliato nell'abitacolo, l'aereo precipitava, trascinandolo in un incubo fatto di frastuono, di vento, in un'agonia che pareva non dovesse aver fine, e lui era li, impotente.
    La caduta continuò... sino a quando i lacci che tenevano la protesi finalmente si ruppero.
    Douglas fluttuava, tranquillo.
    Il sibilare e lo sferzare del vento erano cessati.
    Sulla sua testa il cielo era sempre azzurro, sotto si stendeva uno strato di nubi; Douglas vi sprofondò, lo attraversò in pochi secondi e sotto di sé scorse la campagna verde, chiazzata di macchie dorate là dove il sole filtrava fra le nubi.
    Qualcosa sbatacchiava, sferzandogli il volto: la gamba destra dei calzoni, vuota, squarciata lungo la cucitura.
    Dalla fenditura spuntava, indecente, la pelle bianca del moncone.
    La protesi della gamba destra se n'era andata. "Che fortuna" pensò, "aver perso le gambe e averne di artificiali, sostituibili!"
    Altrimenti sarebbe morto precipitando con l'aereo.
    E un altro colpo di fortuna era di non dover atterrare su quella rigida gamba metallica, altrimenti si sarebbe rotto la spina dorsale.
    Douglas non rifletté che, per prendere terra, gli restava soltanto mezza gamba.
    La terra, che pochi secondi prima pareva tanto remota, si avvicinava con una rapidità impressionante.
    "Accidenti! Sto per cadere su un cancello!"
    Douglas tirò alcune corde per far sfuggire l'aria dal paracadute, per spostarsi lateralmente, e toccò terra goffamente, senza provare altro che un lieve dolore alle costole, quando il ginocchio gli urtò contro il petto.
    Tre soldati tedeschi, vestiti di uniformi grigie, si chinarono su di lui e lo liberarono dalle cinghie del paracadute e dal giubbotto di salvataggio "Mae West"; poi lo sollevarono e lo portarono di peso fino a un'auto parcheggiata in un viale.
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    Messaggio  Red_Group Lun Dic 08, 2008 2:47 pm

    Douglas non provava alcun dolore, ma solo una specie di sonnolenza tranquilla.
    L'auto parti, e dopo un tragitto che parve interminabile, passò rombando sotto un'arcata e si fermò davanti a un edificio di pietra grigia.
    I tedeschi lo sollevarono ancora, varcarono una porta, salirono alcuni gradini e percorsero un corridoio...
    Douglas fiutò l'odore ben noto dell'ospedale.
    Giunti in una sala spoglia, asettica, lo depositarono su un lettino di medicazione del pronto soccorso.
    Un uomo in camice bianco s'avvicinò..
    Nel vedere che la gamba destra dei calzoni era vuota, il medico corrugò la fronte, poi, sollevata la stoffa lacerata, rimase sbalordito.
    Guardò Douglas, vide i gradi e i nastrini delle decorazioni.
    Confuso più che mai, mormorò: «Lei ha perso la gamba».
    Douglas pronunciò le prime parole da quando era precipitato.
    «Si! Si è staccata mentre uscivo dall'aereo che precipitava. »
    Il medico tornò a guardare il moncone, cercando di capire come un uomo con una gamba sola potesse essere un pilota di aereo da caccia.
    «Ach so!» esclamò alla fine. «È una vecchia amputazione. Adesso dovremo toglierle i calzoni. »
    "E io voglio ridere" pensò Douglas, sollevandosi per quanto poteva, mentre il medico, sbottonati i calzoni, glieli sfilava e restava ancora più esterrefatto a fissare l'apparecchiatura di ferro e di cuoio che serrava il moncone della gamba sinistra.
    Alla fine, con un sibilo disse: « Ach! Abbiamo sentito parlare di lei ».
    Due infermieri in uniforme grigia sollevarono Douglas e, fatte due rampe di scale, lo portarono in una stanzetta, posandolo su un letto; poi lo spogliarono, gli tolsero la protesi sinistra, lo avvolsero in una specie di camicia da notte corta e bianca, e dopo averlo coperto, appoggiarono la protesi al muro e se ne andarono.
    Douglas giacque immobile.
    Era tutto indolenzito come se fosse stato passato al torchio, la testa gli ronzava come un alveare; appena si muoveva, un dolore acuto alle costole, sotto il cuore, lo faceva soffrire: sembrava che gli frugassero in petto con un coltello.
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    Messaggio  Red_Group Lun Dic 08, 2008 2:48 pm

    L'alba trovò Douglas in condizioni migliori.
    Con la nuova luce, cominciò a rendersi conto più chiaramente della propria situazione.
    Capi dov'era, ricordò cos'era accaduto e fini per rassegnarsi.
    Bisognava procedere con ordine, e al diavolo tutto il resto: doveva procurarsi altre gambe e far sapere a Thelma che era vivo.
    La porta si apri e due giovani piloti della Luftwaffe entrarono nella stanza.
    «Salve!» esclamò in ottimo inglese quello che pareva il più elevato in grado, ed era un conte di qualcosa che Douglas non afferrò bene. «Come sta? »
    «Benone, grazie.» Douglas rispondeva a monosillabi, ma i due tedeschi chiacchieravano amabilmente; erano venuti da Saint Omer per conversare con lui come fra amici, fra colleghi. «Gli Spitfires sono ottimi aerei. »
    « Si» rispose Douglas, «ma sono ottimi anche i vostri. »
    « Mi hanno detto che lei è senza gambe » disse il conte.
    «È vero»
    I due tedeschi gli domandarono cosa si provava a volare senza le gambe.
    Entrò un anziano ufficiale di commissariato, che rimase ad ascoltare, poi, guardando la protesi appoggiata alla parete, osservò causticamente:
    «Ecco una cosa che in Germania non permetterebbero mai! »
    Il visitatore che entrò poco dopo era un calvo ufficiale meccanico, e anche lui si imbarcò in una serie di noiose domande sulle sue mutilazioni.
    Douglas tagliò corto, domandandogli se potevano mettersi in comunicazione via radio con l'Inghilterra.
    «Senta, non potete chiedere via radio che mi mandino un'altra gamba?»
    Se lo avessero fatto, Thelma avrebbe saputo che era vivo.
    L'ufficiale tedesco rispose che quella gli pareva una buona idea.

    Più tardi entrò un ufficiale della Luftwaffe, alto, sulla quarantina; dopo aver salutato Douglas battendo i tacchi, disse: «Signor comandante, abbiamo trovato vostra gamba ».
    Entrò un soldato instivalato che, dopo essere scattato superbamente sull'attenti, protese il braccio che sosteneva l'arto artificiale coperto ancora di fango, con la cinghia rotta penzoloni. Contentissimo, Douglas esclamò: «lo vi ringrazio, signori! » Ma poi, vedendo che il piede stava quasi parallelo alla caviglia, brontolò: «Accidenti, è fracassata ».
    « Molto meno del suo aereo» rispose l'ufficiale. « L'abbiamo trovata fra i rottami. »
    « Senta» disse Douglas, rifattosi gentile. «Crede che i suoi ragazzi all'aeroporto possano ripararla? »
    L'ufficiale rifletté, poi rispose: «Forse! Gliela porteremo e sentiremo cosa dicono ».
    E, dopo uno scambio di complimenti reciproci, l'ufficiale tedesco salutò battendo i tacchi e se ne andò.
    La mattina dopo l'ufficiale tedesco tornò, camminando sempre impettito come se fosse a una parata, salutò Dpuglas, e mentre stava dicendo: «Signor comandante; noi abbiamo portato vostra gamba » il militare instivalato fece un altro ingresso drammatico, e dopo essersi fragorosamente fermato sull'attenti, porse la gamba.
    Era molto diversa dalla protesi infangata del giorno prima: pulita e lucidata, col piede fissato solidamente nella posizione giusta.
    Douglas la prese; la cintura era stata riparata a dovere, con l'aggiunta di un tratto in cuoio di ottima qualità, le ammaccature erano state eliminate, e persino i cuscinetti di gomma della caviglia erano stati sostituiti, ridando elasticità al piede.
    « Va bene, cosi?» domandò ansiosamente l'ufficiale tedesco.
    Stupito e commosso, Douglas esclamò: «È un lavoro magnifico! siete stati veramente gentili a ripararla. La prego di ringraziare infinitamente, a nome mio, i ragazzi che hanno fatto questo ottimo lavoro! »
    Douglas infilò le protesi, scese dal letto, e si mise a zoppicare avanti e indietro per la stanza, sotto lo sguardo degli altri, che lo fissavano incantati.
    Felici e raggianti, i due tedeschi alla fine se ne andarono
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    Messaggio  Red_Group Lun Dic 08, 2008 2:50 pm

    L’incontro con Galland
    Mezz'ora dopo, l'infermiera tedesca gli portò gli abiti.
    Douglas cominciò subito a pensare al modo per uscire dall'ospedale.
    Era ancora li a rimuginare pensieri di fuga, quando tornò il giovane conte, inappuntabile come sempre.
    Il conte, decorato con la croce di cavaliere, disse subito a Douglas che l'Herr Oberstleutnant Galland, che comandava l'aeroporto di Wissant, vicino a Saint Omer, lo aveva incaricato di porgere i suoi ossequi all'Herr Oberstleutnant Bader, e di dirgli che si sarebbe sentito onorato se avesse accettato di essere suo ospite per il tè.
    «Non cercheremo di ottenere informazioni da lei» aggiunse sinceramente.
    «Il comandante desidera soltanto conoscerla. Come dite voi Inglesi, siamo camerati, anche se combattiamo da parti opposte. »
    Douglas era imbarazzato.
    Rifiutare sarebbe stata una scortesia; e poi, anche lui desiderava conoscere Galland, col quale, forse, si era già incontrato in combattimento.
    Quel gesto riportava nei rapporti fra nemici un soffio dell'antica cavalleria, cancellata definitivamente dal concetto moderno della guerra. E, oltre tutto, gli offriva anche l'occasione buona per spiare un po' in giro, per studiare l'organizzazione di un aeroporto nemico.
    "Chissà ch'io non possa tornare a casa con un Messerschmitt" pensò.
    « Ne sarò veramente lusingato» rispose.
    « Gut!» esclamò il conte, raggiante. «Un'auto verrà a prenderla. »
    L’ auto si fermò accanto a una bella casa colonica di mattoni rossi, davanti alla quale attendevano diversi ufficiali tedeschi.
    Quella casa era la mensa degli ufficiali dell'aeroporto.
    Appena Douglas scese, un uomo di bell'aspetto, che aveva circa la sua età, capelli scuri e due baffetti sottili, si fece avanti; dal collo gli pendeva la croce di ferro con fronde di quercia e spade, quasi la massima onorificenza tedesca.
    « Galland» disse l'ufficiale, porgendogli la mano.
    Douglas gliela strinse.
    Gli altri ufficiali si fecero avanti a turno, scattando sull'attenti a mano a mano che gli venivano presentati.
    Poi Galland gli fece strada.
    Seguiti da tutti gli altri ufficiali, percorsero il vialetto del giardino e giunsero a uno spiazzo ombreggiato da un pergolato basso e lungo, dove, con grande stupore di Douglas, era sistemata una ferrovia in miniatura, molto elaborata, che occupava la maggior parte dello spiazzo.
    Galland premette un pulsante, e trenini minuscoli presero a sfrecciare passando davanti alle stazioni in miniatura, superando scambi e segnali, gallerie e trincee.
    L'ufficiale tedesco si volse a fissare Douglas con occhi sfavillanti, quasi fosse un ragazzino che si diverte un mondo con un bel giocattolo, e l'interprete spiegò:
    «Questo è il luogo dove l'Herr Oberstleutnant ama trascorrere il suo tempo, quando non vola».
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    Messaggio  Red_Group Lun Dic 08, 2008 2:51 pm

    Dopo, attraversarono un boschetto e si recarono in un capannone, dove..si trovava un Messerschmitt 109.
    Douglas rimase come affascinato a guardare l'aereo, e Galland lo invitò gentilmente a salire. Douglas fece stupire tutti per la facilità con la quale prima salì sull'ala, e poi, senza aiuto, afferrata la gamba artificiale, la fece roteare e s'infilò nell'abitacolo.
    Mentre guardava con occhio esperto gli strumenti sul cruscotto, nella sua mente ribollivano pazzeschi pensieri di fuga con quell'aereo.
    Douglas si rivolse all'interprete:
    «Può chiedere all'Herr Oberstleutnant se posso decollare e fare un giro di prova con questo aereo? »
    Galland rispose ridendo,... e l'interprete tradusse con un sorriso.
    «Ha detto che, se decollerà, anche lui decollerà subito dietro di lei. »
    «Sta bene» ribatté Douglas, fissando Galland con il cuore pieno di speranza. «Proviamo, dunque. »
    Galland rise ancora, e rispose che in quel momento non era di servizio.
    Quando scese dall'aereo, Douglas si guardò in giro, e scorse il mare, oltre il quale gli parve di intravedere le bianche scogliere di Dover.
    Per un momento si senti soffocare dalla nostalgia, pensando che l'Inghilterra non doveva distare più di quaranta miglia.
    Presero il tè nella mensa della casa colonica, e camerieri in giacca bianca servirono panini e vero tè inglese, probabilmente bottino di guerra.
    Pareva di essere nella mensa di un aeroporto della R.A.F., solo che le uniformi erano diverse, ed era diversa anche l'atmosfera, cosa del resto comprensibile.
    Tutti sorridevano, si sforzavano di apparire cordiali, ma ci riuscivano soltanto a fatica e la discussione continuava su un tono freddamente convenzionale.
    Galland regalò a Douglas un barattolo di tabacco inglese, e quando lo accompagnò all'auto, gli disse: «Mi ha fatto molto piacere conoscerla.Temo che lei si troverà meno bene in un campo di prigionia, ma se potrò fare qualcosa per esserle utile, la prego di farmelo sapere ».
    Poi gli sorrise amichevolmente, gli strinse la mano e lo salutò battendo i tacchi e inchinandosi.
    Douglas sali in macchina e tornò all'ospedale.
    Quella sera stessa, un soldato tedesco entrò nella sua camera, e in un inglese semplicemente atroce gli disse: «Herr Kommandant, siete pregato di tenerfi pronto per domattina alle otto, perché dofete essere trasferito in Germania ».
    Il tedesco batté i tacchi, salutò e, fatto dietrofront, uscì.
    Douglas rimase seduto sul letto, come stordito

    Tratto da Reach for the sky

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