Dapprima si tolse il casco e la maschera, poi tirò la pallina di gomma sopra la sua testa; il tettuccio schizzò via e un sibilo frastornante riempi l'abitacolo.
Lo spinotto della cintura di sicurezza si staccò, e Douglas si afferrò ai bordi dell'abitacolo per sollevarsi, domandandosi se ce l'avrebbe fatta a uscire, dato che non poteva spingersi con le gambe.
Lottando disperatamente, riusci a sollevare la testa oltre il parabrezza, e subito si senti risucchiare fuori dalla corrente d'aria che lo sferzava.
La parte superiore del corpo era già fuori.
Era uscito dall'abitacolo... No!
Qualcosa lo tratteneva per una gamba.
Il piede inerte della gamba destra era rimasto impigliato nell'abitacolo, l'aereo precipitava, trascinandolo in un incubo fatto di frastuono, di vento, in un'agonia che pareva non dovesse aver fine, e lui era li, impotente.
La caduta continuò... sino a quando i lacci che tenevano la protesi finalmente si ruppero.
Douglas fluttuava, tranquillo.
Il sibilare e lo sferzare del vento erano cessati.
Sulla sua testa il cielo era sempre azzurro, sotto si stendeva uno strato di nubi; Douglas vi sprofondò, lo attraversò in pochi secondi e sotto di sé scorse la campagna verde, chiazzata di macchie dorate là dove il sole filtrava fra le nubi.
Qualcosa sbatacchiava, sferzandogli il volto: la gamba destra dei calzoni, vuota, squarciata lungo la cucitura.
Dalla fenditura spuntava, indecente, la pelle bianca del moncone.
La protesi della gamba destra se n'era andata. "Che fortuna" pensò, "aver perso le gambe e averne di artificiali, sostituibili!"
Altrimenti sarebbe morto precipitando con l'aereo.
E un altro colpo di fortuna era di non dover atterrare su quella rigida gamba metallica, altrimenti si sarebbe rotto la spina dorsale.
Douglas non rifletté che, per prendere terra, gli restava soltanto mezza gamba.
La terra, che pochi secondi prima pareva tanto remota, si avvicinava con una rapidità impressionante.
"Accidenti! Sto per cadere su un cancello!"
Douglas tirò alcune corde per far sfuggire l'aria dal paracadute, per spostarsi lateralmente, e toccò terra goffamente, senza provare altro che un lieve dolore alle costole, quando il ginocchio gli urtò contro il petto.
Tre soldati tedeschi, vestiti di uniformi grigie, si chinarono su di lui e lo liberarono dalle cinghie del paracadute e dal giubbotto di salvataggio "Mae West"; poi lo sollevarono e lo portarono di peso fino a un'auto parcheggiata in un viale.
Lo spinotto della cintura di sicurezza si staccò, e Douglas si afferrò ai bordi dell'abitacolo per sollevarsi, domandandosi se ce l'avrebbe fatta a uscire, dato che non poteva spingersi con le gambe.
Lottando disperatamente, riusci a sollevare la testa oltre il parabrezza, e subito si senti risucchiare fuori dalla corrente d'aria che lo sferzava.
La parte superiore del corpo era già fuori.
Era uscito dall'abitacolo... No!
Qualcosa lo tratteneva per una gamba.
Il piede inerte della gamba destra era rimasto impigliato nell'abitacolo, l'aereo precipitava, trascinandolo in un incubo fatto di frastuono, di vento, in un'agonia che pareva non dovesse aver fine, e lui era li, impotente.
La caduta continuò... sino a quando i lacci che tenevano la protesi finalmente si ruppero.
Douglas fluttuava, tranquillo.
Il sibilare e lo sferzare del vento erano cessati.
Sulla sua testa il cielo era sempre azzurro, sotto si stendeva uno strato di nubi; Douglas vi sprofondò, lo attraversò in pochi secondi e sotto di sé scorse la campagna verde, chiazzata di macchie dorate là dove il sole filtrava fra le nubi.
Qualcosa sbatacchiava, sferzandogli il volto: la gamba destra dei calzoni, vuota, squarciata lungo la cucitura.
Dalla fenditura spuntava, indecente, la pelle bianca del moncone.
La protesi della gamba destra se n'era andata. "Che fortuna" pensò, "aver perso le gambe e averne di artificiali, sostituibili!"
Altrimenti sarebbe morto precipitando con l'aereo.
E un altro colpo di fortuna era di non dover atterrare su quella rigida gamba metallica, altrimenti si sarebbe rotto la spina dorsale.
Douglas non rifletté che, per prendere terra, gli restava soltanto mezza gamba.
La terra, che pochi secondi prima pareva tanto remota, si avvicinava con una rapidità impressionante.
"Accidenti! Sto per cadere su un cancello!"
Douglas tirò alcune corde per far sfuggire l'aria dal paracadute, per spostarsi lateralmente, e toccò terra goffamente, senza provare altro che un lieve dolore alle costole, quando il ginocchio gli urtò contro il petto.
Tre soldati tedeschi, vestiti di uniformi grigie, si chinarono su di lui e lo liberarono dalle cinghie del paracadute e dal giubbotto di salvataggio "Mae West"; poi lo sollevarono e lo portarono di peso fino a un'auto parcheggiata in un viale.