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    Caso Comet

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    Messaggio  Staff Dom Set 07, 2008 5:22 pm

    Caso Comet I346937_mikCometF4
    Alle ore 9.31 del 10 gennaio 1954 il Comet G-ALYP (c/n 6003) decolla dalla pista di Ciampino diretto a Londra, via Parigi.
    Alle 9.50 la radio di bordo comunica la posizione, « sulla verticale di Orbetello a 27.000 piedi », e l'equipaggio inizia una conversazione con un altro velivolo della B.O.A.C.
    Il messaggio si interrompe bruscamente:
    il jet scompare dallo spazio aereo italiano con 34 passeggeri e 6 membri della British Overseas Airlines Company.
    Qualche giorno più tardi alcuni pescatori diranno di aver visto «qualcosa» precipitare in fiamme 2 miglia a largo dell'isola d'Elba.
    E’ il secondo incidente che colpice il De Havilland 106 Comet, il primo velivolo a getto in servizio di linea, ed ha preoccupanti analogie con quanto è successo nel cielo di Calcutta il 2 maggio 1953, quando il G-ALYV (c/n 6008) era caduto dopo il decollo mentre imperversava un violento temporale.
    L'11 gennaio la compagnia inglese sospende i voli a getto e nomina una speciale commissione per far luce sul « male oscuro» che colpisce il Comet.
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    Messaggio  Staff Dom Set 07, 2008 5:22 pm

    Caso Comet I346938_mikCometF0
    I tecnici della B.OA.C., dell'A.R.B. (Air Registration Board) e della De Havilland lavorano su questa gamma di ipotesi:
    1 ) avaria di struttura primaria per raffica
    2 ) flutter dei piani di coda
    3 ) avaria ai comandi di volo
    4 ) rottura per fatica di strutture alari
    5 ) decompressione esplosiva in cabina
    6) incendio da impianto motore
    Quest'ultima, in particolare, viene ritenuta la causa più probabile; l'A.R.B. e la De Havilland studiano un programma di modifiche agli impianti dei turbogetti Ghost e alla fusoliera per salvaguardare la struttura in caso di incendio di un motore.
    Così il 23 marzo 1954 il Comet riprende le vie del cielo.

    Caso Comet I346940_mikCometF10
    L'8 aprile, a soli 16 giorni di distanza, il G-ALYY (c/n 6012) della linea Roma-Cairo s'inabissa al largo di Paola (RC) mezz'ora dopo il decollo da Ciampino.
    Tre casi, tre decolli, 105 morti.
    Il certificato di aeronavigabilità viene ritirato, tutti i Comet sono messi a terra, la commissione riapre i dossier appena riposti.
    Ha inizio la più lunga, drammatica, affascinante indagine della storia dell'aviazione.
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    Messaggio  Staff Dom Set 07, 2008 5:23 pm

    Caso Comet I346943_mikCometF11
    La De Havilland chiede l'intervento del R.A.E. (Royal Aircraft Establishment) e mette a disposizione il G-ALYR per le prove di flutter dei piani di coda e il G-ANAV per le prove di pressione.
    Nel frattempo si cerca la chiave del segreto in fondo al Tirreno, la Royal Navy impiega quasi cinquanta navi per scandagliare le zone di caduta dei velivoli:
    i rottami del G-ALYP sono rintracciati a 200 metri di profondità, i resti del G-ALYY giacciono invece nel fondo inaccessibile di un crepaccio (non molto distanti dal punto in cui, dieci anni più tardi, sorgerà un vulcano sottomarino).
    Mentre ferve il lavoro dei sub intorno al relitto del G-ALYP, la commissione procede per esclusione esaminando ordinatamente le ipotesi originarie.
    La prima voce ad essere cancellata è l'esplosione da incendio motore, le modifiche apportate prima del terzo incidente sono tali da isolare subito qualunque principio di fiamma originato dai propulsori.
    L'esame delle condizioni meteo porta ad escludere che il Comet abbia incontrato raffiche di entità superiori ai 66 ft/sec, che è il limite massimo di sollecitazione sopportabile dalla struttura.
    Restano solo tre ipotesi:
    Flutter dei piani di coda,
    decompressione esplosiva della fusoliera,
    avaria ai comandi di volo.
    Una quarta possibilità, il sabotaggio, viene negata nel dossier investigativo che il gruppo speciale di Scotland Yard e i servizi segreti inviano da Roma.
    Senza esito sono pure gli esami del carburante e le procedure di rifornimento in uso nell'aeroporto di Ciampino.
    Così il G-ANAV viene autorizzato a decollare con apparecchiature di rilevazione dati e un gruppo di progettisti per esplorare i limiti estremi dell'inviluppo di volo nel tentativo di scoprire ulteriori condizioni di innesco del flutter nei piani di coda.
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    Messaggio  Staff Dom Set 07, 2008 5:24 pm

    Nel frattempo la Royal Navy trasmette i primi dati sommari sulla planimetria dei rottami e un particolare sembra dare corpo alla ipotesi di un effetto aeroelastodinamico distruttivo:
    la coda giace a notevole distanza dalla fusoliera.
    Si intensificano i voli del G-ANAV, ma l'unico risultato del programma è la conferma della esattezza dei calcoli di progetto, la velocità massima del Comet è molto inferiore alla « velocità di flutter».
    Intanto una osservazione di fondo ha portato la commissione d'inchiesta a indagare sulla possibilità che il Comet sia esploso in volo per una improvvisa decompressione della fusoliera:
    in tutti i casi l'equipaggio non ha avuto il tempo di lanciare il « may day».
    Cio escluderebbe l'avaria ai comandi.
    L'attenzione si sposta su una prova che nel frattempo ha già preso il via nei laboratori RAE. Di Farnbourough, dove la fusoliera del G-ALYU viene sollecitata a oltranza per simulare ripetitivamente la sequenza di pressurizzazione di un volo di linea.
    E’ un test di resistenza a fatica e la cabina immersa in una vasca d'acqua per evitare i rischi di una improvvisa esplosione, viene pressurizzata e depressurizzata secondo lo « spettro di carico»;
    poi, al termine di ogni gruppo di 1.000 voli, subisce una prova a pressione differenziale fino a 130%
    (0,8 atm).
    Al cicio numero 1.830 sul bordo esterno di un finestrino di sinistra comincia a comparire una vistosa linea di frattura che preclude al cedimento del pannello di fusoliera.
    I tecnici accertano che la tensione nominale nel punto di rottura è di 28 Kg/mm m2, un valore molto più elevato di quello assunto dalla De Havilland e che corrisponde ad una rottura a fatica dopo solo 3.000 cicli di pressurizzazione (lega DTD 546).
    Questo nuovo limite coincide per l'appunto con la somma dei cicli effettuati dal G-ALYU (3.060) che aveva già totalizzato 1.230 voli prima della « prova in vasca ».
    I progettisti hanno commesso un errore fatale nella stima della vita a fatica, la struttura del Comet è molto più sollecitata di quanto si crede e per questo ha ceduto assai prima del limite fissato dalla De Havilland.
    L'errore assume tutta la sua gravità quando si contano i voli compiuti dal G-ALYP e dal G-ALYY, rispettivamente 1.290 e (solo) 900!
    La Royal Navy consegna poi i rottami recuperati in fondo al Tirreno e la commissione può ricostruire la dinamica del disastro del G-AL YP accertando che, in seguito a fatica del materiale, si era prodotto un inizio di rottura nella flangia di fissaggio della carenatura del radiocompass.
    Nei voli successivi la frattura si era propagata sotto l'effetto delle sollecitazioni di volo, finche durante l'ultima salita in quota dopo il decollo da Ciampino, il consueto aumento della pressione differenziale aveva sollecitato la fusoliera propagando il « crack» e sovraccaricando la zona dei finestrini.
    In seguito varie fatture erano partite dagli angoli dei finestrini rettangolari, seguite dalla disintegrazione totale del velivolo:
    la coda e la cabina di pilotaggio si erano distaccate dalla fusoliera, l'ala era esplosa al contatto con l'acqua.
    La commissione cosi conclude il suo rapporto:
    « ... siamo dell'opinione che l'incidente dell'Elba fu causato da avaria strutturale della cabina pressurizzata generata da fatica.
    Ciò è giustificato dal fatto che la bassa resistenza a fatica della cabina è stata dimostrata a mezzo di prova in vasca;
    che la cabina è stata la prima parte del velivolo che ha ceduto nell'incidente;
    che l'esame del relitto indica che la rottura della cabina fu dello stesso tipo di quella manifestatasi nelle prove a fatica »

    Antonio Mancino
    JP4, Agosto 1970

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