Hans Ulrich Rudel
Dall’Ombrello allo Stuka
Nel 1924 ho otto anni e vivo con la mia famiglia nella casa parrocchiale di Seiferdau, in Slesia, dove mio padre è pastore protestante.
Una domenica, il babbo e la mamma vanno ad assistere ad una «giornata dell'ala» all'aeroporto di Schweidnitz, e vi conducono le mie sorelle.
Io devo rimanere a casa.
E’ facile immaginare la mia disperazione e poi, al loro ritorno, il fuoco di fila delle mie domande.
Le bambine mi raccontano quanto hanno visto;
ma quel che mi colpisce è la descrizione di un uomo che, attaccato ad un paracadute, s'e lasciato cadere da un aeroplano giungendo a terra sana e salvo.
Le costringo a disegnarmi il paracadute, poi riesco a farmi cucire da mia madre, con gli scampoli, una piccola calotta.
Vi attacco sotto un sassolino e quando, dopo averlo lanciato in aria, lo vedo discendere lentamente, sono il bambino più felice di questo mondo.
Da quel momento, penso soltanto al paracadute, a come posso usarlo:
questo «grave» problema mi toglie sonno e appetito.
La domenica seguente, i genitori mi lasciano ancora solo in casa.
Agguanto un ombrello e, tenendolo stretto nel pugno, salgo a due a due i gradini fino al primo piano, per fermarmi poi, tutto affannato davanti ad una finestra.
Ultima modifica di White_Group il Dom Nov 30, 2008 9:36 pm - modificato 1 volta.