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    Tenente Hans Joachim Marseille

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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 10:43 pm

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    Di tutti i piloti della caccia tedesca nella seconda guerra mondiale, quello che più decisamente eccitò la fantasia e l'immaginativa dei suoi concittadini, e che doveva divenire una leggenda paragonabile a quella di Douglas Bader nella RAF, fu Hans-Joachim Marseille.
    Oggi viene considerato come il più grande di tutti i piloti della caccia della Luftwaffe da autorità come Adolf Galland, Hans Ring e da altri suoi camerati che volarono in Africa insieme con lui.
    Alcuni degli avvenimenti a lui occorsi sono talmente incredibili che gli scettici delle nazioni alleate rifiutarono per molti anni di accettame la documentazione o anche soltanto di controllarla.
    Quelli che ebbero modo di vederlo in azione lo classificarono già in una categoria a parte quale magnifico tiratore aereo; la sua mira era cosi precisa che il suo gregario, che assisteva alle sue vittorie, veniva chiamato col soprannome di fliegendes Zahlwerk ( macchina addizionatrice volante).
    Il suo comandante in Africa, il colonnello Eduard Neumann : «Non c'era nessun altro come lui; riuscivo sempre a riconoscerlo dal modo in cui volava".
    Il suo gregario, Reiner Poettgen,:«Era il più grande di tutti i nostri piloti».
    Galland lo definisce: "un virtuoso, ineguagliato tra tutti i piloti da caccia della seconda guerra mondiale.
    I risultati che ha ottenuto sarebbero stati definiti impossibili, prima che lui vi riuscisse".
    Hans Ring, che ha parlato con un gran numero di piloti tedeschi che avevano volato con Marseille, dice che era il « più grande » di tutti gli « Experten» tedeschi.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 10:46 pm

    La missione di volo descritta in questo capitolo è l'unico racconto di questo libro che si riferisca a un pilota scomparso;
    è stato possibile ricostruirla unicamente perché esistono ancora moltissime informazioni particolareggiate e testimoni oculari del volo che andremo a esaminare.
    Il suo gregario è ancora vivo e abita a Colonia;
    il suo comandante è anch'egli tuttora in vita, a Monaco:
    ambedue erano in volo con lui durante quel memorabile episodio di cui ci si occupa in questo capitolo e ricordano, ancora oggi, persino qualcuna delle parole che allora furono scambiate.
    Oltre a questo, uno dei piloti abbattuti in quel giorno da Marseille ha dato la conferma degli avvenimenti, visti dall'altra parte, mentre uno sguardo alle perdite che la RAF ha subito in quella data ha dimostrato che le vittorie pretese da Marseille sono del tutto vere.
    Mi sono servito dei resoconti tedeschi di quel combattimento oltre che dei riconoscimenti confermati sulla base di quei rapporti, giungendo alla conclusione che le dichiarazioni di Marseille non sono state affatto gonfiate.
    Quando ci si riferisce alle vittorie di guerra è ovvio che vi sia sempre la possibilità che le informazioni, che è poi possibile ottenere dall'altra parte alla fine delle ostilità, debbano alterare alquanto il quadro e perciò il risultato ottenuto da Marseille deve essere considerato tenendo presente questa eventualità, che è valida per qualunque altro pilota da caccia.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 10:47 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Marseillef2lr0
    La carriera di Marseille fu molto breve.
    Nato a Berlino nel 1919 frequentò le scuole nella capitale e aveva diciannove anni quando scoppiò la guerra.
    Suo padre aveva prestato servizio, anch'egli nell'aeronautica, durante la prima guerra mondiale, e la famiglia discendeva da antenati di buona origine di ugonotti francesi.
    Marseille prese il brevetto di pilota ed era già un giovane sottotenente sul fronte occidentale quando, il 10 maggio 1940, cominciò l'offensiva tedesca contro la Francia e i Paesi Bassi.
    Era allora in forza al 52° Stormo da caccia e abbatté sette velivoli durante la campagna francese; trascorse quindi un breve periodo al 5° Stormo e poi venne trasferito al 27° Stormo poco prima della partenza per l'Africa di un gruppo dei suoi piloti; arrivò con loro nell'aprile del 1941 e, in qualcosa come poco più di un anno di guerra, abbatté centocinquantuno avversari.
    La sua morte, avvenuta il 30 settembre 1942, giunse quando la Luftwaffe era pervenuta al massimo del suo sforzo in Libia.
    Quanto valesse come pilota, per la Luftwaffe e per l'Africa Korps, può essere facilmente immaginato quando si pensi che soltanto nelle ultime quattro settimane di combattimenti, nel settembre del 1942, aveva abbattuto cinquantasette aeroplani nemici.
    In questo ultimo mese ebbe la sua più grande giornata abbattendo diciassette velivoli in tre voli successivi;
    dopo la guerra vi sono state delle contestazioni riguardo a queste conferme e vale la pena di dare una scorsa agli avvenimenti di quel giorno.
    Marseille raccontò di avere abbattuto due Spitfire e due Curtiss nella prima missione di volo del mattino; altri otto Curtiss (sia Tomahawk sia Kittyhawk) in un altro volo compiuto nella tarda mattinata su Alam el-Halfa e altri cinque Curtiss ,nel tardo pomeriggio, a sud di Imayid.
    È stato detto che ha abbattuto gli otto Curtiss del mattino in dieci minuti e gli altri cinque in sei;
    i quattro del primo volo richiesero undici minuti.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 10:55 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Marseillef13eb7
    Una così rapida e totale distruzione non era mai stata ottenuta prima di allora e sorsero interrogativi sia nella Luftwaffe, in quell'epoca, sia tra gli Alleati, dopo.
    A guerra finita fu detto, controbattuto da parte tedesca, che la RAF non aveva perso tanti velivoli in tutto il Medio Oriente, in quel giorno, quanti Marseille pretendeva di averne abbattuti.
    Tuttavia, la documentazione ufficiale registra tredici velivoli della RAF abbattuti e altri sei atterrati fuori campo perché danneggiati in combattimento: un totale cioè di diciannove; oltre a questi, altri caccia furono colpiti.
    Dei diciannove, due erano Spitfire, otto erano Curtiss e nove Hurricane; dato che i tedeschi confondevano spesso gli Hurricane con i Curtiss non è possibile essere eccessivamente pignoli finché tutte le perdite della RAF nel Medio Oriente non siano state accuratamente controllate sia come tempi sia come località.
    In altre occasioni, Marseille abbatté diversi velivoli del tipo dei Curtiss con grande rapidità e con pochissimi colpi: non sembra quindi logico concludere che non fosse possibile che avesse abbattuto parecchi Curtiss in pochi minuti.
    L'evidenza dei fatti accertati dimostra che non solo avrebbe potuto farlo, ma che anzi lo foce in diverse occasioni; non bisogna dimenticare che il Me 109 sul quale Marseille volava era un caccia di tipo decisamente superiore ai Curtiss o agli Hurricane che erano allora impiegati nel Medio Oriente.
    Le conferme date dalla Luftwaffe, oltre ai concordi pareri dei piloti che volavano con Marseille, sono elementi assolutamente positivi per affermare che le sue dichiarazioni erano del tutto realistiche
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 10:57 pm

    Soltanto pochi, tra i piloti alleati, tra i quali David McCampbell, della Marina degli Stati Uniti, e G.H. Dyson, della RAF, furono capaci di distruzioni paragonabili a quelle di Marseille, in un solo volo, McCampbell abbatté nove Zeke e ne danneggiò altri due nello stesso volo, nell'ottobre del 1944; come Marseille, McCampbell volava con un caccia di caratteristiche superiori, l’ F 6F, e gli Zeke avevano assunto una formazione difensiva non molto diversa dalla similitare adottata dai Curtiss nel Medio Oriente contro i 109, quella contro la quale la tattica di Marseille ebbe risultati cosi efficaci.
    Dyson, impegnato nella prima campagna africana, nel dicembre del 1940, abbatté sei Fiat CR 42, uno dei quali precipitò su un bombardiere SM 79 facendolo a sua volta precipitare, dando così alla RAF il massimo ottenuto in un solo volo: sette abbattimenti.
    La formazione denominata «Lufbery», che ebbe tanto successo nella prima guerra mondiale, sembra sia stata piuttosto vulnerabile, come manovra difensiva, contro piloti decisi e montati su velivoli molto più veloci di allora.
    Una delle principali ragioni per i successi di Marseille, secondo quel che hanno raccontato coloro che hanno assistito al suo sviluppo, fu la cura tutta particolare che il colonnello Eduard Neumann, suo comandante al 27° Stormo caccia, mise nell'assisterlo nella sua audacia e nel trattenere le sue esuberanze.
    Marseille fu trasferito al reparto proprio prima della sua partenza per l'Africa e aveva avuto qualche grana di carattere disciplinare sia al 2° sia al 5° Stormo; Neumann, che era allora comandante del gruppo e che divenne poi il Kommodore dello stormo quando questo fu riunito, ebbe molta pazienza nel seguire Marseille, il cui carattere si presentava decisamente riottoso.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 10:58 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Marseillef3xi8
    Aveva allora ventun anni e, come già durante le scuole e la campagna di Francia, era ancora un tipo fuori del normale sia nel comportamento sia nell'aspetto; anche nel volo e nelle relative tattiche si comportava in maniera fuori dell'usuale commettendo spesso infrazioni a quelle che erano le norme ufficialmente ammesse.
    Vestiva in maniera del tutto personale, era un appassionato del jazz, delle danze all'ultima moda, delle ragazze e, tutto sommato, avrebbe potuto divenire un grave problema sia nel campo disciplinare sia in quello morale.
    Una volta, in Germania, aveva atterrato su un'autostrada; in Africa, preso dalla rabbia, era andato in volo e aveva sparato una raffica mirando nei pressi della tenda dove viveva un suo superiore che si era rifiutato di dargli degli incarichi per delle missioni di combattimento.
    Recentemente, parlando di Marseille, il colonnello Neumann osservava:
    «Col suo coraggio avrebbe potuto essere un grave problema oppure un magnifico pilota da caccia.
    Nei primi tempi la sua personalità, oltre che la sua mancanza di disciplina, gli alienarono i sentimenti dei compagni.
    Però, quando si resero conto delle sue doti, della sua abilità e videro i risultati che otteneva, capirono le sue capacità di combattente, di comandante »
    Neumann si ,rifiutò di lasciarsi dominare dall'irrequietezza della persona e fece uno sforzo, opportunamente calcolato, per guadagnarsi il rispetto e la confidenza di Marseille, riuscendo perfettamente nel suo tentativo.
    È quello che accadde nella RAF con Bob Tuck, salvato da un probabile esonero dal pilotaggio, quando era ancora alla scuola di primo periodo, dalla comprensione dei superiori: anche il successo di Marseille fu probabilmente dovuto soltanto al fatto che Neumann intuì la poderosa capacità dell'individuo con il quale aveva a che fare.
    Secondo quanto narrano i suoi compagni sopravvissuti, le tattiche di combattimento di Marseille erano estremamente audaci; attaccava anche in condizioni o in circostanze che, universalmente, sarebbero state riconosciute come sfavorevoli.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:01 pm

    Quando i piloti nemici si chiudevano nella «Lufbery» per potersi difendere, lui non esitava a lanciarsi contro di loro; la teoria da tutti accettata era che chiunque attaccasse uno dei velivoli così circolanti sarebbe stato a sua volta attaccato dal pilota che era dietro al velivolo minacciato.
    Marseille era cosi esperto nel tiro che effettuava le sue puntate in picchiata oppure risalendo dal basso dopo una candela con la quale aveva preso velocità; molto spesso abbatteva uno dei velivoli in difensiva al solo primo passaggio, con una raffica di nemmeno un paio di secondi.
    Qualche volta entrava addirittura nella fila del circolo nemico.
    Un altro tipo di formazione che aveva l'abitudine di attaccare in quella che era considerata una posizione estremamente svantaggiosa era la «V»
    Si avvicinava dalla coda, esponendosi così al fuoco dei gregari per poter colpire il capo, che si trovava al centro; piombava con velocità sufficiente per sfuggire alla reazione dei caccia nemici che venivano a trovarsi sui suoi fianchi e strappava la vittoria con una veloce, ben mirata raffica; questa tattica fu da lui impiegata in più di un'occasione.
    La chiave del successo di Marseille era la quasi perfezione nel tiro aereo; abbatteva i nemici con un minimo spreco di munizionamento; il calcolo delle correzioni da apportare mentre picchiava, o mentre cabrava per colpire dal basso, era una sua specialità.
    Esercitandosi continuamente era divenuto talmente preciso (e fiducioso in se stesso) nel tiro in manovra, che aveva studiato un sistema in base al quale sparava mentre il velivolo nemico, che virava davanti a lui, stava sparendogli sotto il muso del 109; dopo una breve raffica non prestava più attenzione alla vittima che aveva avuto davanti e si concentrava nella mira contro il caccia che lo seguiva nel circolo che aveva davanti a sé.
    La sua abilità di pilotaggio era, ovviamente, fuori del normale.
    Durante tutto quello che fu il suo ultimo anno di combattimenti, nel quale raggiunse più di centocinquanta vittorie e divenne il più grande asso del fronte occidentale di tutta la guerra, il suo velivolo non venne mai colpito.
    Le sue manovre erano più veloci di quelle della media dei vari piloti e, nonostante che la cosa possa apparire più una leggenda che una realtà, i suoi compagni di volo ancora viventi sono concordi nell'affermare, senza ombra di dubbio, che il Me 109 di Marseille originava una scia di condensazione dall'estremità delle ali quando nessun altro nella formazione faceva altrettanto: tra quelli che confermano un simile fatto citiamo Neumann e Poettgen.
    Aveva una vista acutissima,e le ottime condizioni meteorologiche e l'eccellente visibilità che usualmente si presentavano in Africa lo mettevano in condizioni di volare con regolarità e di mirare esattamente nel punto prescelto.
    Data la superiorità del suo velivolo,e la fiducia che aveva in se stesso, trovatosi sotto la guida di un esperto comandante, Marseille poté impiegare le sue capacità per dare un formidabile apporto allo sforzo che il suo paese stava facendo in campo aereo

    I suoi compagni di volo, qualche volta con simpatia e qualche altra in ben diversa guisa, furono .le vittime del suo continuo esercitarsi nelle puntate per il tiro quando la squadriglia rientrava dalle sue missioni di volo.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:03 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Mkremarseillef4et2
    Il Duello

    Il giorno cominciò nella massima calma, i piloti del 27° Stormo gironzolavano con indosso la camicia kaki estiva e Marseille aveva indossato le calze bianche e le scarpette da tennis con le quali era abituato a volare; cosi vestito si sentiva libero dal complesso di giubbe impellicciate, combinazioni da volo, e altri equipaggiamenti che tanto infastidivano i piloti in climi più freddi o in alta quota.
    Le forze del 27° Stormo erano inferiori, come numero, a quelle nemiche, ma il morale a Martuba era alto e Marseille era uno dei motivi di questo spirito aggressivo e della fiducia di tutti i piloti.
    Un centinaio di miglia più a oriente, a Gambut, una base della caccia della RAF, il 5° Gruppo sudafricano stava predisponendo le operazioni della giornata.
    I piloti dei P 40 Tomahawk ricevettero l'ordine di effettuare, nella tarda mattinata, una crociera sulla fortezza assediata di Bir Hacheim e, mentre gli specialisti controllavano i velivoli, i piloti si preparavano per il decollo.
    A Martuba, quella stessa mattina, giunsero ordini di volo soltanto per un limitato numero di caccia tedeschi.
    Una pattuglia di sei, condotta da Marseille, avrebbe scortato gli Stuka che dovevano bombardare Bir Hacheim; il decollo era stato fissato per le 11.30.
    I piloti della prima e della seconda squadriglia si misero a riposo mentre i sei prescelti, compreso Marseille e il suo gregario, il sergente Reiner Poettgen, cominciarono a prepararsi per il volo.
    Il sole era caldo e c'era poco vento ma, a parte questo, il tempo era ottimo; Marseille ebbe ben pochi ordini da dare ai propri uomini perché la missione era una delle solite: tutti avevano già scortato i bombardieri in picchiata.
    Poco dopo le undici i sei uomini s'incamminarono verso i decentramenti riparati dai fusti di benzina dove i Me 109 F, dai lunghi musi, erano stati approntati.
    Erste Wart Meyer, il capospecialista di Marseille, lo aiutò a legarsi nell'abitacolo e a chiudere il tettuccio; scambiando qualche parola ogni tanto, attendeva sull'ala destra con la manovella in mano, in attesa del segnale del pilota mentre un altro motorista stava sull'ala sinistra.
    Il numero 14, in cifre alte poco più di un metro, era dipinto con vernice gialla proprio dietro il posto di pilotaggio su ambedue le fiancate della fusoliera.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:05 pm

    Soddisfatto delle condizioni in cui era il velivolo, Marseille fece un segno con la mano destra accennando col capo e ordinando: « Los! »
    Lo specialista si mise a far girare la manovella e il sibilare della massa rotante cominciò a farsi sempre più acuto mentre il pilota aspettava che divenisse un fischio; allora schiacciò il pulsante della messa in moto e il motore Daimler-Benz da millecinquecento cavalli cominciò a borbottare, emettendo fumate nere dai sei tubi di scarico che si affacciavano dalle cappottature del muso, quindi si mise a rombare decisamente.
    L'elica a tre pale prese a girare sempre più velocemente, divenendo un'ombra appena percettibile, mentre il vento scuoteva le leggere uniformi degli specialisti.
    I due uomini saltarono giù dall'ala a un cenno di Marseille che, facendo sollevare un nuvolone di polvere e di sabbia alle sue spalle, si mosse per far uscire dal riparo il suo caccia dalle lunghe ali.
    Altri cinque velivoli prendono a muoversi dai loro ricoveri mimetizzati, segnalandosi per il polverone che sollevano; dato che la sabbia è di grana grossa e pesante i piloti evitano di rullare l'uno dietro l'altro e perciò la formazione avrebbe decollato in coppie, ciascuna spostata di fianco rispetto alla precedente, quasi in linea di fronte.
    Marseille, che in codice ha il nominativo di « Elbe 1 » si porta sulla testata settentrionale del campo e si mette in direzione sud-sud-est: due caccia sono sulla sua destra e altri tre sulla sinistra; un'occhiata agli strumenti, ai compensa tori, al parzializzatore del liquido di raffreddamento, poi comincia a spingere in avanti la manetta.
    Il Daimler-Benz emette un ruggito che si sente a miglia di distanza e il caccia comincia a muoversi; gli altri lo seguono e il rumore diviene ancor più forte.
    Gli aeroplani rombano sempre più veloci, nascosti dalla polvere che sollevano e decollano dal campo.
    Marseille inizia una leggera virata mentre fa rientrare il carrello e ben presto i sei 109 diventano piccole sagome che rimpiccoliscono fino a sparire a sud-est, nel cielo della mattinata.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:08 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Marseillef14uc8
    Sono le 11.32.
    Gli Stuka effettueranno il lancio da bassa altezza , perciò Marseille non fa molta quota; controlla le armi, il cannoncino da venti millimetri del muso e le due mitragliatrici da sette e nove (il Me 109 F ha un solo cannoncino mentre l’ E ne aveva due); un pallido cerchio giallastro compare nel vetro del collimatore e intanto il pilota si guarda intorno nel cielo per cercare gli Stuka che deve scortare su Bir Hacheim.
    Un centinaio di miglia più a oriente, dall'aeroporto di Gambut dove è dislocato il 5° Gruppo sudafricano, decollano i caccia britannici; sono quaottordici o sedici Tomahawk P 40, che si mettono in rotta verso sud-ovest per andare a proteggere Bir Hacheim.
    Invece delle croci, sulle loro ali sono dipinti dei cerchi rossi e blu, mentre sulla fusoliera sono blu bianco e rosso.
    Marseille avvista ben presto gli Stuka nella zona prevista per l’incontro e allora fa allargare la propria pattuglia per dar loro il massimo di protezione.
    I bombardieri, pesantemente caricati, sono poco veloci e i 109, con le manette ridotte, effettuano delle lente « S » sopra di loro per rimanere in posizione di scorta senza però perdere troppa velocità, il che li renderebbe molto vulnerabili in caso di attacco.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:09 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Marseilleflight
    Marseille e Poettgen sono più in avanti e più in alto rispetto ai grossi .Ju 87, che si tengono a bassa quota, milleduecento metri; tutti si guardano intorno, ma il cielo è perfettamente sgombro.
    Le colline della Cirenaica sono ormai scomparse alle spalle e davanti a loro si stende la pianura piatta e giallastra mentre Ain el-Gazala compare sulla sinistra.
    La squadriglia prosegue il suo volo, sempre diretta a sud-est; è già mezzogiorno e Bir Hacheim dista una ventina di minuti di volo.
    Gli Stuka, con la bomba a bordo, due uomini di equipaggio e i loro quasi quattordici metri di apertura alare, non fanno più di centosessanta miglia orarie, il che obbliga i caccia a zigzagare per mantenere una sufficiente velocità in caso di sorpresa; ma nessun nemico è in vista.
    Sono le 12.10; una cinquantina di migaia più a oriente, a circa una dozzina di minuti di volo da Bir Hacheim, vi sono i velivoli britannici che si recano anch'essi all'appuntamento sullo stesso obiettivo.
    Vanno più veloci della formazione tedesca, lenta e pesante; i Piloti non vedono niente in giro per il cielo, mentre scrutano verso sud-ovest nello splendore abbagliante della luce meridiana.
    Adesso gli Stuka e i caccia che li circondano cominciano a distinguere Bir Hacheim e i piloti dei bombardieri cominciano a mettersi in fila indiana per prepararsi alla picchiata mentre i mitraglieri si guardano intorno per cercar di vedere se vi sono in giro dei caccia britannici, che potrebbero trovarsi in attesa nel cielo dell' obiettivo.
    Ma forse quella sarà una missione semplice, anche se questa è la seconda incursione su Bir Hacheim e la pressione degli italiani e dei tedeschi si mantiene costante.
    Gli Stuka si avvicinano al bersaglio e si preparano alla virata d'inizio della picchiata... i piloti manovrano per mantenersi in fila per la manovra d'attacco mentre Marseille e i 109 si sono portati alquanto più a occidente di Bir Hacheim.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:10 pm

    Sono le 12.21.
    « Horridoh!»
    L'urlo arriva di colpo negli auricolari dei piloti tedeschi: "Nemici alle spalle », avverte qualcuno.
    Marseille si gira e scorge i Tomahawk più alti dietro di loro: quelli del 5° Gruppo sudafricano.
    I Ju 87 sono già in candela e le bombe cominciano a scoppiare su Bir Hacheim da dove soltanto la contraerea leggera reagisce.
    Marseille cabra un poco e, automaticamente, i Me 109 si separano a coppie; il capo formazione è il più alto di tutti.
    I Tomahawk, leggermente più scuri di colore, arrivano con una buona velocità come se volessero buttarsi sugli Stuka, ma di colpo si accorgono del 109 !
    Qualcuno di essi cambia rotta e, da ambedue le parti, i piloti cominciano a sentire la tensione.
    Marseille si mette in rotta d'intercettazione e arriva adesso al loro livello continuando a far quota mentre gli Stuka, usciti dalla picchiata, si stanno rimettendo in pattuglia dirigendosi verso nord-ovest.
    Il comandante della formazione dei Tomahawk vira a destra e si mette a circolare per avvantaggiarsi della capacità che hanno i suoi velivoli di virare più stretto.
    La loro quota è di millecinquecento metri, Marseille è più alto e si avvicina, con Poettgen in posizione a un centinaio di metri sulla sua sinistra, esaminando gli avversari che continuano a circolare, nella loro formazione chiusa, in difensiva.
    Giallo 14 vuole attaccare la «Lufbery»: i Tomahawk non sono a più di una sessantina di metri l'uno dall'altro, con le ali molto inclinate nella virata stretta.
    Marseille spinge la leva in avanti e comincia a picchiare, seguito dal gregario.
    Il 109, picchiando, acquista velocità e si avvicina alla « Lufbery », ne raggiunge la quota, ma continua verso il basso; poi Marseille tira la leva e il muso giallo del 109 si alza verso il circolo mentre fissa gli occhi su un Tomahawk.
    L'ala del P 40 s'ingrandisce, si allarga sempre più... tocca adesso il bordo del cerchietto luminoso, ormai è a una quarantina di metri dalla sua vittima, col velivolo in cabrata a destra, dietro al nemico; allora preme ambedue i bottoni di sparo delle armi: cannone e mitragliatrici esplodono e vibrano.
    La breve raffica centra il motore e scorre velocemente verso la coda.
    Marseille adesso cabra ancora il velivolo portandosi di nuovo al di sopra della formazione, che continua a virare.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:13 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Thalerhof_1941-marseille
    Il P 40 si lascia dietro una scia di fumo, esce dal circolo e precipita in basso: la puntata ha avuto la durata di qualche secondo.
    Marseille si mette in volo orizzontale al vertice della virata: il Tomahawk, mortalmente ferito, sta ancora precipitando in candela lasciandosi alle spalle una scia verticale di fumo, poi si infrange al suolo esplodendo.
    Gli altri continuano nella manovra difensiva che terrebbe lontani molti attaccanti, ma non certo Marseille, che picchia di nuovo prendendo velocità mentre adocchia un nuovo bersaglio.
    Con una manovra calcolata fino all'attimo esce dalla candela, vira strettamente sulla destra piombando esattamente in coda di un'altra vittima predestinata di quel circolo; il suo velivolo è tanto veloce che il caccia che gli è alle spalle non fa nemmeno in tempo a prenderJo di mira. Dirige, per qualche secondo, diritto sul nemico poi preme i bottoni e le armi urlano ancora; un'altra valanga di metallo da una quarantina di metri o poco più va a concentrarsi nel motore che gli è davanti. (Marseille, aveva il sistema di sparare appena il nemico gli spariva sotto il muso; l'intera raffica, sparata nell'esatta direzione e molto da vicino, di solito andava a finire nel motore o nel posto di pilotaggio.)
    Anche il secondo nemico emette fumo e esce dalla formazione mentre Poettgen guarda ammirato.
    Marseille picchia, poi riprende a cabrare, ma questa volta, nel tornare indietro, si avvicina alla «Lufbery» molto più veloce di quanto non lo fosse dopo la prima raffica; nel frattempo la seconda vittima sta precipitando verso terra, da cui dista poco più di mille metri: i caccia, sempre circolanti, stanno perdendo quota continuamente e intanto Marseille ha le dita sui grilletti e lo sguardo puntato attraverso il vetro del collimatore mentre vira a destra, pronto a entrare nel circolo per il terzo attacco.
    Ha calcolato la virata in modo da penetrarvi proprio dietro la vittima prescelta, cabrando attraverso la «Lufbery », allenta un attimo la leva e, per uno o due secondi, è in posizione di sparo.
    In quel preciso istante le armi del 109 dal muso giallo sputano un'altra massa di pallottole che, per la terza volta, vanno ancora a segno perché anche questo velivolo comincia a fumare.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:14 pm

    Marseille è nuovamente più in alto della formazione nemica, dà un'occhiata alla scena che si offre ai suoi occhi sotto di lui e, nel riprendere la manovra, sta già scegliendo la quarta vittima. Questa picchiata è ancora più veloce delle altre; mentre l'ultimo nemico colpito e avvolto nel fumo scende verso terra, il 109 vira di nuovo verso i Tomahawk.
    Picchia, virando strettamente a destra, e intanto Marseille calcola tempo e distanza: l'apertura alare del velivolo riempie il cerchietto luminoso, poi scompare sotto il muso del 109.
    Pigia i bottoni ma il cannoncino non spara più, si è inceppato!
    Però le due mitragliatrici funzionano e le loro raffiche convergono nello stesso punto del muso del Tomahawk; pezzi di lamiera si staccano volandosene via, il motore emette fumate bianche e nerastre, il caccia dal lungo muso barcolla, poi un'ala si piega decisamente e anch'esso lascia la formazione.
    Marseille non ha dato nemmeno un'occhiata alla sua quarta vittima, non ha commesso, cioè, quello che è proprio il peccato fondamentale, anche se normale, nei combattimenti.
    È così sicuro della sua mira che, dopo un colpo d'occhio alla situazione, si concentra sulla prossima puntata.
    Poettgen, affascinato, guarda il terzo caccia abbattuto, che tocca terra ed esplode anch'esso,
    mentre il quarto ha appena iniziato la sua ultima picchiata.
    Marseille torna ancora, velocissimo, sulla «Lufbery » e, con un'altra stretta virata sulla destra, manovra brevemente timoni e alettoni per piazzarsi dietro al numero cinque.
    I piloti nemici, evidentemente sotto l'impressione che la massa dei caccia attaccanti sia notevole, non sembrano rendersi conto di quello che sta accadendo cosi velocemente e continuano a circolare.
    Sono le 12.28: sei minuti da quando il primo P 40 è stato abbattuto.
    In pochi secondi Marseille è di nuovo in posizione, virando leggermente dall'alto, come se fosse stato uno dei caccia della RAF; preme i bottoni, e soltanto le mitragliatrici sparano...
    Ma anche i loro colpi vanno a segno, sempre dal motore all'abitacolo del pilota... una raffica brevissima, ma mortale.
    Marseille solleva il dito, ancora manovrando fuori del circolo mentre anche la quinta vittima precipita avvolta nel fumo.
    Poettgen vede che il quarto caccia si sfascia a terra mentre i resti della formazione sono ormai molto bassi perché a ogni virata hanno perso un po' di quota.
    Marseille si mette a guardare, tenendosi adesso alquanto distante e facendo i suoi conti.
    Il cannoncino non spara più; ha abbattuto cinque velivoli nemici, che sono precipitati dalla formazione mentre lui non è stato colpito... un risultato velocissimo, fulminante, incredibile.
    Sopra di ,lui sta girando Poettgen.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:15 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille PIC_2-2038
    Marseille vede che i Tomahawk continuano a spiraleggiare perdendo sempre più quota, ha ancora delle munizioni e, poiché è in volo da un'ora, ha carburante a sufficienza.
    Spinge di nuovo a fondo la manetta del motore per andare a buttarsi un'altra volta in mezzo al circolo.
    Con lo sguardo fisso su quella che dovrà essere la sua sesta vittima Marseille manovra il velivolo in modo da fare un'ultima fulminea puntata in mezzovalla formazione.
    Saetta nello spazio esistente tra due Tomahawk ed entra nel circolo a tutta velocità; l'ala di quello che ha davanti è nel cerchietto e allora, virando con le ali quasi perpendicolari al terreno, tira ancora un poco la leva facendo abbassare sul muso del suo 109 ,il caccia che sta virando davanti a lui.
    La vittima gli sparisce dalla vista: fuoco !
    Le mitragliatrici martellano, scuotendo l'assalitore per la sesta volta mentre ,le pallottole penetrano nell'aeroplano nemico e Marseille cabra per allontanarsi poi dalla formazione con una picchiata.
    Il velivolo colpito emette fumo dagli scarichi, esce dal circolo e comincia a perdere quota.
    Ne ha abbattuti sei!
    Esaltato ed eccitato preme il bottone della radio: «Elbe 1 a Elbe 2: Hast du den Aufschlag gesehen?» (Li hai visti cadere?)
    Poettgen risponde: «Elbe 2 a Elbe 1: Vittoria! Vittoria! »
    Allora batte le ali e sale, dirigendosi indisturbato verso di lui; poi, con sua gran sorpresa, Marseille sente negli auricolari delle congratulazioni : il Kommodore Eduard Neumann è arrivato sul posto giusto in tempo per assistere al combattimento. « Bravo, Joachim! » gli urla, mentre altre congratulazioni gli arrivano da altri piloti e lui ne è tutto contento.
    Il combattimento è finito di colpo; gli altri 109, pochi dei quali sono riusciti a scontrarsi col nemico, se ne tornano a Martuba mentre i Tomahawk rientrano alloro campo e la sesta vittima di Marseille perde quota sempre più.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:17 pm

    La squadriglia, trionfante, punta ormai i musi gialli dei suoi velivoli verso nord-ovest e il cuore del comandante batte forte: è la prima volta che è riuscito ad abbattere sei caccia in un sol volo.
    E non gli è costato che undici minuti!
    Il tempo scorre lentamente quando si torna alla base di partenza, ma alla fine Martuba appare alla vista davanti a loro; Marseille vi si abbasserà per fare un tonnenu lento che significa l'aver riportato delle vittorie.
    A terra il personale, tra cui qualcuno scommetteva sempre sugli abbattimenti del comandante, sta seduto e aspetta.
    Finalmente cominciano a sentire il rombare dei velivoli, ancora lontani, verso sud-est e poi la squadriglia compare ai loro occhi, con Marseille alla testa; man mano ,che si avvicinano Giallo 14 si abbassa e picchia, sempre più veloce: passa sulle tende, sulle baracche e sulle costruzioni sparse sulla sabbia rosso-brunastra e fa tre tonneaux lenti; poi si raddrizza e si allontana.
    Gli specialisti urlano di gioia, specialmente quelli suoi: tre abbattimenti!
    Ma Marseille vira oltre il limite del campo con l'ala perpendicolare al terreno, a bassa quota, e torna indietro per ricominciare la manovra: uno, due, tre tonneaux lenti... poi si allontana ed entra in circuito, virando per venire all'atterraggio.
    Tutti, specialisti e piloti sono eccitati da questa comunicazione aerea e sanno benissimo che sei vittorie in un sol volo è un nuovo primato anche per Marseille.
    Questi intanto ha chiuso il motore, ha aperto le alette del radiatore, ha abbassato il carrello; l'elica gira più piano, il motore borbotta in tono minore e il velivolo plana per atterrare.
    La velocità scende: duecento chilometri orari, centonovanta, centottanta, centosettanta; pochi metri di altezza, poi il contatto col suolo.
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    Messaggio  Red_Group Ven Ott 17, 2008 11:18 pm

    Giallo 14 è a terra e sta rullando: Poettgen è di fianco, a una quarantina di metri di distanza.
    Quando ha smaltito la velocità Marseille gira a sinistra e rulla fino al decentramento dove una gran folla di specialisti lo sta aspettando in grande eccitazione.
    Poettgen rulla dietro di lui che penetra nel recinto difeso dai fusti pieni di sabbia, dà motore, fa dietro-front poi toglie i contatti.
    Diversi avieri lo circondano e , istintivamente urlano un evviva; il suo capo specialista sorride: «Gratulieren!»
    Poettgen si ferma a una cinquantina di metri, salta rapidamente dal velivolo e corre verso quello di Marseille intorno al quale si sta radunando il personale; il pilota è stanco, ma parla con quelli che lo circondano e che lo colmano di sorrisi e di congratulazioni.
    Quando arriva Poettgen gli chiede di nuovo se ha visto cadere le sue vittime e questi gli ripete, ancora, di averle viste tutte e sei: gli armieri che hanno cominciato a dare un'occhiata al cannoncino sono meravigliati quando hanno aperto l'arma: sono stati sparati soltanto dieci colpi da venti millimetri.
    Una cinghia messa di traverso ha provocato l'inceppamento; l'esame delle mitragliatrici dimostra che ha sparato soltanto poche centinaia di pallottole per ognuna.
    La folla cresce e Marseille rimane accanto al suo velivolo una decina di minuti per rispondere alle domande e raccogliere le congratulazioni; scherza con tutti quelli che vengono a dare un'occhiata al «Pilota dell'Africa», poi deve andare alla tenda del comando, che è nei pressi, a scrivere .il rapporto sul combattimento e parlare con Neumann.

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    Messaggio  Green_Group Mer Ott 22, 2008 10:08 pm

    Tenente Hans Joachim Marseille Marseillef15yz9
    Ma ormai la «Stella d'Africa» aveva raggiunto inconsapevolmente il suo apogeo.
    Il 30 settembre 1942, il capitano Hans Joachim Marseille decollò alla testa di 8 aerei della sua squadriglia per fornire la protezione in quota ad un reparto di «Stukas».
    Dieci altri caccia, della 3a squadriglia del 53°Jagdgeschwader, dovevano invece fornire la scorta diretta, coadiuvati da altri 15 Messerschmitt Me.109 del 27°Jagdgeschwader ai quali era affidata la scorta indiretta.
    Dal suo posto di comando tattico il maggiore «Edu» Neumann diresse via radio Marseille ad intercettare una formazione di caccia britannici in avvicinamento, ma inaspettatamente gli inglesi virarono allontanandosi e non ci fu quindi alcun contatto.
    Il capitano Marseille stava rientrando dopo questa infruttuosa crociera su El Alamein quando avvertì delle irregolarità di funzionamento del motore e il suo aeroplano cominciò a perdere quota.
    Circa alle 11,30, il maggiore Neumann udì alla radio una voce concitata che diceva:
    «Ho la cabina piena di fumo. Non riesco a vedere niente».
    E pochi istanti più tardi, dopo altre considerazioni sul fumo:
    «il motore brucia!».
    Il comandante Neumann chiese subito:
    «Il motore di chi brucia?».
    «Il motore di "Elba 1"
    (il nominativo in codice di Marseille) - rispose un gregario –
    Ha la carlinga piena di fumo e non riesce più a vedere».
    Dopo uno sguardo alla carta, Neumann si rese conto che i suoi caccia erano lontani 40 chilometri, appena 5 minuti di volo dalle linee italo-tedesche.
    I fidi sottufficiaIi Schlang e Pottgen affiancarono il loro capo squadriglia per difenderlo e per assisterlo con la loro presenza e con i loro consigli.
    Marseille intanto si agitava sempre di più e continuava a dire che non vedeva più niente.
    Aveva aperto la valvola di sfiato della cabina e ne era uscito un denso fumo bianco.
    A tremila metri di altezza intanto stava sorvolando il gruppetto in difficoltà l'intera scorta degli «Stukas» che aveva ormai esaurito il suo compito.
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    Messaggio  Green_Group Mer Ott 22, 2008 10:12 pm

    Dal comando a terra la radio chiese:
    «Come va? Ce la fate. "Elba 1"? Se ha dei dubbi salti fuori piuttosto».
    Alle 11,35 Marseille superò le linee italo-tedesche, ma non intendeva abbandonare l'aereo, non voleva lanciarsi.
    Da terra i soldati seguivano con apprensione quel loro caccia che si lasciava dietro una lunga scia di fumo bianco.
    Neumann sperava che Marseille riuscisse a fare un atterraggio di fortuna, ma il biondo capo squadriglia, orgoglio dell'intero Afrika Korps, aveva ormai superato il limite di sopportazione e quella forza morale e volontà alle quali aveva attinto a piene mani in tutti quei mesi.
    Egli era ormai sull'orlo di una crisi.
    La sua voce giungeva per radio, un po' stridula, si avvertiva lo stress,l'angoscia che lo attanagliava:
    «Non ce la faccio più ... sto precipitando. Devo saltare».
    Marseille capovolse l' aeroplano e, mentre questo continuava a precipitare, aprì il tettuccio e si lascio cadere nel vuoto.
    E’ ormai certo che nel farlo egli urtò il piano di coda verticale e nell'impatto probabilmente perse i sensi, perché non aprì il paracadute e si sfracellò a terra.
    I compagni di squadriglia lo videro lanciarsi e si accorsero che il paracadute non si apriva.
    Il loro primo pensiero fu che si trattasse di uno dei suoi soliti scherzi, ma si ricredettero subito quando, con orrore, lo videro impattare il terreno.
    Il fedele gregario Pottgen che aveva appena gridato
    «Jochem (diminutivo di Joachim) è saltato fuori!».
    Pochi istanti dopo, con la voce rotta dall' emozione aggiunse:
    «E’ morto».
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    Messaggio  Green_Group Mer Ott 22, 2008 10:18 pm

    Il maggiore Eduard Neumann impallidì, con il volto contratto, si strappò la cuffia della radio e uscì dalla tenda dalle comunicazioni.
    Il racconto autentico di questi avvenimenti ormai lontani, ma ancora ben vivi e sofferti e che non vanno dimenticati, come pure le fotografie che illustrano questo capitolo, sono dovuti alla sincera amicizia che lega l'autore di queste note all'attuale colonnello Eduard «Edu» Neumann, ultimo comandante di Marseille.
    Il capitano medico dr. Winkelmann e il capitano pilota Ludwig Franzisket che raccolsero la salma di Marseille nel deserto, constatarono che il comando del paracadute funzionava perfettamente e rilevarono anche una lunga ferita trasversale sul torace della vittima, dovuta all'impatto con il piano verticale di coda del suo aeroplano.
    L'urto, da quanto si potè valutare dalla profondità della ferita, dovette essere tremendo e sicuramente tale da far perdere conoscenza allo sfortunato pilota che pertanto non fu in grado di azionare la maniglia di apertura del paracadute.
    La salma di Marseille, col viso nella sabbia, fu amorevolmente composta nell'infermeria della base e, a turno, tutti i commilitoni vollero vegliarla.
    Il giorno successivo l'intero Geschwader salutò la bara del suo comandante che fu caricata su un trimotore Junkers Ju- 52 che, scortato dalla 3a squadriglia al completo, la trasportò a Derna per la sepoltura in quel cimitero militare, alla presenza delle massime autorità italo-tedesche e del Feldmaresciallo Albert Kesselring.
    La commissione d'inchiesta esaminò i rottami del velivolo, un Messerschmitt Me.109G-2, numero di matricola 14256.
    I periti trovarono la causa dell'incidente nella rottura del riduttore: il distacco di alcuni denti della ruota dell'ingranaggio aveva causato la rottura della scatola e una fuoriuscita con incendio del lubrificante.
    La conclusione ufficiale della commissione, numero di protocollo 52 Nr. 270/42, concludeva:
    «Non vi è stato sabotaggio, ne vi è stato errore del pilota».

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    Messaggio  Green_Group Mer Ott 22, 2008 10:19 pm

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