Il 12 luglio 1942 il ten. col.Aldo Quarantotti, alla testa di tutto il suo Gruppo, rientrava alla base dopo uno snervante volo di scorta ai bombardieri che avevano effettuato un ennesimo bombardamento su Malta.
Le condizioni atmosferiche quel giorno erano molto cattive: forti raffiche di vento e fitti strati di nuvole, sia in quota, sia bassi sul mare.
Cumuli nembi sospinti dal vento si rompevano in più parti per riformarsi poi più neri e più minacciosi di prima.
Improvvisamente da una di queste formazioni nuvolose saettò fuori uno Spitfire inglese che si avventò su un nostro velivolo.
Il pilota italiano, ten. Francesco Vichi, sorpreso dall'attacco, fece comunque in tempo a buttarsi in picchiata nello strato di nuvole sottostanti tentando di seminare l'inseguitore che a sua volta lo seguì nelle nubi.
Con l' aereo colpito, il ten. Vichi fu poi visto dal Cap. Salvatore Teja dello stesso reparto lanciarsi con il paracadute, a circa 15 chilometri dalla costa siciliana.
Il ten.col. Quarantotti, al quale non era sfuggita la scena, cercò di calcolare la zona dove era avvenuto l'attacco e con tutto il Gruppo, ai limiti d'autonomia, proseguì verso la base.
La mancanza di carburante non aveva consentito al comandante di gettarsi a capofitto nelle nuvole per cercare di aiutare il suo pilota, come invece avrebbe voluto.
Ora procedeva verso il campo, certo di aver preso la decisione migliore anche se dolorosa.
Appena atterrato, Quarantotti fece immediatamente rifornire quattro aeroplani, parlò con gli altri piloti per avere un quadro il più possibile esatto del luogo dove era avvenuto l'attacco, poi salì al posto di pilotaggio di un Reggiane Re-2001 della 150a Squadriglia Caccia e seguito dagli altri tre velivoli pilotati rispettivamente dal ten. Seganti, ten. Gasperoni, M.llo Patriarca, tutti offertisi volontari per quell' azione, decollò e si allontanò verso il mare.
In volo i quattro aeroplani si disposero in due sezioni, l'una davanti all' altra.
Il tempo in tanto era peggiorato fino a diventare proibitivo: le nuvole formavano ormai una massa compatta molto bassa sul mare in tempesta che ogni tanto si intravedeva flagellato dal vento e dalla pioggia.
Le condizioni atmosferiche quel giorno erano molto cattive: forti raffiche di vento e fitti strati di nuvole, sia in quota, sia bassi sul mare.
Cumuli nembi sospinti dal vento si rompevano in più parti per riformarsi poi più neri e più minacciosi di prima.
Improvvisamente da una di queste formazioni nuvolose saettò fuori uno Spitfire inglese che si avventò su un nostro velivolo.
Il pilota italiano, ten. Francesco Vichi, sorpreso dall'attacco, fece comunque in tempo a buttarsi in picchiata nello strato di nuvole sottostanti tentando di seminare l'inseguitore che a sua volta lo seguì nelle nubi.
Con l' aereo colpito, il ten. Vichi fu poi visto dal Cap. Salvatore Teja dello stesso reparto lanciarsi con il paracadute, a circa 15 chilometri dalla costa siciliana.
Il ten.col. Quarantotti, al quale non era sfuggita la scena, cercò di calcolare la zona dove era avvenuto l'attacco e con tutto il Gruppo, ai limiti d'autonomia, proseguì verso la base.
La mancanza di carburante non aveva consentito al comandante di gettarsi a capofitto nelle nuvole per cercare di aiutare il suo pilota, come invece avrebbe voluto.
Ora procedeva verso il campo, certo di aver preso la decisione migliore anche se dolorosa.
Appena atterrato, Quarantotti fece immediatamente rifornire quattro aeroplani, parlò con gli altri piloti per avere un quadro il più possibile esatto del luogo dove era avvenuto l'attacco, poi salì al posto di pilotaggio di un Reggiane Re-2001 della 150a Squadriglia Caccia e seguito dagli altri tre velivoli pilotati rispettivamente dal ten. Seganti, ten. Gasperoni, M.llo Patriarca, tutti offertisi volontari per quell' azione, decollò e si allontanò verso il mare.
In volo i quattro aeroplani si disposero in due sezioni, l'una davanti all' altra.
Il tempo in tanto era peggiorato fino a diventare proibitivo: le nuvole formavano ormai una massa compatta molto bassa sul mare in tempesta che ogni tanto si intravedeva flagellato dal vento e dalla pioggia.