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    Capitano Carlo Faggioni

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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:03 pm

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    L'isola di Rodi era la perla del possedimento italiano nell'Egeo.
    L'aeroporto di Maritsa, poco distante dalla città, era bastato per il traffico normale fino al 1940, ma allo scoppio della guerra la Regia Aeronautica aveva costruito un secondo campo di volo presso la costa orientale dell'isola, vicino alla penisoletta dove si trovano gli antichi resti della città dorica di Lindos, ai bordi di un uliveto di piante vecchissime che davano olive grosse come prugne: Gadurrà.
    Intorno al campo le solite baracche di legno per il personale, le mense, i circoli ricreativi, gli uffici dei reparti e, tra gli ulivi, le piazzole di decentramento per gli aerei.
    Il campo di volo era in leggera discesa verso il mare e finiva a pochi metri dalla riva, dall'altra parte stavano colline piuttosto elevate e, quando il vento spirava dall'interno, il decollo a pieno carico puntando alle alture risultava alquanto difficoltoso.
    Il possesso italiano dell'Egeo, stretto tra la costa turca e le isole greche, aveva assunto con la guerra una particolare importanza strategica.
    La posizione nel Mediterraneo Orientale era di prima linea sia per l'offesa come per la difesa, avendo a tiro Cipro, le coste siriane e palestinesi, il Canale di Suez e Alessandria; vale a dire la zona delle principali riserve petrolifere inglesi, un passaggio fondamentale per alimentare il fronte dell' Africa Settentrionale, la base della Mediterranean Fleet.
    Il punto debole del Dodecaneso stava nella sua lontananza dall'Italia, che rendeva complesso e dispendioso il rifornimento logistico.
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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:03 pm

    Nel marzo 1941, l'aviazione italiana schierava negli aeroporti di Maritsa e Gadurrà due gruppi da bombardamento, uno montato su SM 79 e uno su SM 84, e alcune squadriglie da caccia su CR 42 e 32.
    Nella vicina isola di Lero erano stanziate le squadriglie della ricognizione marittima con idrovolanti Cant Z 501 e 506.
    Reparti dell'esercito e dell'artiglieria contraerea provvedevano alla protezione delle isole; a Lero la Marina aveva dislocato alcune torpediniere, sommergibili e mas.
    Comandava l'Aeronautica dell'Egeo il Gen. Ulisse Longo, era Governatore di Rodi e del Dodecaneso l'Amm. Inigo Campioni.
    La campagna di Grecia isola ancor più Rodi e vi portò l'intensificarsi delle incursioni aeree inglesi; l'aviazione italiana vi fu rafforzata nell'intendimento di molestare i rifornimenti inglesi al corpo di spedizione in Grecia.
    Nell'ambito di questi provvedimenti, lo Stato Maggiore Aeronautica nel mese di marzo 1941 destina a Gadurrà la 281 a Squadriglia Aerosiluranti con quattro equipaggi: Cap. Carlo Emanuele Buscaglia, Ten. Pietro Greco, Giorgio Sacchetti, Giuseppe Cimicchi.
    La specialità degli aerosiluranti non esisteva all'inizio della guerra nell'aviazione italiana, e la sua nascita ebbe una spinta un po' precipitosa dalla delusione che, dopo i primi combattimenti aeronavali, aveva colpito le alte sfere militari constatando gli scarsi risultati del bombardamento aereo in quota contro le formazioni navali inglesi. Così, con la fretta imposta dalla necessità, vennero riprese idee precedenti che non s'erano ancora concretate in chiare esperienze. Inutile ripercorrere oggi la penosa via crucis di progetti e tentativi e polemiche negli anni che avevano preceduto il conflitto, inutile tentar di spiegare la lunga ostilità al siluro aereo che, vista in prospettiva, appare semplicemente assurda.
    Poichè non si era pensato a progettare e produrre un velivolo per il siluramento, fu necessario cercare fra gli apparecchi già esistenti.
    Non c'era molto da scegliere, visto che quell'aereo doveva essere in grado di portare i 900 kg del siluro con una buona velocità e una larga autonomia, e inoltre doveva essere dotato di ottime doti manovriere per un rapido puntamento sul bersaglio e il successivo disimpegno.
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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:05 pm

    Questo velivolo poteva essere solo il trimotore 79 della Savoia Marchetti.
    L'aereo era stato nel periodo prebellico l'asso dei primati e dei prestigiosi voli transatlantici, ed era allora, all'inizio della guerra, largamente impiegato nel bombardamento.
    La scelta, benchè obbligata, si rivelò buona, anche se il 79 aveva in se due caratteristiche in contrasto col nuovo impiego: anzitutto una mole eccessiva che ne faceva un agevole bersaglio per l'antiaerea e la caccia avversaria, e poi la necessità di un equipaggio di cinque uomini, troppi per il caso, da prevedersi non infrequente, della perdita di apparecchi.
    A guerra finita si potè concludere che l'SM 79 era stato un ottimo silurante, cosi come prima si era distinto nel bombardamento, nella scorta ai convogli, nella ricognizione e anche nella caccia ai sommergibili, con una versatilità che non ha visto l'eguale fra tutti gli apparecchi impiegati nei cieli della seconda guerra mondiale.
    Gli equipaggi lo apprezzarono e lo stimarono superiore a tutti gli altri aerei che nel frattempo si tentò di adattare al ruolo di siluranti.
    Anche gli avversari gli dimostrarono stima, e ne ebbero quella paura che si condensò nel soprannome di «Gobbo maledetto», suggerito dalla marcata protuberanza dorsale dov'era alloggiata una mitragliera Breda Safat 12,7 mm che fece spesso sudar freddo i caccia attaccanti.
    Un capo equipaggio che con SM 79 compì la maggior parte delle sue azioni di guerra così lo tratteggia: «Tanto gobbo e sgraziato a terra, tanto aitante e bellicoso in volo. Esso aveva una grinta di rapace e una delicatezza generosa di nobile destriero. In attacco un'aquila, in fuga un gentil beccaccino, in mare un'amorosa materna papera».
    Sotto l'impulso della fretta, il 25 luglio 1940 venne costituito a Gorizia un Reparto Speciale Aerosiluranti, al quale nelle settimane seguenti furono assegnati alcuni piloti e specialisti, oltre a due osservatori della Regia Marina.
    Il 12 agosto, dopo una preparazione sommaria, cinque aerei partirono per l' Africa Settentrionale: i pochi lanci eseguiti avevano dato un'idea approssimata dei problemi connessi allo sgancio del siluro, al suo infilamento in acqua e al percorso che poteva compiere; avevano anche permesso di fissare qualche norma empirica sulla quota e sulla velocità necessaria per l'attacco.
    I velivoli erano gli stessi del bombardamento con l'aggiunta del dispositivo per l'aggancio di due siluri, ma si capì subito che l'aereo poteva portarne solo uno.
    Non esisteva alcuna apparecchiatura per il puntamento.
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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:11 pm

    Capitano Carlo Faggioni Faggionif2up1
    La prima azione fu ispirata dal bisogno di un'affermazione qualsiasi atta a sollevare il morale del fronte interno fino a quel momento alquanto depresso.
    Come tutte le azioni improvvisate, non potè avere buon esito.
    Il 14 agosto decollarono dalla base di El Adem presso Tobruch cinque velivoli con capiequipaggio i Magg. Dequal e Fusco, i Ten. Buscaglia e Copello, il S.ten. Robone, che attaccarono le navi alla fonda nel porto di Alessandria.
    Il lungo volo ai limiti dell'autonomia, la direzione obbligata da nord-ovest per lo sgancio dei siluri oltre il frangiflutti, i bassi fondali del porto costituirono gli elementi negativi per l'azione, che si concretizzò nel lancio di due siluri senza alcun danno per le navi inglesi.
    Tre aerei atterrarono fuori campo per esaurimento del carburante e due di questi furono recuperati, l'equipaggio del Magg. Fusco fu fatto prigioniero.
    Nessun successo, dunque, ma pure era un inizio e anche la dimostrazione di una volontà.
    Buscaglia scrisse più tardi: «Con esattezza forse non si saprà mai ciò che accadde quella notte, si capi però che un nuovo mezzo potente e micidiale era in mano nostra per portare la distruzione e l'annientamento nella flotta mercantile nemica».
    Fu principalmente chiaro che i piloti e gli specialisti degli aerosiluranti avevano bisogno di una lunga e complessa preparazione, che doveva essere condotta sulla base di studi adeguati.
    Nei mesi seguenti, ai quattro aerei e ai quattro equipaggi fu lasciata una certa liberta operativa.
    Su segnalazione dei ricognitori partivano in sezioni di due apparecchi o anche isolatamente; dopo una serie di voli infruttuosi e qualche tentato siluramento dall'esito incerto, si cominciarono a registrare risultati concreti.
    Il primo successo fu quello del 17 settembre, quando il Ten. Buscaglia e il S. ten. Robone in sezione silurarono insieme, allargo della costa cirenaica, l'incrociatore KENT che poco prima aveva bombardato Bardia.
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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:12 pm

    Poichè non s'era potuto distinguere quale dei due siluri fosse andato a segno, l'onore del primo siluramento aereo fu attribuito ad ambedue gli equipaggi.
    La nave venne colpita a poppa presso le eliche «e assai ardua fu l'impresa di rimorchiare il KENT ad Alessandria», dopo di che l'incrociatore restò in riparazione per dodici mesi.
    Il reparto aveva intanto assunto la denominazione ufficiale di 278a Squadriglia Aerosiluranti e s'era imposto lo stemma scanzonato dei quattro gatti arrabbiati sul siluro - due bianchi per propiziare fortuna sugli attaccanti, due neri per mandare iella sugli attaccati - col motto che polemicamente sintetizzava la situazione
    «Pauci sed semper immites» che si può tradurre
    «Pochi ma sempre aggressivi».
    Il giorno 14 ottobre il Cap. Erasi, che aveva sostituito il Magg.
    Dequal passato a comandare un reparto di bombardieri a tuffo, attaccò al crepuscolo l'incrociatore LIVERPOOL che scortava un convoglio a sud-est di Creta.
    La nave fu colpita nella parte anteriore ed ebbe la prua asportata «proprio a proravia della plancia»; potè essere rimorchiata e rimase ai lavori per dodici mesi.
    Anche gli inglesi diedero in questa periodo la chiara dimostrazione dell' efficacia del siluro aereo, ed inflissero gravvissime perdite alla nostra flotta ancorata a Taranto.
    Il 3 dicembre Erasi e Buscaglia segnarono un altro punto al loro attivo andando a visitare la baia di Suda nella parte settentrionale dell'isola di Creta.
    Gli aerei, arrivando dall' Africa, avevano scavalcato i monti dell'isola ed erano piombati sugli ancoraggi dalla parte di terra.
    La via di attacco fu tanto inaspettata che i due siluri avevano già colpito l'incrociatore GLASGOW prima che le navi alla fonda e le batterie di terra aprissero il fuoco contraereo.
    L'Amm. Cunningham, principale interessato come comandante della Mediterranean Fleet, commenta:
    «Ma questo fatto non diminuisce il valore degli attaccanti e l'ottima qualità dei siluri italiani».
    Visto che la nuova specialità dimostrava di essere vitale e prometteva altri consistenti successi, il 28 ottobre 1940 veniva costituito sull'aeroporto di Merna (Gorizia) il 1° Nucleo Addestramento Aerosiluranti al comando del Ten. Col. Carlo Unia, col compito di scuola addestramento dei piloti e degli specialisti di volo per allestire nuovi reparti della specialità.
    Il nucleo si assunse anche l'impegno di mettere a profitto gli insegnamenti che potevano derivare dall'attività che si stava svolgendo.
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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:13 pm

    Alla fine dell'anno una nuova squadriglia era pronta e veniva destinata ai campi della Sicilia per le operazioni del Mediterraneo Centrale.
    Intanto la squadriglia pioniera, quella dei «Quattro gatti», cedeva alcuni equipaggi ai nuovi reparti in costituzione.
    La 281a Squadriglia al comando di Buscaglia, promosso nel frattempo Capitano, cominciò ad operare ai primi di marzo 1941 dall'aeroporto di Grottaglie (Taranto) e venne quindi spostata, come gia si è visto, a Gadurrà, dove fu aggregata al 34° Gruppo B.T. (bombardamento terrestre) del Magg. Vittorio Cannaviello, che gia contava nelle sue squadriglie due sezioni di due aerosiluranti ciascuna.
    La vita all'aeroporto di Gadurrà si era fatta dura da quando l'osservazione aerea inglese aveva qui localizzato il centro dell'attività che dava tanto disturbo al traffico navale della zona: le incursioni con bombardamenti, spezzonamenti e mitragliamenti si erano fatte quasi quotidiane.
    Il collaudo operativo della squadriglia si ebbe alla mattina del 2 aprile in un'azione combinata di siluramento e bombardamento diretta a intercettare un convoglio inglese in navigazione a sud di Creta.
    Vi parteciparono due aerei della 281a (Ten. Cimicchi e Sacchetti con l'osservatore Pardini) e una sezione del 34° Gruppo (Magg. Cannaviello e Ten. Barbani) oltre a tre bombardieri in quota.
    Cimicchi affondo il piroscafo HOMEFIELD di oltre 5.000 tonn., e tre altri piroscafi furono colpiti, come più tardi ammise anche l'Ammiragliato di Sua Maestà.
    Al crepuscolo della stessa giornata, il Cap. Buscaglia attaccò lo stesso convoglio colpendo un grosso piroscafo.
    La specialità si stava facendo le ossa, i piloti e gli specialisti
    (motoristi, marconisti, armieri, siluristi, elettricisti, montatori) accorrevano numerosi - tutti volontari - al Nucleo Addestramento di Gorizia e al 2° Nucleo presto istituito a Capodichino.
    Ai primi di aprile si sparse a Gadurrà la notizia che la squadriglia avrebbe ricevuto il rinforzo di due nuovi aerei coi capi equipaggio Ten. Mario Spezzaferri e Carlo Faggioni, che dovevano arrivare il 5 aprile nelle prime ore del pomeriggio.
    Il comandante Buscaglia non conosceva personalmente Faggioni, che arrivava preceduto dalla fama di espertissimo istruttore alla Scuola Bombardamento di Aviano. Cimicchi, che l'aveva avuto compagno alla Scuola di Applicazione di Firenze, ne parlò a mensa come di un pilota insuperabile.
    Buscaglia aveva dimostrato a tutti di sapere il fatto suo come aerosiluratore e come comandante, ma sapeva anche di non essere un grande pilota.
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    Messaggio  Green_Group Sab Dic 27, 2008 11:14 pm

    Forse pesava ancora su di lui il giudizio negativo col quale un suo superiore, agli iniizi della carriera, lo aveva proposto per l' esonero dal pilotaggio; poi lo scoppio della guerra aveva sanato tutto perchè anche un pilota mediocre poteva servire.
    E adesso si trovava a comandare la più attiva tra le squadriglie degli aerosiluranti italiani.
    Dovette provare un qualche fastidio nel pensare di trovarsi accanto un asso del volo; il pensiero, segreto ma trasparente, poteva essere: «Vedremo. La guerra è un'altra cosa dalla scuola».
    I velivoli di Spezzaferri e Faggioni arrivarono puntuali volando in sezione stretta ala contro ala.
    Buscaglia e Cimicchi osservano la manovra che è condotta ad alta velocità portando gli aerei in leggera picchiata fino a sfiorare l'erba del campo per poi prendere quota e scomparire oltre le colline.
    La sezione torna ancora e punta fin quasi a toccare gli ulivi, cabra e vira stretta come se fosse un velivolo solo, inizia il planeed escono i carrelli apprestandosi all'atterraggio; è chiaro che lo spettacolo vuol essere il biglietto di presentazione.
    Buscaglia non dice parola ma ha i muscoli del viso tirati.
    Gli aerei toccano terra assieme; Faggioni, gregario di destra, è forse troppo veloce e tenta la frenata, ma l'apparecchio mal bilanciato comincia a imbardare e gli prende la mano, esce di pista sulla destra dove stanno alcuni caccia CR 42 appena arrivati, con l'ala abbatte e capovolge il primo, investe il secondo sul muso e lo trascina con se facendolo a brandelli mentre la gamba destra del carrello cede, l'ala fa perno e scava il terreno mettendo l'aereo di traverso, le tre eliche macinano un altro biplano.
    Buscaglia ha uno scatto incollerito:
    «Piloti del genere nella mia squadriglia non ne voglio»,
    Quando Faggioni si presenta, pallido e teso, nell'ufficio del comandante, Buscaglia lo investe con parole di fuoco.
    Solo dopo che l'ira è un po' sbollita, s'intromette Cimicchi:
    «A quel che mi risulta, e il più bravo pilota che io conosca. Dagli modo di riabilitarsi»,
    Buscaglia non dice ne si ne no.

    Tratto da Carlo Faggioni e gli aerosiluranti italiani
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:47 am

    Capitano Carlo Faggioni Faggionif3ro5
    Nato per Volare
    I circoli e le mense ufficiali dei campi dell'aviazione militare si assomigliavano tutti nell' atmosfera:
    quasi sempre vi regnava un'animazione che si poteva senz’altro chiamare chiasso.
    La mensa di Gadurrà non faceva eccezione, ma alla sera del 5 aprile 1941 l'irritazione di Buscaglia e l'avvilimento di Faggioni non lasciavano spazio alle chiacchiere, alle solite barzellette e agli scherzi più o meno vivaci.
    Tutti cenarono in silenziosa fretta e ciò fu contro le regole che volevano una festa speciale ad ogni nuovo arrivo.
    Faggioni si fermò pochissimo, quel tanto da non passare per maleducato, l'ambiente gli pesava addosso e chiese di essere accompagnato all'alloggio nella palazzina requisita che distava un paio di chilometri dall'aeroporto.
    Qui potè andare a dormire, ma non dormì
    Gli tornavano alla mente le vicende di quella giornata.
    Il volo era cominciato a Grottaglie, dallo stesso campo dov'era stato allievo ufficiale, e questo gli era sembrato di felice auspicio.
    Era un sentimento condiviso dai suoi compagni di volo:
    il secondo pilota Di Gennaro, il motorista Gaeta, il marconista Capaldi, l'armiere Baioni.
    Da Grottaglie a Rodi tre ore e quaranta minuti di volo tranquillo; era l'avvicinamento alla guerra, per la quale tutti su quell'aereo si sentivano preparati.
    Poi quel fatto li, l'imbardata, i visi dei compagni pallidi e allibiti. Possibile che tutto debba rovinare per un incidente?
    Eppure era un fatto veramente grave.
    Preparati alla guerra si, ma non a una brutta figura.
    E le parole dure del Comandante avevano un solo significato.
    Impossibile dormire.
    Cosa diranno ora Di Gennaro, Gaeta, Capaldi e Baioni?
    Volontari tutti, doppiamente volontari perchè prima aviatori e poi aerosiluranti.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:48 am

    Avevano fiducia nel loro capo-equipaggio, e invece la manovra è stato un disastro; bisogna tentar di capire, forse ne aveva colpa la gamba del carrello o il freno o ci sarà stata una buca sulla pista, si dovrà controllare domani.
    Ci dev' essere una spiegazione a un fatto così enorme, mai successo dall'inizio della carriera.
    Sei anni di volo. Sei anni sono tanti per un giovane.
    Da quella mattina del 21 giugno 1935 all'aeroporto di Pisa;
    l'istruttore - tutti ricordano il primo istruttore - era il S.ten. pilota Scotti, un voletto intorno al campo - di ambientamento come si usa dire - appena un assaggio, e si era sentito subito nel suo elemento.
    Tutto era cominciato quando gli studenti del Regio Liceo-Ginnasio di Carrara erano stati condotti al teatro Animosi per ascoltare la conferenza di un ufficiale pilota di aviazione.
    Per questa era stata necessaria la scappata da casa dopo aver letto il bando d'arruolamenti per ufficiali piloti di complemento nella Regia Aeronautica. Il babbo non avrebbe mai dato il suo assenso.
    Carlo, che intanto era passato a Pisa e poi a Siena, mentre aveva il suo da fare al corso allievi ufficiali, riprese i libri di latino e di greco, di matematica e filosofia e di tutte le altre materie del liceo classico, per far contento il babbo e terminare gli studi.
    Doppio comando, giro di campo, doppio giro di campo, «decollo» che vuol dire finalmente solo in cielo, salita a 1000 metri, a 1500 metri, a 2000 metri di quota, rettangolo, serie di otto.
    Ebbe una licenza, diede gli esami al suo liceo di Carrara e fu promosso. Finalmente, in novembre il brevetto militare, l'aquila con la corona sul petto e il grado di Sottotenente Pilota.
    Ce l'aveva fatta!
    Che il brevetto militare fosse un quasi niente per un pilota lo capì arrivando al reparto.
    Era stato destinato all' 11° Gruppo da Bombardamento, 4a Squadriglia del Cap. Reinero.
    A Lonate Pozzlo gli allenamenti s'infittivano giorno dopo giorno e comportavano a volte sei e anche sette voli nella giornata, con l'istruttore o come solo pilota.
    Dopo qualche tempo, agli apparecchi da scuola si sostituirono i velivoli da bombardamento SM 81.
    Era veramente un'altra cosa.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:49 am

    E’ meraviglioso dominare l'aereo, fare pattuglia di giorno e di notte, addestrarsi al tiro in caduta, al volo cieco in tendina, eseguire navigazioni su mare e su terra, fare esercitazioni di spezzamento e mitragliamento in picchiata.
    I sette mesi di lavoro intenso e senza soste ebbero il loro culmine in un raid del maggio 1936 da Lonate a Furbara e ritorno senza scalo, in formazione con tutta la squadriglia, per un'azione di bombardamento e mitragliamento sul poligono di Furbara.
    La navigazione duro 4 ore e 45 minuti e coprì oltre 1.200 chilometri a 5.000 metri di quota.
    Già era passato un anno.
    E poi il capitolo d'Africa.
    Quella si ch'era stata autentica vita di pilota!
    45° Gruppo, 22a Squadriglia del Cap. De Geronimo. L'aeroporto era nuovo e bene attrezzato, si volava sulla «vacca» - il trimotore CA 133 -la lenta e fidata «Caprona» tuttofare dal profilo antiquato.
    La guerra in Etiopia era ufficialmente finita nel maggio con l'occupazione di Addis Abeba.
    In realtà era stato sconfitto e disperso il grosso dell'esercito abissino ma restava da occupare il paese e, mentre una parte delle nostre truppe stava rimpatriando, già cominciavano ad arrivare dall'Italia i primi gruppi di lavoratori civili per mettere mano alle molte cose da fare.
    Il reparto si spostò sulla base di Dire Daua per un primo ciclo operativo che allargo le sue azioni nella zona a nord di Addis Abeba, dove la strada tra Dessie e la capitale era fortemente minacciata: spezzonamenti, sorvoli a bassa quota, qualche raffica di mitragliatrice.
    Appoggio ai presidi di Debra Sina e Debra Brehan, ricognizioni sui monti Ancober e Ierer.
    Lui, pivello, dovette cominciare come secondo pilota; c'era tanto da imparare sull'altipiano, dove le condizioni atmosferiche cambiavano facilmente e i temporali si formavano improvvisi e violenti.
    Le grandi piogge avevano trasformato il campo in un pantano, ma la «Caprona» se la cavava in tutte le occasioni se il pilota la sapeva governare.
    Dopo una pausa, un secondo ciclo di operazioni molto più lungo e impegnativo, intrapreso questa volta come primo pilota capo equipaggio, in appoggio alla colonna Geloso che, finita la stagione delle piogge, riprendeva il compito di occupare la regione dei Galla e Sidama.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:50 am

    La base del gruppo, comandato dal Magg. Ascensi, era prima a Iavello, poi a Imi, o Imei come dicono laggiù, o Hima come sta scritto sulle carte geografiche, in una zona squallida con un clima perfido.
    La malaria fiaccava il corpo e deprimeva lo spirito; alla mensa l'antipasto obbligatorio era una buona dose di chinino.
    Insetti, scorpioni, pulci , serpenti. Nessuna vegetazione intorno al campo.
    Vita primitiva e durissima sotto le tende con un calore d'inferno che si alternava a piogge torrenziali,pronti a decollare in qualsiasi momento anche con gli equipaggi dimezzati dalla malaria e dalla dissenteria: ricognizioni lungo le strade, inseguimento e spezzonamento di qualche nucleo di armati sulle montagne, trasporto materiali, rifornimento ai presidi, appoggio alle colonne avanzanti.
    Alla fine dei sei mesi di attività, di nuovo a Mogadiscio, tutti lieti del ritorno in un posto decente, tutti festeggiatissimi e assediati di domande.
    Quand'era tornato in Italia, sul libretto di volo stavano elencate più di duecento ore di volo di guerra, e altre novanta dei cosiddetti voli di pace cioè lontani dalle zone calde.
    Lo avevano ammesso alla Scuola di Applicazione delle Cascine per il passaggio nel servizio permanente effettivo.
    Proprio alla scuola delle Cascine le sue qualità di pilota avevano trovato i più ampi riconoscimenti da parte dei superiori e dei compagni di corso, quelle qualità che l'atterraggio a Rodi aveva cancellato.
    Alla Scuola Bombardamento di Aviano aveva fatto l'istruttore per quasi due anni di seguito.
    Da lui centinaia di allievi avevano imparato tutto quello che occorre sapere per stare in aria alla guida di un trimotore, e soprattutto a decollare e atterrare in qualsiasi aeroporto o striscia di terra senza scassare.
    Ad Aviano aveva incontrato per la prima volta il suo aereo, l'SM 79, ed era stato un amore a prima vista che l'aveva legato a quell'insieme di ferro e di legno dal profilo pacifico in terra, dalla grinta aggressiva in volo, non mezzo ubbidiente ma amico Fedele.
    Un amore che doveva durare fino in fondo.
    Nel periodo di Aviano era maturato l'evento più importante della sua vita.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:51 am

    Ormai dalla tarda estate del 1939 la guerra, pur combattuta da altri, aveva fatto sentire la sua voce; nessuno poteva illudersi di lasciarla da parte, nel suo avvicinarsi c'era qualcosa di fatale che non poteva essere eluso.
    Chiese subito di essere assegnato a un reparto combattente, ma la sua domanda fu chiusa in un cassetto; risultarono tutti vani i suoi tentativi di smuovere il comandante della scuola, che non voleva privarsi di un istruttore di volo tanto capace.
    La battaglia per andare in un reparto operativo era durata sei mesi e alla fine aveva ottenuto di essere trasferito al Nucleo Addestramento Aerosiluranti di Gorizia.
    Ancora una volta s'era accorto che c'erano molte cose da imparare. L'aeroporto di Merna era un ambiente vivo di piloti entusiasti e smaniosi di attaccare subito col siluro una nave in combattimento. Invece bisognava applicarsi allo studio dei problemi dinamici del siluro in aria e in acqua, alla valutazione dell'angolo «beta» di attacco per far incontrare il siluro con la nave in movimento, eseguire in volo puntamenti in bianco dopo aver considerato velocità e rotta della nave, per finire con il lancio del siluro in esercitazione contro un bersaglio navigante.
    Il natante usato per le esercitazioni era la ormai declassata Regia Nave AUDACE, proprio quella che nel novembre 1918 aveva attraccato per prima a Trieste.
    L'addestramento era forzatamente affrettato perchè mancava il tempo, e lo Stato Maggiore aveva bisogno di personale da impiegare subito per colmare i vuoti e rinforzare le poche squadriglie già in azione.
    A fine marzo Faggioni aveva potuto scegliere il suo equipaggio: 2° pilota M.llo Pasquale Di Gennaro, motorista Serg.M. Nicola Gaeta, marconista 1 ° Av. Giovanni Capaldi, armiere 1 ° A v. Delio Baioni.
    E ora si trovava a Gadurrà su un letto che non dava pace, e il sonno non veniva.
    E domani?

    Tratto da
    Carlo Faggioni e gli aerosiluranti italiani
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:42 pm

    Capitano Carlo Faggioni Faggionif4kx3
    Combattendo insieme con Buscaglia, Faggioni aveva assimilato l'attitudine a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà e ai pericoli;
    di suo aggiungeva una particolare abilità al pilotaggio che tutti gli riconoscevano.
    «Nelle mani di Faggioni il 79 diventava un bolide agilissimo e uno strumento di precisione.
    Puntava deciso sull'inizio del campo, basso fino a tenerci col fiato in sospeso, e andava avanti così, un po' sotto la linea di volo, che pareva dovesse raschiare il prato o falciare l'erba; chi era sull'apparecchio aveva l'impressione di essere seduto per terra ... ».

    Alla squadriglia, Faggioni s'era subito conquistato una sua posizione: Buscaglia se lo teneva sempre vicino e lo consultava in ogni occasione, gli specialisti di volo facevano a gara per trovare posto sul suo aereo, perchè sapevano che alla perizia e all'ardimento accoppiava la necessaria capacità di agire per il bene di tutti.
    E tutti gli volevano bene per il tratto sincero e modesto che lo distingueva:
    «Certo nella vivacità degli occhi neri e mobilissimi che illuminavano il lungo volto buono e nell'aperto riso della sua bocca grande e schietta c'era qualcosa che colpiva. Ma il meglio non si rivelava: il meglio stava dentro ed era costituito dal suo coraggio, dal suo modo onesto e diritto di pensare e dalla sua lealtà».

    Un giorno che pare eguale a tanti altri, squilla il solito telefono al comando squadriglia; ci segnala che questa volta è in mare il grosso della Mediterranean Fleet con due corazzate, tre o quattro incrociatori, una decina di cacciatorpediniere. L'avvistamento è a nord-ovest di Alessandria, Lat. 31°17' Long. 29°30'; l'ordine è di decollare tutti.
    E infatti partono tutti, cioè i soliti tre: il primo a prendere il volo alle 11,00 è Graziani, poi Cimicchi e infine Faggioni.
    I superiori comandi devono assegnare all'azione una grande importanza, perchè alla prima telefonata con gli ordini fa seguito quella personale del Gen. Longo.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:44 pm

    E’ anche chiaro che in una missione così vicina alle coste egiziane ci potrà essere l'incontro con la caccia.
    Intanto c'e da pensare a un paio d'ore di volo in mezzo alle nuvole nere che ingombrano tutto il cielo dai 500 metri in sù, con un vento teso che fa apparire il mare tutto bianco, mentre raffiche di pioggia fanno ballare gli aerei.
    Poco prima delle 13,00 le navi sono in vista e Graziani decide di tenersi allargo aggirando la formazione in modo da effettuare l'attacco da sud: la pattuglia quindi fa un lungo giro finchè s'intravvedono sulla destra le secche di Alessandria.
    La manovra si rivela valida perchè lo schienlmento protettivo che le navi minori offrono alle due corazzate è tutto sul lato nord.
    I velivoli non sono ancora stati avvistati, volano radenti sul mare, ma quando il capo pattuglia deve cabrare per portarsi alla quota di sgancio, allora scoppia l'inferno e le navi sputano tutto il loro fuoco. Graziani sgancia contro la prima corazzata, non vira per timore di collisione coi gregari e tira diritto tra le due navi da battaglia, che più tardi si saprà essere la QUEEN ELIZABETH e la BARHAM.
    Il fotografo di bordo, l'Av. Di Paolo, scatta una foto che diventerà famosa: vi si vede la BARHAM tanto vicina e tanto nitida che sembra di poterla toccare.
    L'invidia e le malelingue insinueranno che fosse un trucco fotografico.
    Anche Faggioni e Cimicchi lanciano incassando parecchi colpi
    dalla contraerea, poi picchiano derapando e via a zig zag tra il fuoco degli incrociatori e dei cacciatorpediniere.
    I tre aerei volano più bassi delle murate delle navi, granate scoppiano tutt'intorno e li scuotono riempiendoli di schegge.
    Graziani incassa un gran colpo che apre un largo squarcio sull'ala destra, poi un altro sulla metà destra del carrello che fuoriesce dal suo alloggiamento.
    Il velivolo si piega verso la parte colpita e scade contro la superficie del mare: il pilota tenta di riportarlo in assetto orizzontale manovrando gli alettoni ma il tentativo non ha esito; interviene il motorista Scaramucci che riduce la potenza del motore di sinistra e da il «+ 100» a quello di destra equilibrando la minore portanza dell'ala. Poco prima di toccare l'acqua il velivolo si riprende e può continuare il volo benchè a velocità molto ridotta.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:44 pm

    Il secondo di Graziani, M.llo Di Gennaro, ricorda: «Che volò per circa 600 Km. con tanti danni! Poco motore perchè l'ala sembrava volersi spezzare con quel foro al centro, con il semicarrello destro fuori e la gomma afflosciata.
    Dopo due ore e mezzo di volo con una vibrazione continua, uno sforzo enorme di braccia e di piedi per tenere il giusto assetto a velocità ridotta, ma l'SM 79 ubbidisce alla volonta degli uomini...».
    Faggioni e Cimicchi aspettano Graziani e lo affiancano per difenderlo in caso di attacco della caccia che, probabilmente per le avverse condizioni atmosferiche, non si fa vedere.
    Il ritorno è un duro calvario che va sorbito minuto per minuto, col cuore in gola, con pazienza e con fiducia.
    In vista dell'isola di Rodi i due gregari tirano manetta e atterrano per far apprestare gli aiuti d'emergenza.
    Graziani si presenta basso sul campo e tocca terra facendo correre l'aereo sul semicarrello efficiente: ma quando smaltisce velocità la gamba colpita cede e l'ala s'impunta sulla pista facendo ruotare l'aereo che striscia sulla pancia in una nube di polvere.
    Le ambulanze accorrono ma il loro intervento, grazie a Dio, e superfluo, gli uomini sono tutti salvi.
    Gli equipaggi stimano di aver colpito le due corazzate, ma ammettono che la necessità di scansarsi dal tiro contraereo non ha permesso di osservare l'esito dell'azione.
    Il servizio di intercettazione radio tedesco di Rodi, avendo captato e decrittato le comunicazioni tra la flotta inglese in mare e il comando di Alessandria, conferma che le due navi da battaglia hanno comunicato di essere state attaccate dagli aerosiluranti e colpite.
    Il fotografo Di Paoli sviluppa e consegna una serie di foto che fanno stupire il Governatore del Dodecaneso Amm. Campioni e il Comandante dello Fliegerkorps gen. Geisler.
    L'Ammiragliato britannico, anche dopo la fine del conflitto, non ammise mai che in quell'occasione le due navi da battaglia fossero state colpite, e sostenne che i siluri erano passati a breve distanza.
    Poichè non consta che l'una o l'altra delle due corazzate sia entrata in bacino per riparazioni, è probabile che questa volta la verità sia inglese.
    Ma, qualunque sia stato l'esito, l'azione del 13 ottobre 1941 va ricordata come un fatto di eccezionale coraggio degli aerosiluranti italiani
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:47 pm

    Capitano Carlo Faggioni Faggionif5no6
    Il 10 aprile era il lunedi di Pasqua.
    Mentre gli equipaggi stavano riuniti per la cena, arrivò dall'osservatorio del Circeo la segnalazione che un convoglio di navi da carico con la protezione di numeroso naviglio da guerra si stava avviando alla testa di sbarco.
    La cena rimase a meta.
    L'accordo con l'aviazione tedesca prevedeva un attacco con bombe in quota un paio di minuti prima dell'arrivo degli aerosiluranti italiani: fu raccomandato di fare attenzione ai palloni frenati che tutte le navi portavano con se per difendersi dagli aerosiluranti che, volando bassi, potevano incappare nel cavo d'acciaio.
    «Ricordo quella riunione di volo.
    Faggioni fu conciso e preciso come sempre, le ultime parole prima della partenza (accompagnate dal solito pugno scherzoso sulla spalla) furono: "Addosso alle panzone da carico, ma se capitasse per caso, facile e sicura una nave da guerra, non risparmiatela! Una e saremo dei piccoli re!"
    Una ne voleva per mostrare che attaccavamo le navi da carico per necessità, ma preferivamo batterci con le navi più armate. In quel momento egli aveva sulle labbra il suo ironico, distaccato sorriso, e ci guardava come se noi stessimo ricevendo da lui un premio: quello di poter combattere.»
    Gli aerei pronti per l'azione erano cinque: prima pattuglia Faggioni, Valerio, Pandolfo; seconda Bertuzzi e Sponza.
    Alle 22,15 iniziarono i decolli col solito lumino a fondo pista. Pandolfo incappò in una buca e danneggio il carrello per cui dovette fermarsi.
    Gli altri quattro si avviarono sulla rotta ormai nota di Orvieto-Viterbo-Civitavecchia-Tirreno-conversione su Anzio.
    Sponza fu l'ultimo a decollare; non avendo potuto tenere il contatto con Bertuzzi, raggiunse Faggioni e divenne suo gregario.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:48 pm

    Il volo sul mare fu, come al solito, a quota bassissima: i piloti s'erano ormai bene allenati.
    Il primo a giungere in zona fu Bertuzzi, che sgancia contro una nave da 5.000 tonn. e potè filare via veloce.
    Qualche minuto dopo arrivarono insieme Faggioni, Valerio e Sponza quando ormai l'allarme era generale, i riflettori pettinavano il cielo e i caccia notturni si trovavano in volo.
    I tre aerei si aprirono per cercare ciascuno il suo bersaglio, investiti dal violento e preciso fuoco contraereo navale e terrestre.
    Si sa che Valerio si buttò con estrema decisione dentro il cerchio di fuoco e ripete più volte l'attacco prima di sganciare il siluro.
    Conosciamo tutti i particolari dell'azione di Sponza dalle testimonianze dell'equipaggio.
    Di Faggioni sappiamo solo che scomparve, e insieme con lui il secondo pilota Gilardi, il motorista Scaramucci, il marconista Pianticelli, l'armiere Gianni.
    A Lonate arrivò un unico aereo, quello di Bertuzzi che, dopo aver superato una vasta zona temporalesca, atterrò con l'aiuto del gonio campale.
    L'aereo di Valerio, forse danneggiato durante l'azione, superati gli Appennini sulla via del ritorno incappò nella bufera e si schianto sulle colline presso Medesano (Salsomaggiore); il secondo pilota Jasinski, che era riuscito a buttarsi col paracadute da bassa quota, si salvava rompendosi una gamba.
    Il Ten. Copello disse che sul mare di Anzio erano stati recuperati il berretto e la borsa di carteggio di Faggioni.

    In un suo «Ricordo di Faggioni», lo scrittore e pilota Pagliano che gli fu amico scrisse di lui molte cose e tra l'altro ricordò quel periodo del novembre 1942 quando l'operazione «Torch» nell'Africa Settentrionale francese aveva fatto capire che la guerra era giunta ad una svolta decisiva: «Eravamo alla fine del '42.
    Con lo sbarco anglo-americano nei porti dell' Africa Settentrionale Francese e la conseguente creazione di una catena pressochè ininterrotta di basi aeree lungo la costa, l'attività degli aerosiluranti era divenuta quanto mai dura.
    Di volta in volta gli equipaggi si assottigliavano; Buscaglia era caduto nella rada di Bougie; ogni uscita ci costava la perdita di qualcuno.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:48 pm

    Il morale delle gente non poteva mancare di essere scosso. Avevo parlato con molti aerosiluranti e, incontrandomi con Faggioni, gli riferivo tutto quanto aveva formato oggetto delle mie osservazioni.
    «Faggioni ascoltava attento, perchè tutto quanto riguardava la sua specialità lo interessava.
    Alla fine, quando gli sembrò che dal complesso dei discorsi che mi erano stati fatti trasparissero soprattutto apprensioni e incertezze sulla continuazione di un'attività che si rivelava sempre più costosa, parlo lui.
    «Non aveva l'abitudine di giudicare gli altri e non mi fu mai dato di trovare un elemento così sereno.
    Neppure quella volta volle giudicare. Mi disse soltanto che secondo lui gli altri avevano ragione, ma che quando si ragiona troppo si finisce per concludere poco.
    "E dura, lo so. Ma sino a che ce la faccio, io continuo così"
    «Ricordo che mi si inumidirono gli occhi.
    Era già il periodo in cui, più o meno apertamente, si sentiva che qualcosa di molto triste stava maturando.
    Era già il periodo in cui la volontà di reazione si andava affievolendo, mentre sempre più palesi affioravano i dubbi e le incertezze.
    E quella frase, gettata lì, alla buona, con quel tanto di accento carrarese che la rendeva più spontanea, era come una frustata.
    La riferii a tutti; mi pareva una bandiera e un esempio».
    Faggioni continuò, come aveva promesso.
    Continuò anche quando ormai la guerra apparve irreparabilmente perduta.
    E nel momento in cui il governo italiano sanzionò la sconfitta, di fronte al troppo disinvolto cambio di posizione decise che era giusto e necessario continuare; perchè la volontà e l'energia di un soldato devono tendere solo a combattere.
    In questa sua azione Faggioni fu veramente una bandiera che sventolò alta sopra i contrasti e le disgrazie di quell'oscuro e triste periodo, fu un grido che risuonò forte ed entrò nelle coscienze e sollevò molti prostrati, che mosse animi sensibili e intrepidi.
    Sul suo esempio modellò un reparto di uomini coraggiosi che lo seguirono nel combattimento e infine, dopo la sua scomparsa, adottarono il suo motto:
    « …sino a che ce la faccio, io continuo così»
    Tratto da
    Carlo Faggioni e gli aerosiluranti italiani
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:49 pm

    Xe no xe mati no li volemo

    Il metro Buscaglia per giudicare i piloti non segue l'ortodossia militare, certi piloti indisciplinati cui poteva essere ritirato il brevetto vengono richiesti nel suo gruppo.

    Martino Aichner è un giovane scavezzacollo (sarà poi medaglia d'oro). Terminato il volo di addestramento, invece di atterrare subito, ha deciso una breve deviazione per salutare i suoi amici sulla spiaggia di Sistiana.
    Meraviglierà gli amici e susciterà la loro ammirazione arrivando di sorpresa basso sul mare; con una leggera scivolata d'ala si sporgerà a salutarli: un figurone!
    Purtroppo lo specchio d'acqua con le sue rifrazioni inganna Martino sulla valutazione dell' altezza e l' SM 79 picchia sull' onda contorcendo le eliche. Martino e costretto ad inventarsi un ammaraggio.
    Cimicchi, non da meno: a largo di Rimini ha rovesciato "per scherzo" un cutter pieno di bagnanti; lo spostamento d'aria ha gonfiato le vele provocando lo scuffiamento; non contento, qualche mese dopo sulla spiaggia di Viareggio gli ombrelloni sono volati via, trascinati dalla scia dell'SM 79; purtroppo la questa volta sotto l'ombrellone a ripararsi dalla calura c'era un ammiraglio.
    Neppure Buscaglia era riuscito a coprire del tutto il suo pilota.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:49 pm

    La sfida di Sarzana
    All' aeroporto di Luni-Sarzana (oggi Eliporto) è schierato un gruppo caccia.
    Faggioni ha stretto amicizia con i suoi colleghi e come può accadere tra i giovani ognuno è convinto che la propria specialità sia la migliore.
    Il punto d' onore sono le acrobazie e ciascuno è persuaso di poter volare più basso dell'altro.
    Ne viene fuori una sfida con tanto di giuria a misurare il passaggio più raso terra. Voleranno più radenti i Falchi CR42 o lo Sparviero SM 79?
    I cacciatori se la ridono con l 'agile biplano i vincitori non possono essere che loro.
    Quel baldanzoso tenente sarà bravo quanto si vuole, ma con il suo trimotore alto e voluminoso ha fatto male i suoi calcoli perchè non può avere la misura ottimale dell'altezza e non può compensare con la sua perizia quel pesante handicap.
    Ridono i piloti del Falco e Faggioni non è da meno.
    Non valutano a sufficienza questi cacciatori che negli Aerosiluranti volare raso terra è un' ossessione, un record inseguito da tutti.
    Faggioni e Pfister ne condividono il primato; una volta lui è rientrato con la coda bagnata e subito Pfister gli ha risposto portando delle spighe di frumento incastrate sul ruotino posteriore.
    Ancora non c' e un vincitore tra gli Aerosiluranti.
    Ha inizio la sfida; il primo caccia va bene: circa due metri;
    il secondo è più audace: un metro e mezzo.
    Ma ecco quel trimotore lanciato a tutta velocità accompagnato da un rumore assordante.
    Lo spostamento d'aria, il rumore spaventa; qualcuno urla
    "è un pazzo, si schianta!”
    Meno di un metro.
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    Messaggio  Green_Group Dom Dic 28, 2008 11:50 pm

    Quando il gatto non c’è i topi ballano
    I tenenti Carlo Faggioni e Carlo Pfister ascoltano sull'attenti il maggiore C.E.Buscaglia.
    "Mi congratulo con voi; pensavo che i pericoli sostenuti contro la flotta inglese fossero più che sufficienti, evidentemente non tenevo in debito conto i vostri ardenti bollori. Avete avuto bisogno di un 'alta dose di rischio come leggo da questa rapporto dove sta scritto acrobazie pericolose di Faggioni e Pfister non autorizzate.
    Chi ha vinto questa volta?"

    Nè Pfister nè Faggioni osano rispondere alla domanda, il loro imbarazzo è evidente nel silenzio e nelle mezze frasi.
    "Vede comandante all'inizio era un 'esercitazione, poi ci siamo un pò 'fatti prendere la mano.....
    "Riservate il vostro entusiasmo per gli Spitfire, tra poco ne avremo bisogno tutti e tanto, nel frattempo consideratevi agli arresti per una settimana. "

    E' andata bene;
    entrambi sono in trepida attesa della promozione e Buscaglia avrebbe potuto calcare la mano con antipatiche conseguenze.
    Effettivamente stavolta hanno fatto delle acrobazie assumendosi un rischio pazzesco.
    E' successo che dai soliti
    "Io ti sto dietro quando voglio.......",
    "tu la mia coda non la vedi neppure........."

    si è passati al duello.
    Davanti Faggioni dietro Pfister;
    Faggioni deve togliersi dalla coda Pfister che al contrario deve rimanergli attaccato.
    E' una sfida più da cacciatori che da piloti di Aerosiluranti, le acrobazie però a cui si è costretti per sfuggire agli anglo-americani hanno fatto si che quel trimotore ormai vada pilotato come un caccia.
    Faggioni sfiora rocce, inanella looping ma non c' è niente da fare, Pfister è un vero manico.
    Il tasso di rischio diventa sempre più alto, gli spettatori hanno capito e se prima ridevano di gioia ora guardano con apprensione quelle manovre pazzesche.
    Anche il Capitano Rivoli mentre inizialmente era disposto a chiudere un occhio, ora è su tutte le furie.
    Ci sono due ostacoli tra i quali un solo aereo con la massima precisione può passare. Basta essere freddi e non lasciarsi impressionare.
    Faggioni nell' eccitazione di togliersi di dietro quell' avversario bravo quanto lui ha finalmente trovato la soluzione definitiva; si butta dentro, è una pazzia, può essere però la mossa vincente.
    Un tuffo al cuore ed è di la, tutto intero, lui e l' SM 79.
    La tensione si allenta, "Dove diavolo è Pfister?".
    Guarda a destra, a sinistra, dietro, non lo vede.
    Ma non passano che pochi attimi ed un cono d'ombra oscura il sole, Pfister è di nuovo in coda a pochi centimetri.
    Faggioni è sbalordito ed ammirato, Pfister è stato eccezionale quando si è accorto dell'ostacolo, anzichè virare ha eseguito un vero funambolismo: ha messo il suo aereo a coltello su quello di Faggioni ed è passato con la massima naturalezza.
    I due aerei atterrano, non ci sono ne vincitori ne vinti; i piloti scendono, non si guardano in cagnesco, anzi si sorridono.
    L'hanno combinata grossa ma ne valeva la pena.

    Tratto da
    I ragazzi del gruppo Buscaglia

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