Riesco a sfuggire all’inseguimento di cinque cacciaE questo fatto provocò una serie di conseguenze.
Se fossimo partiti a minor distanza dall'obiettivo, i primi a decollare avrebbero poi aspettato gli altri, in modo che tutta la formazione arrivasse insieme su Tokyo.
Ma a quella distanza non potemmo più seguire il metodo classico: occorreva un'ora per far decollare tutti gli aerei, e non si potevano costringere i primi a volare in cerchio sulle navi per tanto tempo, aspettando gli ultimi.
Il carburante doveva adesso servirei per coprire almeno 400 chilometri in più.
Ricordo i drammatici momenti del decollo.
I marinai della portaerei fecero miracoli.
Uno di essi scivolò e un'elica gli tagliò di netto un braccio.
La nostra situazione, a causa di questa partenza anticipata, era francamente preoccupante. All'ultimo momento ciascun aereo aveva imbarcato altri sei bidoni di benzina da venticinque litri l'uno: durante il volo, il meccanico di bordo avrebbe pensato a travasare questa benzina dai fusti nei serbatoi.
Nonostante ciò, non eravamo affatto sicuri che saremmo arrivati fino alla costa cinese, dopo aver bombardato Tokyo.
Il vento contrario avrebbe potuto costringerei a scendere in mare, soluzione che non ci sorrideva affatto, ma che eravamo comunque pronti ad accettare.
Del resto sapevamo che due sommergibili americani operavano nei paraggi; non restava che sperare di poter ammarare nelle loro vicinanze e di essere ripescati.
I nostri sedici bombardieri rappresentavano tutto quello che l'America poteva mandare in quel momento sul territorio nemico; e, sparpagliati com'erano su una linea di centocinquanta chilometri d' aria, avrebbero dovuto attaccare in ordine sparso, ognuno per conto suo.
lo pilotavo il bombardiere di testa.
L'aereo che seguiva il mio , e che ci raggiunse qualche tempo dopo il decollo , era pilotato da un certo Travis Hoover.
Secondo il piano d'operazione ogni apparecchio, dopo aver sganciato le sue bombe, doveva dirigersi dapprima verso sud, e poi virare decisamente ad ovest.
In nessun caso, però, avrebbe dovuto cercare di tornare verso la squadra navale americana; al contrario, bisognava fare ogni sforzo per trascinare lontano dalle nostre navi eventuali inseguitori nemici.
Abbordammo la costa giapponese a volo radente, cioè ad una altezza che ci consentiva appena di non urtare negli alberi.
I nostri aeroplani, allora, erano contrassegnati da una stella bianca in campo azzurro, con al centro un disco rosso.
Quel disco rosso in pratica si rivelò assai utile: somigliava infatti allo stemma giapponese del «Sol Levante», e tutti i nostri equipaggi poterono vedere, a terra, sulle strade e nei campi, viandanti e contadini che salutavano con le braccia.
Ultima modifica di michele il Dom Mag 10, 2009 1:03 pm - modificato 1 volta.