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    G59 -Le ali della Memoria

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    Messaggio  Staff Mar Set 09, 2008 11:24 pm

    G59 -Le ali della Memoria G-59-02
    Fa fresco in questa serata romana di fine maggio.
    La calma e il silenzio sono finalmente ritornati sull' aeroporto di Pratica di Mare al termine di una delle giornate più intense vissute finora da questa base.
    Infatti fin dalle prime ore del mattino è stato un crescendo di arrivi inconsueti ed emozionanti.
    Un'efficientissima organizzazione per il controllo del traffico aereo ne ha cadenzato con cronometrica precisione gli atterraggi.
    Ora, terminata la frenesia di questo particolarissimo venerdì, sui piazzali e sulle vie di rullaggio è impressionante l'allineamento di centinaia di sagome e coccarde giunte da tutto il mondo per festeggiare, domenica, i 75 anni della nostra Aeronautica.
    "Eurofighter", "Viggen", "Draken", "Mirage", F-15, F-18, lo' sgraziato ma simpatico "Skyvan", quasi un brutto anatroccolo tra tanti cigni.
    E ancora pattuglie acrobatiche, elicotteri, AWACS, "Tornado" e moltissimi altri ancora.
    Ogni sigla, ogni nome, ogni silhouette suscitano emozione, interesse, curiosità.
    Per me, però, la stella della Giornata dell' Ala è lui: il G.59.
    L'unico "warbird" dell' Aeronautica Militare ancora in volo.
    Nel G.59 "pulsa" lo stesso "cuore" dello "Spitfire" e del "Mustang", il famoso motore Rolls-Royce Merlin, accoppiato alla cellula di un aereo dell' Asse.
    Questo aeroplano rappresenta dunque la sintesi estrema dei caccia che hanno volato nel secondo conflitto mondiale.
    Fra poco dovrebbe fare la sua comparsa sul cielo di Pratica di Mare: dalla torre mi hanno appena comunicato che è già in contatto con il controllore radar di "Roma Arrivi".
    Nel silenzio della calma ritrovata dall' aeroporto, tendo l'orecchio per scoprire il brontolio del motore.
    E' invece il bagliore del sole riflesso dalla sua livrea argentea a tradirne per primo la presenza.
    Come in una scena d'altri tempi in un attimo il caccia è sul campo, passa veloce, a bassa quota lungo la pista, si impenna, estrae il carrello e con una virata si porta all'atterraggio.
    A zig zag, per poter vedere davanti a sé, il G.59 rulla e parcheggia al posto d'onore, davanti all'area che domenica ospiterà il Presidente della Repubblica, fra EFA e Blériot, sintetizzando così la storia della nostra Aviazione.
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    Messaggio  Staff Mar Set 09, 2008 11:25 pm

    Spento il motore il pilota scende.
    E' Pino Valenti, un simpatico parmigiano consumato dalla passione per il volo e per gli aeroplani.
    Gli tendo la mano. Mentre ci scambiamo una cordialissima stretta i nostri sguardi si incrociano e Valenti mi deve leggere nel pensiero, perché mi dice:
    «Forse il direttore della manifestazione vuol vedere in volo con me il programma acrobatico che presenterò domani e domenica?» .
    Di fronte ad una proposta simile gli occhi mi brillano immediatamente e rispondo entusiasta: «Magari!».
    «Bene, nei serbatoi c'è ancora carburante sufficiente per il volo, se mi autorizza possiamo decollare tra un quarto d'ora».
    Il tempo di una telefonata veloce in torre per coordinare l'utilizzo dello spazio aereo sopra Pratica di Mare ed eccomi qua mentre mi infilo nell'abitacolo di questo meraviglioso aeroplano.
    A dire il vero l'operazione non è delle più agevoli.
    La cabina è più ampia di quella di un "104", ma l'apertura superiore consente giusto il passaggio delle spalle.
    Una volta sistemato dentro stringo l'imbragatura del paracadute.
    Mentre compio queste azioni l'occhio torna a considerare quanto sia angusto lo spazio per uscire dall' abitacolo e a questo punto, come direbbe qualcuno, la domanda sorge spontanea circa l'utilità del paracadute.
    Ok, non ci pensiamo e andiamo avanti.
    A forza di passare migliaia di ore seduto ai comandi di aeroplani le cabine di pilotaggio mi sono diventate più familiari della mia stessa casa (come purtroppo sanno mia moglie e i miei figli).
    Qui però tutto congiura contro questa naturalezza e mi sento fuori posto, a cominciare da quel muso gigantesco puntato dritto verso il cielo che sembra volermi fare un looping già al parcheggio.
    L'abitacolo è poi un fiorire di leve e levette, interruttori, pannelli, tubi, tubicini e cavi di sapore arcaico.
    Leva verde per l'acqua, levetta marrone per l'olio
    Per non parlare infine degli strumenti: alcuni li ho visti al museo o sul G.91, altri li interpreto a fatica.
    Neanche la prima volta che mi sono seduto in un MiG-21, con le sue scritte in cirillico e con la filosofia tutta russa di disporre gli strumenti ed i comandi, mi sono sentito così fuori posto.
    Due "cicchettate", contatto; «Via dall'elica!», e quelle enormi pale cominciano a muoversi.
    Incantato, le guardo e mi tornano in mente le decine di elichette scala 1/72 (1/48 solo nei rari momenti di ampie disponibilità finanziarie) che da ragazzo incollavo delicatamente ai miei modellini.
    Improvvisamente mi rendo conto che sto per vivere un'esperienza unica che va al di là dei miei sogni di adolescente.
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    Messaggio  Staff Mar Set 09, 2008 11:27 pm

    Sogni fatti ad occhi aperti davanti ad un'enciclopedia di aviazione, ad un libro di aeronautica, o di nascosto durante le ore dei compiti davanti ad un fumetto della collana "Super eroica”
    Dopo neanche due giri il motore s'avvia, scuotendo poderosamente G.59.
    Uno sbuffo di fumo azzurrognolo invade l'abitacolo.
    Istintivamente cerco la levetta dell'ossigeno per metterla 100%, poi mi ricordo che non ho la maschera.
    Mi accorgo però che questo fumo non toglie il respiro, al contrario profuma di avventura!
    Nel frattempo Valenti ha chiesto l'autorizzazione rullaggio:
    «Dobbiamo accelerare il rullaggio» - mi dice nell'interfono «altrimenti il liquido di raffreddamento si mette a bollire».
    Entriamo in pista
    Durante la prova motore il Merlin ruggisce con tutta la potenza dei suoi 1.700 HP.
    L'aria entra prepotentemente. in cabina;
    con la manovella faccio scorrere il tettuccio in avanti
    (non esiste la posizione "bloccato" ), volendo si potrebbe decollare tenendolo aperto
    Autorizzati al decollo,
    Valenti porta dolcemente la manetta tutta avanti per non sfidare il mostro che ci romba davanti e che potrebbe portarci in un lampo fuori pista.
    Avverto il sapiente uso del piede da parte del pilota.
    A 40 kts prima magia: la coda si alza.Finalmente siamo in linea di volo e il mondo mi sembra più normale.
    A 90 kts stacchiamo. Su il carrello, acceleriamo ancora e saliamo fino a 3.000 piedi.
    Valenti aggiusta il motore mi legge i nuovi valori di RPM, PDA e quant'altro, tuttavia gli strumenti davanti a me continuano a rimanere di enigmatica interpretazione.
    Decido di concentrarmi su altimetro e anemometro per fissare i principali parametri.
    Picchiamo.
    La velocità aumenta e il rumore del motore cambia, si fa più intenso e acuto.
    A 500 ft, a 280 kts tiriamo su per un looping, con top su 3.000 ft.
    Una sfogata e ci ripresentiamo in rapida sequenza per otto cubano, tonneau in 4 tempi, volo a coltello.
    Complimenti Pino, una bella mano!
    Le manovre sono continue, pulite, pennellate.
    «Si potrebbe fare di meglio» ammette lui con la modestia dei professionisti –
    «ma far volare il G.59 è così costoso che non riesco a fare più di 20 ore l'anno».
    Facciamo una bella schneider e quindi, riguadagnati 3.000 ft, mi fa: «Comandante vuol provare lei?»
    «lo?!» esclamo colto di sorpresa.
    Subito mi vengono in mente le numerose storie di esperti piloti di jet che sono stati coinvolti in incidenti con aerei a pistoni.
    Ci penso un istante e poi dico «Ok. Pino, basta che le sue mani restino vicine ai comandi».
    «Anche i piedi»- risponde lui ridacchiando, «questo aereo si porta anche con quelli».
    Decido di "assaggiare" questo purosangue poco per volta, senza cercare di domarlo ma piuttosto assecondandolo nelle sue peculiarità.
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    Messaggio  Staff Mar Set 09, 2008 11:27 pm

    Un' occhiata ad altimetro e manometro mi dicono che siamo a 3.000 ft e 200 kts, la manetta è lì avanti e lì la lasciamo.
    Cominciamo con una timida sfogata: l'aereo risponde dolcemente.
    Inclino di più e mi allineo con la pista. A 1.000 ft e 260 kts azzardo una prima manovra verticale.
    Tiro su decisamente cercando il G-metro.
    Dov'è? Ma c'è?
    Comunque il sedere conferma 3 g e mezzo e questo riscontro mi tranquillizza.
    Rovescio, 3.200 ft, 120 kts: aspetto che il muso scenda sotto l'orizzonte e poi lo giro.
    Sono almeno 20° disallineato con la pista. Un'altra sfogata accentuata per rientrare in direzione opposta.
    Ad 80 kts Valenti spinge la cloche in avanti.
    Ok, ho capito, non più lento di così.
    Di nuovo sulla pista e giù in picchiata, il motore urla, 500 ft, 270 kts, 3 g e mezzo, cerco il conforto dell' orizzonte artificiale... lasciamo perdere!
    Prima del rovescio sento i 1.700 HP che tirano l'aereo di lato ed intervengo dolcemente di piede.
    Giù il muso, punto la pista e, cercando di coordinare piede e cloche, giro in otto cubano.
    Completo poi l'otto cubano dall' altra parte.
    Tiro un respirone e sono pronto per il looping. Giù di nuovo il muso per guadagnare qualche nodo in più
    A 290 tiro i 3 g e mezzo misurati con il solito strumento, lo stesso che mi suggerisce l'intervento di piede. Rovescio, 3.100 piedi, 130 kts, allineati. Arrotondiamo, l'aereo risponde docilmente.
    La velocità aumenta, lo avverto dal rumore del motore ma anche dal fruscio del vento che ora avverto distintamente.
    Mi accorgo così che l'orecchio non serve solo ad ascoltare le comunicazioni radio, le sirene di avvettimento o i "warning", ma che diventa anch'esso strumento essenziale per il controllo del volo.
    Resta il tempo per un paio di tonneaux a botte.
    Il primo è iniziato a 240 kts e da rovescio il muso tende a scendere un po' troppo; rilascio leggermente in avanti la cloche ricordandomi gli insegnamenti acrobatici basici:
    il tonneau è potenzialmente sempre più pericoloso del looping, se il muso scende da rovescio mai tirare, ma scaricare e ruotare!
    Riproviamo a 260 kts e questa volta la traiettoria è più corretta.
    Il tempo è letteralmente volato, è ora di atterrare.
    «Lo riprenda lei!» dico a Valenti.
    Mentre guardo la bella ala dritta con la coccarda tricolore che punta verso il cielo, il sole al tramonto tinge di rosso il maestoso disco dell' elica.
    Il pilota riduce motore, 20 di PDA, velocità 100 kts.
    Al flare l'aereo è ballerino, galleggia ed è bravo Valenti a toccare perfettamente allineato.
    Ridotta la velocità l'aereo si siede sulla coda ed a questo punto è possibile frenare.
    Siamo fermi dopo pochi metri.
    Un rapido contropista e poi sempre a zig zag rientriamo al parcheggio dove con un ultimo fremito l'elica si ferma.
    Nel complesso possiamo dire che le prestazioni del G.59 sono paragonabili a quelle di un MB.339, ma che differenza!
    Grazie dunque Pino Valenti per questa esperienza unica e indimenticabile, ma grazie soprattutto per avermi fatto riscoprire l'importanza dei sensi nel pilotaggio, quei sensi che le moderne tecnologie ed una certa enfasi addestrativa non fanno più sviluppare nei piloti di oggi.

    Rivista Aeronautica del giugno 1998

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