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    Caccia Notturna della Regia Aeronautica

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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:19 pm

    Per rievocare la storia della caccia notturna in Italia dobbiamo riferirci al... bombardamento.
    Sembrerebbe un paradosso, ma è bene riportarci alla specialità "bombardamento", cui l'aviazione italiana ha dedicato sempre molte cure per l'attività notturna, divenendo non solo iniziatrice di tale attività (in Libia, nell'intervento bellico del 1911), ma anche risultando, in tal senso, tra le migliori aviazioni combattenti nel 1° conflitto mondiale.
    L'impiego notturno nella Grande Guerra fu intenso e proficuo.
    Sembrava che gli aviatori italiani avessero una particolare predisposizione per i voli di notte:
    voli che andavano, per esempio, dalle massicce (per quel tempo) incursioni su Pola e su Cattaro dei famosi Caproni alla guida di Gabriele
    D' Annunzio, sino agli atterraggi con sola luce lunare di singoli apparecchi nelle retrovie nemiche nell'alto Veneto per depositarvi e per riprendere nostri informatori.
    Nel periodo fra il primo ed il secondo conflitto mondiale, la R. Aeronautica continuò a dedicare una particolare cura per l'impiego notturno, giudicandolo utilissimo appunto nella specialità "bombardamento".
    Infatti, tutti i suoi Reparti praticamente diurni, effettuavano il loro addestramento anche di notte, mentre il 7° e l'8° Stormo svolgevano addestramento in massima parte notturno.
    Ne derivò che, in effetti, nel 1940 laR. Aeronautica disponeva buona parte del personale navigante ben addestrato al volo di notte, ma personale che apparteneva esclusivamente agli Stormi da bombardamento.
    Quindi, non essendo la guerra un evento unilaterale, occorreva tener conto della volontà contrapposta dell'avversario che, a sua volta, avrebbe usato anche esso l'aereo come bombardiere notturno.
    Perciò, nell'impostare la struttura delle nostre forze destinate alla difesa, si doveva supporre di trovarsi di fronte a tale minaccia.
    E’ qui che nella R. Aeronautica si evidenziò una grave lacuna:
    pur avendo vari reparti da caccia diurna, con piloti eccezionali, nessuno pensò a quell'altro impiego della caccia che avrebbe dovuto contrastare "di notte" i bombardieri nemici.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:20 pm

    La storia, quindi, della caccia notturna italiana parte da zero proprio alla data della nostra entrata in guerra (anno 1940).
    Si verificò che le prime incursioni aeree subite dall'Italia si svolsero di notte e ci trovammo del tutto impreparati nella difesa, lasciata alla sola e scarsa artiglieria controaerea.
    In vari Reparti da caccia diurna, pur non disponendo di piloti addestrati al volo notturno e nemmeno di un aereo appositamente ideato per tale impiego, alcuni piloti ugualmente si "avventurarono" (è il verbo giusto) nel cielo alla ricerca dell'incursore nemico, senza poter usufruire di - non dico un'adeguata - ma almeno una minima assistenza al particolare difficile volo.
    Ne risultò un impiego, quindi, basato essenzialmente sull'improvvisazione senza alcun risultato di rilievo, dovendosi - ricordiamo - a quel tempo volare (ben diversamente dalle attuali sofisticate attrezzature) solo con i propri occhi, con una bussola, un orologio, un altimetro, con grande volontà e grande rischio. Volendo così scrivere la storia di quei piloti improvvisatisi cacciatori notturni dovremmo darle un breve, ma significativo titolo:
    "Sperduti nel buio".
    Intensificandosi, poi, le incursioni nemiche di notte, e constatando oramai che l'aviazione nemica si doveva combatterla con l'aviazione, anche in Italia si prese la decisione, verso la fine dell'anno 1941, di addestrare una particolare categoria di piloti per costituire un grosso Reparto aereo da impiegare esclusivamente nell'intercettazione notturna, come già funzionavano in Inghilterra ed in Germania specifiche unità con un'avanzatissima e redditizia organizzazione.
    In questa occasione la R. Aeronautica intraprese procedure particolareggiate inconsuete, solamente adottate prima di allora nelle eccezionali organizzazioni, per esempio, della scuola alturiera di Orbetello per le crociere atlantiche o del Reparto Alta Velocità di Desenzano per la conquista dei primati di velocità.
    Si incominciò col prelevare dagli Stormi da bombardamento (ecco che il discorso si ricongiunge al filo iniziale) otto piloti di sicuro affidamento
    due Capitani, quattro Tenenti e due giovani Marescialli - che avevano già al loro attivo più di cento ore di volo notturno in pace ed in guerra, e che avviati alla scuola caccia di Gorizia presso il 4° Stormo nel novembre del 1941, con intenso addestramento diurno durato circa tre mesi su velivoli CR. 30, CR. 32, C3.42 (sino a giungere ai voli acrobatici in coppia, a voli di finta caccia, ecc.), furono trasformati da bombardieri ... in cacciatori.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:20 pm

    Da Gorizia questi otto piloti si portarono poi sull'aeroporto di Treviso per formare l'ossatura del nuovo 41° Stormo Intercettori su quattro squadriglie che si completarono in seguito con altri piloti provenienti dal bombardamento e dalla caccia diurna, previa attività preparatoria esclusivamente notturna, svolta nell'apposita scuola costituitasi sul posto.
    Il programma era intenso e comprendeva un corso di volo senza visibilità (questo svolto di giorno), mentre esclusivamente di notte venivano svolte esercitazioni di ricerca campo, intercettazione velivoli, volo in alta quota, radioguida, tiri contro palloncini, atterraggi con limitatissima illuminazione, acrobazia isolata, fila indiana, formazioni in pattuglia, atterraggi su campi di fortuna.
    Il tutto su di una copiosa gamma di aerei fra i quali: CR.30, CR.42, Ro.41, Ca.164, BR.20, S.79, MC.200, Saiman, Ca.31O, Ca.313, FN.305, Bucker, sino al Messerschmitt 110, impiegato da vari piloti inviati presso una scuola di caccia notturna in Germania per un periodo di un mese, nella quale permanenza compirono in modo brillante una fortissima attività di volo riscuotendo un plauso dalle autorità tedesche.
    L'addestramento andò ancora perfezionandosi nel corso dell'anno 1942 con l'organizzazione di tre Reparti scuola - sempre sull'aeroporto di Treviso - nei quali dovevano transitare tutti i piloti intercettatori notturni.
    Era previsto, oltre alle istruzioni teoriche, per ciascun pilota il compimento di 50 voli su monomotore e circa 100 su plurimotori nel 1° e nel 2° Reparto, ed altri 30 voli nel 3° Reparto per il definitivo addestramento operativo.
    Attività complessiva, quindi, di oltre 200 voli.
    Tutta l'organizzazione venne affidata al "Comando Intercettori Leone" appositamente costituito, il cui promotore e responsabile fu il Gen.B.A. Attilio Biseo (pilota tutto fare, già atlantico), indubbiamente rivelatosi tra i migliori nostri Generali, mentre il comando del 41° Stormo (primo grosso Reparto alle dipendenze del suddetto Comando Intercettori), fu affidato al Col. Antonio Moscatelli, già Comandante della Pattuglia Acrobatica Nazionale e atlantico.
    Finalmente nell'agosto del 1942 la prima Squadriglia organica di vera caccia notturna venne dislocata a Venegono, e successivamente altre a Lonate Pozzolo ed a Caselle Torinese, mentre Squadriglie e Sezioni, non ancora dipendenti dal nuovo Comando Intercettori funzionavano ad Albenga, Novi Ligure, Roma, Napoli ed in Sicilia.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:21 pm

    Nel cielo della Lombardia e del Piemonte vennero predisposte varie zone di agguato che avevano un determinato riferimento a terra contrassegnato da fari a diversi colori.
    Le zone a terra erano circolari con un raggio di km. 20/25 ciascuna.
    Le diverse colorazioni dei suddetti fari davano al pilota, oltre che l'individuazione della zona di attesa, anche un preciso riferimento terrestre nell'eventualità di subentrata cattiva visibilità o di deficiente rilevamento a mezzo radioguida.
    Sulla base di Venegono fu installato il cosiddetto “carro attesa" che era costituito da un pullman vuotato all'interno ed attrezzato (con alcune poltrone, un tavolo, frigorifero, telefono e radio) per ospitare di notte, abbastanza comodamente nelle immediate vicinanze degli stessi aerei, i piloti di pronto allarme.
    Si costituì poi, sempre alle dipendenze del “Comando Intercettori Leone" il Battaglione "R.A.R.I." su quattro Compagnie di aviatori con il compito dell'avvistamento delle formazioni aeree nemiche e guida dei nostri caccia.
    Questa fu un'altra procedura intrapresa ad imitazione, in linea generale, del già collaudato funzionamento tedesco, con esclusione però dell'attrezzatura radar che ancora non possedevamo.
    I velivoli assegnati ai Reparti operanti passarono dai CR.42 e dai Dewoitine 520, ai Re.2001 ed ai bimotori tedeschi Messerschmitt 110 e Dornier Do.217, questi due ultimi dotati di maggior armamento.
    Contemporaneamente si costruì, ad iniziare dal 1942 e terminato nell'estate del 1943, un campo di volo per l'esclusivo impiego della caccia notturna, a Saluzzo.
    Era privo di costruzioni murarie, quindi non facilmente individuabile dall'osservazione e dall'offesa aerea nemica, ma completo per quanta riguardava l'attrezzatura atta al difficile volo di notte.
    Basta citare che il sentiero luminoso, ad appropriati colori, si estendeva ininterrotto su di una eccezionale lunghezza di sei chilometri complessiva tra campo e fuori campo.
    Vi erano, altresì, fuori campo, varie linee luminose trasversali al sentiero che davano all'occhio del pilota, lungo il percorso di planata, determinate distanze dall'inizio campo e le corrispondenti quote da tenere nel caso di cattiva visibilità.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:22 pm

    Già dall'inizio dell'impiego, sia nella Scuola di Treviso che nel 41° Stormo per la difesa dei centri industriali del nord, tutti i velivoli erano dotati di apparecchiatura radiofonica per il norrnale collegamento tra terra e piloti in volo, tra velivolo e velivolo e per la sopracitata radio-guida.
    I collegamenti erano perfetti; i piloti volavano con estrema facilità ormai sia in notte con luna o senza luna.
    Talvolta, Squadriglie intere dovevano decollare od atterrare con segnalazioni luminose ridottissime dato il contemporaneo passaggio in quota di formazioni aeree nemiche provenienti dall'Inghilterra con sorvolo sulla Svizzera.
    Ciò accadeva spesso sugli aeroporti di Venegono e di Caselle.
    A tale riguardo i nostri piloti, inseguendo i velivoli incursori in fase di rientro in Inghilterra, hanno potuto assaporare il gusto del sorvolo di città illuminate della vicina nazione.
    Questo dopo anni di volo effettuato nella completa oscurità.
    E confortante rilevare che in oltre un anno di funzionamento sia della Scuola che delle Stormo e con fortissima attività (centinaia di voli notturni) non si ebbero a verificare incidenti di volo da addebitarsi ai piloti.

    Ma i risultati quali furono?
    Purtroppo essi non hanno appagato l'uso dell' eccezionale struttura organizzativa, la intensa preparazione, la capacità e l'eroica dedizione del personale impiegato.
    Nonostante l'assieme di queste prerogative che aveva raggiunto elevati livelli, la possibilità di intercettare le formazioni aeree avversarie fu handicappata dall'assenza di apparecchiature radar, le sole che potevano localizzare con estrema precisione di notte gli incursori e poi guidare il velivolo intercettore su di loro.
    Il radar, venuto a nostra conoscenza solo nel corso del conflitto (usato dagli inglesi e dai tedeschi sin dal 1939 e che noi chiamavano col nome di "radiolocalizzatore"), ci fu promesso dagli allora alleati tedeschi, ma le primissime installazioni in Italia, e l'inizio del regolare impiego, per esempio a bordo del Do.217, risultarono tardivi, cioè nell' estate del 1943, quando per noi era da considerarsi oramai terminata la guerra.

    Aeronautica ,Febbraio 1989
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:22 pm

    Intercettazione notturna

    Il 2° Gruppo Caccia Terrestre con i suoi RE 2001 si rischierò sull'aeroporto di Treviso S. Angelo nel dicembre 1942 per essere addestrato all'intercettazione notturna.
    Dal Libretto Personale di Volo leggo:
    19 lezioni di volo strumentale su SAIMAN 200 tenute dai Ten. Rissone, De Camillis e Valsechi, 1 volo radio guidato su S.79, 2 quote assistite in RF e 2 raids rispettivamente di 200 e 400 km su C.R. 42, infine 7 tiri di lancio sul poligono di Magnago.
    Il restante dell'addestramento furono voli acrobatici su C.R. 42 prima, RE 2001 dopo, con e senza la luna.
    Si aggiunga, alcuni voli su M.C.200, per chi come me ne aveva il passaggio, decollo e voli su RO 41, voli di collegamento con l'F.N. 305 e voli per gioco con il BUKER JUNGMEISTER.
    Quest'ultimo giunto dalla Jugoslavia, era troppo facile da pilotare per essere di qualche utilità al 1° Nucleo Addestramento Intercettori.
    Di notte, senza luna, con l'oscuramento in vigore, tranne poche e sparse luci in campagna, rimanevano ad aiutarci i soli cinesini allineati sul nostro campo erboso.
    L'acrobazia, eseguita necessariamente a quota più bassa, veniva molto facilitata dalla loro luce e tutte le manovre sfogavano nella dimensione di questo allineamento.
    Evoluzioni piuttosto inutili dato il nostro prossimo impiego, così pensavo allora, finché ebbi a ricredermi il 13 agosto 1943 quando ero già pronto al combattimento nella specialità Caccia Notturna.
    Al termine di un volo di addestramento non si aprì il carrello del mio RE-2001.
    Consumai il carburante e venni giù serenamente.
    Molto meno sereno lo sarei stato se avessi pensato che il velivolo era munito di ganci ventrali per l'attacco della bomba. I ganci agirono da vomere.
    Alcuni testimoni affermarono che mi ero fermato in 20 metri, altri in 10 o 15 al massimo.
    A me premeva solo accendere un cero allo speciale vincolo pilota "AEREA" che mi tirò all'istante giusto impedendomi di rompermi l'osso del collo per il contraccolpo e che il 2001 avesse subìto davvero, quanto appariva ad un primo esame, il solo danno di due pale dell'elica piegate.
    L'addestramento della mia Sguadriglia, la 358°, venne interrotto.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:23 pm

    Giunse l'ordine di partire subito per Venafiorita - Sardegna dopo essere passati per Ferrara a ritirare i primi RE 2001 con due cannoni da 20 in gondole subalari.
    Questi aerei non avevano il collimatore idoneo all'impiego notturno e perciò dal 3 maggio 1943 operammo soltanto di giorno partendo su allarme dagli aeroporti di Venafiorita, Decimomannu e San Vero Milis.
    Fummo quindi rischierati a Villanova d'Albenga dove ci vennero assegnati bellissimi DEWOITINE 520 per missioni diurne assieme con i 2001 e tre C.R. 42 nella versione Caccia notturna con ricetrasmittente e tubi di scarico smorza fiamma.
    Sulla colorazione nera di questi aeroplani la fascia bianca e i fasci littorio non apparivano e solo un filo bianco disegnava la croce, sul timone di direzione.
    La fauna della Squadriglia si arricchì poco dopo di un CA. 164 e di un raro esemplare di neonato l' F.L. 3
    Purtroppo con il Dewoitine 520 perse la vita il Maresciallo Ricci, nonostante il coraggioso intervento del capitano Piero Casana che lo tirò ancora vivo fuori dai rottami in fiamme
    Il Comando del 2° Gruppo con il suo Comandante, Maggiore Francesco Tessari, era a Genova alle dipendenze della Brigata "LEONE": la 152° Squadriglia a Sarzana e la 150° a Capua.
    Al nostro covo di Villanova d'Albenga, chiuso su tre lati da montagne con una collina a fine pista e la pista stessa pendente in direzione del mare, giunse notizia che all'aeroporto di Levaldigi era arrivato il mostro della Caccia notturna, il bimotore DORNIER 17 che si preparava a sortire con qualunque tempo munito di antenne specialissime e di equipaggio addestrato in Germania; inoltre, un sofisticato sentiero d'avvicinamento ne avrebbe facilitato il rientro alla base.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:23 pm

    Villanova d'Albenga 13 agosto 1943.
    Giocavamo a pinacolo:
    il Maresciallo Castelletti, i Serg. Magg. Capatti e Sgubbi ed io che quella notte ero di turno al posto del Capitano Angelo Merati che comandava la Squadriglia.
    Alle 23.45 decollai su allarme con il C.R. 42.
    Il tempo era incerto: due segnali di pericolo sui costoni prospicienti il campo erano stati accesi dagli avieri preposti.
    Poco dopo udii il “Buco”, cioè Sarzana che richiamava la propria "Barca".
    Anch'io ricevetti la comunicazione di cessato allarme e a mezzanotte e dieci ero a terra.
    Le luci sui costoni vennero spente.
    La pioggia batteva sui vetri della Saletta Operativa e la nostra partita a carte riprese.
    Alle 01.20 fu annunciato altro allarme.
    Toccava a me decidere se era il caso di fare partire un aereo e quale pilota scegliere: per non avere eventuali rimorsi, assegnai a me stesso questo tentativo d'intercettazione.
    Mi accompagnò al C.R. 42 la mascotte della Squadriglia, un fox-Terrier, che nel breve tratto dalla baracca all'aereo puzzava già di can-bagnato.
    Dense nuvole sfioravano le creste dei monti e quando fui in aria pensavo veramente che non mi sarebbe rimasta altra alternativa che quella di girare nella conca, più o meno come il motociclista del circo evoluisce nella botte: poi, uno squarcio ristretto fra le nubi mi invitò a passare e subito dopo si chiuse alle mie spalle.
    Al piano superiore, la luna non c'era a ricevermi.
    Più tardi, per lo sfilamento dell'impianto elettrico di illuminazione della bussola non potei effettuarne la lettura e rimasi con il solo aiuto del direzionale.
    A vista mi diressi là dove la contraerea illuminava un cielo fatto di cumuli e cumulacci, brutto skyline di nubi, ma mi resi presto conto che quella difesa era nella zona di Torino, un area che non doveva interessare noi del 2° Gruppo.
    Virai verso Sud, attento a cercare d'intravedere la costa; non vidi che buio, ma udii chiaramente l'ordine di portarmi a quota 5500 metri.
    Salii e appena livellato l'aeroplano un colpo di contraerea, molto vicino, mi sollevò di peso scaraventandomi sulla destra in posizione inusuale.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:24 pm

    Approfittando del bagliore tutto attorno mi augurai di vedere i bombardieri nemici, ma finii solo per stropicciarmi gli occhi e avere paura della reazione contraerea; allo stesso tempo fui contento di avere avuto un'indicazione di posizione, perche gli spari non potevano che provenire da Genova o Savona.
    Incrociai allargo sul mare, anche per evitare di confondere ancora l’artiglieria e seguii un circuito improvvisato allorché vedevo effettivamente fantasmi di aerei inglesi o americani che una volta avvicinati si rivelarono essere niente di più che stracci di nubi in volo su altre nuvole. Ricevetti l'ordine di rientrare e solo in quel momento guardai l'orologio.
    Era passata un'ora e mezza dal decollo.
    Dovevo affrettarmi, dovevo avvistare la costa, dovevo trovare Capo Mele e con l'aiuto dei segnali di pericolo sui costoni, infilarmi nella gola e atterrare.
    Iniziai la discesa, una discesa sempre più guardinga man mano che perdevo quota; a 400 metri ebbi ancora il dubbio che quanto intravidi fosse un ennesimo scherzo dei miei occhi, ma non fu cosi.
    La costa era sotto di me; il peggio era passato.
    Mi rimase solo la preoccupazione per l'autonomia restante.
    L'intercettazione avvenne all'improvviso: fra i corti montanti che formavano la gabana del C.R. 42 vidi grigio, non più nero.
    Per istinto tirai quanto potei la cloche e ebbi la sensazione di un atterraggio eseguito alla perfezione, un atterraggio dolce su terreno morbido.
    Mi voltai di scatto e vidi un pallone di sbarramento che danzava alle mie spalle.
    Qualcuno mi raccontò, giorni dopo, che giù al Comando di Gruppo chiusero gli occhi per riaprirli quando il rumore del mio aereo fu udito in allontanamento.
    Avevo cosi acquisito, sia pure a prezzo esoso, un'indicazione di posizione certa, senza ambiguità, perché in quei mesi lo sbarramento con palloni frenanti era stato realizzato solo a difesa della città di Genova.
    Mi rimasero pochi minuti per decidere come affrontare la prossima città: evitare la contraerea di Savona allontanandomi a bassa quota sul mare fra piovaschi e buio pesto, mi parve più imprudente che prendere Savona di petto sfiorandone i tetti.
    Savona accettò la mia carezza senza reagire.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:25 pm

    Cercai di comunicare con la Sala Operativa di Squadriglia per farmi vivo, ma sapevo che volando a quota più bassa delle montagne non avrebbero potuto ricevermi.
    Aguzzai gli occhi e trovai Capo Mele, virai verso le montagne e non vidi alcuna luce che ne indicasse il pericolo.
    Era successo che gli avieri di servizio ai costoni, ricevuta la telefonata di cessato allarme, spensero le luci dando per scontato che l'aeroplano da assistere fosse da un pezzo al sicuro con i tacchi alle ruote.
    Per non essere nuovamente colto di sorpresa guardando avanti attraverso la gabana e probabilmente questa volta non riuscire ad evitare l'ostacolo che non danza né perdona, mi inoltrai fra i monti spedalando.
    Dopo poco, invece di iniziare la planata con il muso alto, assetto che tanto piaceva al C.R. 42, discesi scivolando d'ala un po' a sinistra, un po' a destra spesso abbassandone il muso finché ad un tratto vidi un filo sottile verde brillante: era la catenaria, la soglia di casa.
    Una dozzina sola di lampadine colorate sarebbe stata più che sufficiente per farmi atterrare anche senza bisogno di disturbare i cinesini alle 3 .25 di notte come di fatto avvenne.
    Ancora un paio di scivolate d'ala per correggere la mia quota ed ebbe inizio la peggiore situazione in assoluto in cui venni a trovarmi durante questo volo che fu tutto pericoloso dall'inizio alla fine.
    Nella fase di avvicinamento, quando ormai ero in cortissimo finale, il fascio di luce di un riflettore da difesa contraerea, montato su un camion PIA T B.L. 18 della prima Grande Guerra, posteggiato nelle vicinanze della catenaria, mi investi in pieno.
    Per non rimanere accecato nascosi la testa nell'abitacolo; per non "scassare", detti tutto motore e virai stretto in forte assetto cabrato.
    Cominciò da questo momento la giostra con il rifletore che era deciso ad abbattermi.
    Quell'inseguimento insensato doveva cessare; dovevano cessare le mie manovre evasive, acrobazie eseguite in una conca chiusa da un coperchio di nubi e disturbate dai guizzi di luci nel loro impatto con le pareti.
    A questo fine il Serg. Magg. Capatti corse dalla Sala Operativa lungo tutto l'aeroporto fino a farsi scoppiaré il cuore.
    Meglio sarebbe stato se a Capatti fosse scoppiato il cuore durante quella generosa corsa verso
    il camion perché mesi dopo fu ucciso in combattimento aereo e, caso unico, inimmaginabile, l'aereo andò a schiantarsi proprio davanti la casa dei suoi genitori.
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    Messaggio  White_Group Sab Nov 29, 2008 5:25 pm

    Ormai esasperato, decisi di fare saltare gli uomini addetti al riflettore giù dal camion: mi portai in direzione opposta a quella di atterraggio e profittando di un loro momentaneo disorientamento mi avventai.
    Il fascio di luce rimase paralizzato nella posizione in cui non fu più manovrato.
    Per non allontanarmi nel buio che ormai mi intimidiva, richiamai l'aereo in verticale dopo la puntata;lo costrinsi poi a scivolare d'ala in virata stretta e ciò sia per non forare il coperchio di nubi e sia per potermi allineare con la direzione d'atterraggio.
    La manovra fu necessariamente violentissima: se ne lamentò con un sibilo il copertone della ruota sinistra nel toccare terra.
    Riuscii a mantenere diritta la corsa, poi diressi al parcheggio dove il C.R.42 non arrivò.
    La benzina era finita. L'elica era ferma.
    Il Serg. Magg. Sgubbi avvicinandosi all'aereo mi apostrofò:
    «Con lei Tenente non si sta mai tranquilli!».
    Quella notte stentai a prendere sonno.
    Ringraziai la Madonna di Loreto, ringraziai l'allenamento acrobatico notturno fatto a Treviso e da me cosi poco apprezzato, ringraziai il C.R. 42 che rimase a secco di carburante al momento giusto permettendomi e perdonandomi una scivolata d'ala irripetibile.
    Qualche ora dopo fui svegliato perché il Generale Attilio Biseo, Comandante la Brigata Leone, voleva vedermi.
    Ero stato alle sue dipendenze quando volavo con gli S. 79 del 33° Stormo B.T. in Libia nel 1940; lo avevo sempre ammirato questo trasvolatore "Atlantico", questo pilota e tecnico eccezionale.
    Mentre mi vestivo, lui era giunto alla soglia dell'alloggio, mise una mano sulla mia spalla e disse: Calendino, per tua consolazione, ti informo che di tutta l'alta Italia in allaeme, siete andati in volo solo Balli con il Dornier e tu col C.R. 42….

    Ala Tricolore Maggio 1989

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