Prefazione
Secondo l'araldica del cielo, il <Gotha> aviatorio attribuisce al Comandante Ugo Drago il titolo nobiliare di “Granduca”.
Alta nobiltà, derivata dall'appartenenza alla Famiglia della stirpe “Gigi Tre Osei”.
Battute a parte, sapete cos'era in realtà, in seno al 150° Gruppo, la Squadriglia di caccia battezzata con quel curioso nome e che aveva come stemma una palma su fondo azzurro e tre uccelli stilizzati in volo?.
Eccone in due parole la storia.
“Gigi tre Osei” era un ufficiale di complemento ben noto nel campo sportivo.
Si trattava, in effetti, del trentino Luigi Caneppele, aliantista olimpionico, individuo, è il caso di dire, nato con le ali.
Per una bravata, cui seguì un incidente di volo, Gigi ebbe la “scomunica” come “cacciatore” proprio mentre il suo Gruppo, all'inizio della guerra, si accingeva a partire per l'Africa.
Gigi era disperato.
Implorava, pregava, chiedeva, supplicava, ma tutte le porte sembravano ormai chiuse.
Alla vigilia, però della partenza della squadriglia, un ufficiale s'ammalò e Gigi partì al suo posto, dimostrando in Africa la sua bravura, il suo entusiasmo, il suo spirito di sacrificio.
Beh, Ugo Drago era, alla stregua di “Gigi tre Osei”, uno dei piloti che non poteva concepire la vita se non in cielo;
per di più fu, come si legge nella sua storia, “uno di quegli aviatori” che fino all'ultimo si batterono “uno contro cento” e, pur perdenti, per il loro eroico comportamento, seppero nobilitare quella sconfitta.
Tale la squadriglia “Gigi Tre Osei”, tale il suo comandante Ugo Drago.
La nostra, la definirei un'amicizia randagia, nel senso che è stata sempre soggetta a interruzioni, non per ragioni sentimentali, ma per lontananze forzate, specie durante la guerra. La guerra, aggiungo, che non distribuisce soltanto tormenti, amarezze, delusioni e dolori, ma anche sogni.
Sogni, precisamente, e quanti, in gran parte legati a un'epoca e a vicende in cui la nostra vita era alimentata da orgogli ed entusiasmi, motivati da ideali che, purtroppo, si sono andati via via spegnendo.