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    WAR REPORT – Recidere i legami

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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:12 pm

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    Il campo appare improvvisamente al termine della pista che si diparte dalla Litoranea;
    una distesa irregolare e malamente delimitata alla quale soltanto la presenza degli apparecchi, distribuiti in file asimmetriche, da fisionomia di aeroporto e distingue dall’altra distesa desertica ch'è tutt’intorno.
    Sotto al piccolo ciglione che par sorgere su di un lato la piattaforma del campo sono gli attendamenti per gli uomini e ì servizi;
    grandi tende doppie che fanno difesa al sole incalzante e alla polvere;
    tende più piccole nelle quali dormono gli ufficiali, officine, depositi, dormitori, tutto è raccolto al labile riparo dei teli.
    E tra le tende spicca più evidente per contrasto una baracca di legno, una piccola baracca senza pretese dal tetto basso e piatto, dalla porticina aperta contro vento (un problema difficile a risolvere perché tu non puoi mai sapere da che parte spiri il vento tra un'ora) e un piccolo comignolo fumante sul tetto e due finestrelle su ciascun lato.
    E’ la mensa dei cacciatori.
    Una piccola tavola di fronte alla porta alla quale prendono posto il comandante e i capitani, due tavole più lunghe allacciate alla prima e prolungale sui fianchi per i subalterni.
    È mezzogiorno.
    Le pareti di legno della baracca non sanno dare refrigero al caldo afoso che brucia rabbiosamente l'aria rarefatta;
    ma sembra già gran vantaggio la mancanza di vento.
    Nella mensa ci sono soltanto due ufficiali, un tenente e un sottotenente;
    parlano sommessamente come a fatica per il gran caldo.
    Improvvisamente la piccola stanza si colma di giovinezza;
    tutti han gran fretta di mangiare perché tra mezz'ora son di servizio.
    Giunge poco dopo il maggiore e siede affrettato ma sorridente alla tavola,imitato dagli altri.
    Parole scarse;
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:13 pm

    qualche domanda all’ospite piovuto improvviso e inaspettato;
    qualche frase scherzosa sul giornalismo.
    Tutti sembrano stanchi per l'affanno del caldo, per la mancanza d'aria, per le mosche che imperversano e nelle giornate afose diventano più insistenti e pungenti.
    Ma lentamente l’ombra dell’accogliente baracca distende i nervi e dà ritmo regolare al respiro;
    la conversazione si rianima;
    i subalterni prendono lena.
    Chi potrà mai ripetere le girandole di battute e di frizzi scaturiti dalle bocche giovani?
    Sembra assurdo pensare che questi ragazzi siano combattenti, i quali oggi han combattuto, ancora oggi combatteranno.
    Sembra assurdo.
    O non è piuttosto, questa, una riunione di atleti che riposano dopo l’allenamento?
    L'allegria spensierata e l'appetito formidabile sembrano darmene ragione.
    Vorrebbero, tra una battuta e l'altra ,narrare anche qualcosa che possa servire al cronista di guerra, il quale fa onore alla tavola ma ascolta attento;
    vorrebbero narrare, ma dovrebbero parlare di guerra e la guerra sembra lontanissima.
    Racconta, sollecita un sottotenente rivolto à un altro giovane come lui
    racconta di quel giorno che hai atterrato in mezzo alla fanteria .
    L'interpellato piega il viso in una smorfia come a un ricordo angoscioso poi sorride.
    Quel giorno è ormai lontano.
    Comincia dunque, aggiunge un altro,
    mentre col pugnale tra i denti piombavi sul nemico...
    L’avventura drammatica, che soltanto un colpo di fortuna ha impedito precipitasse in tragedia, si diluisce ormai in un gioco ironico di parole.
    In quest'ora di riposo i giovani che han combattuto la mattina, che combatteranno il pomeriggio, dimenticano d'essere combattenti.
    E l'avventura era pur stata paurosa:
    il sottotenente che faceva parte d'una formazione in volo sulle nostre linee, aveva affrontato un nugolo di cacciatori nemici e dopo aver lottato duramente aveva avuto il motore colpito in modo grave ed era stato costretto ad atterrare sotto la minaccia dell'incendio a bordo;
    cosi s'era trovalo tra i fanti della linea avanzata.
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:14 pm

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    Momenti terribilmente angosciosi che sembrano tuttavia perdere consistenza nel gioco volubile della conversazione.
    Un gioco che si rinnova su vari argomenti per tutta la durata della colazione come se quella breve fugace riunione riposante dovesse durare all'infinito, come se la guerra fosse una cosa lontanissima, estranea, e li vicino non vi fossero gli apparecchi già pronti al decollo e il campo non fosse a pochi chilometri dal fronte e la morte fosse un'immagine irreale fuori della vita quotidiana.
    Osservo ad uno ad uno i giovani che siedono accanto a me e di fronte;
    vorrei imprimermi nella mente il volto di ciascuno;
    interpretarne dai lineamenti e dalla mimica del viso i sentimenti, gli impulsi, i pensieri; riconoscere la personalità combattiva di ognuno per immaginarlo poi in aria quando nell'incontro cruento col nemico egli è tutto solo;
    solo col suo apparecchio e col suo destino e nessuno può essere testimonio delle sue imprese e del suo valore;
    vorrei indovinare com'egli combatterà perché la narrazione di quel combattimento che forse dovrò descrivere abbia più realistica evidenza.
    Ma nel guardare questi giovani anch'io dimentico le mie necessità professionali, ma non dimentico la guerra.
    E cerco di comprendere, io che sono indissolubilmente legato alla terra, cerco di comprendere per quale prodigio di volontà, per quale mistero dell'animo questi ragazzi riescano a passare senza contrasti evidenti dal fatuo fuoco di paroìe al fuoco cruento delle armi di bordo che sono sempre annuncio di morte.
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:14 pm

    Dovresti restare qui con noi a tavola la sera , mi dice un tenente che siede accanto a me;
    allora si siamo veramente in vena;
    possiamo scherzare a nostro agio senza l'assillo del servizio imminente
    .
    Ed io lo guardo sorpreso perché non immagino quale nuova più intensa gaiezza possa ravvivare questi giovani.
    Non immagino come la fugace tregua della sera e della notte possa portare questi piloti in un'atmosfera d'oblio assoluto, dimentichi della guerra, del pericolo corso, della continua lotta con la morte;
    della morte che si presenterà ancora l'indomani e i giorni seguenti con ossessionante
    insistenza.
    Fra pochi minuti essi incontreranno il nemico;
    saranno nel vortice del rischio più grave e sembrano pensare soltanto alla sera, alla sosta benefica e riposante che farà scattare la scintilla dell’ umorismo spensierato, della gioia serena.
    La colazione è finita:
    i piloti si levano dalle tavole come ad un tacito comando;
    s’avviano verso il campo sul quale gli uomini dei servizi hanno già messo a punto gli apparecchi.
    Rapidi preparativi, rapidi ma calmi, misurati, volitivi.
    È da poco passata la prima ora del meriggio;
    il sole picchia in verticale senza ombre e l’aria è ancora più rarefatta del mattino;
    è fatica soltanto respirale.
    Gli uomini si muovono veloci, indossano le tute di volo;
    i motorini d'avviamento cantano come preannuncio del canto più rauco delle mitragliatrici;
    i giovani prendono posto sugli apparecchi.
    Li guardo ancora uno ad uno in volto per leggerne i sentimenti, per avere l'immagine chiara del pilota che va a combattere.
    Ma nulla è mutato in loro;
    la medesima serenità delle altre ore, gli stessi sorrisi ingenui e giovanili.
    Non più frasi scherzose perché sanno che la guerra è una cosa seria;
    ma nulla è mutato nell'espressione del viso.
    Nulla se non un'impronta volitiva e decisa che mi rivela il combattente in ciascun ragazzo.
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:15 pm

    Cerco penetrare questo grande problema psicologico che m'appare un prodigio e un mistero;
    il passaggio repentino e brusco dalla più chiara atmosfera di riposo all'atmosfera della guerra più aspra e cruenta.
    Questo interrompere violento d'un fluire di pensieri sereni e gai a una precisa incrollabile volontà di lotta;
    questa assurda ginnastica dell'anima e dei nervi che sopportano la violenza del passaggio come un tuffo dall'aria gelida nell'aria torrida;
    questa meravigliosa facoltà di recupero che si manifesta più volte al giorno;
    questa sublime indifferenza o impassibilità che sia nel mutare veloce delle ore tanto diverse l'una dall'altra;
    questa meravigliosa abilità nel recidere i legami.
    Ecco: recidere i legami, perché ogni volo (e nelle giornate affannose dell'offensiva i voli si rinnovano più volte nella stessa giornata) è come il disancorarsi dalla terra per entrare di prepotenza in un mondo tutto diverso;
    perché il riposo, l'ora fugace del riposo, riporta tutti i pensieri della terra, le immagini care sbiadite dalla lontananza, le necessità più elementari della vita quotidiana, il desiderio che scaturisce dalla giovinezza di divertirsi e scherzare, e poi, subito dopo, sul ritmo scandito dai secondi, ecco che tutto questo s'allontana, fugge veloce e il mondo muta, e la guerra riafferra, domina i nervi , l'anima e il cuore, la guerra ch'è lotta singola senza possibilità di evasione, il duello che ha per posta la vita.
    Questo significa recidere i legami, un gioco dei nervi e dell’anima che a me sembra dovrebbe logorare alle prime prove.
    Il combattente di terra (lontano da me il pensiero di fare una distinzione di meriti e di valori) recide i legami una volta per tutte, al momento stesso in cui scava la buca in linea si salda alla sua arma e inizia la battaglia dalla posizione avanzata, la battaglia che avrà termine soltanto con la sconfitta del nemico, con la fuga del nemico.
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:16 pm

    Ma il pilota, no, torna alla vita e dalla vita si distacca ad ogni volo, torna al campo e dimentica nell'accogliente riposo della tenda o della mensa il pericolo mortale corso poche ore prima, il pericolo che dovrà correre tra poche ore;
    sembra che un misterioso lavoro gli tolga di dosso l'odore acre della guerra;
    torna ai pensieri di cose terrene, alla compagnia che par spensierata, e tutto questo dura un'ora, poche ore;
    poi ecco di nuovo ripiombare nell'atmosfera affocata della guerra e la terra è dimenticata;
    dal freddo gelido passa al caldo torrido, dalla luce chiara passa al buio assoluto, dalla vicinanza dei compagni passa alla solitudine piena d'insidie e di agguati.
    Questo significa recidere i legami, la prima prova del combattente dell'aria, la più dura, a mio vedere, la più difficile, la più logorante.
    E tuttavia il cuore non accelera i battiti, i nervi son tesi ma non cedono.
    L'anima chiama a raccolta tutte le facoltà attive del corpo per farne altrettante armi spirituali d'offesa e di difesa.
    Ed è la soluzione rapida, violenta, quasi, di questo problema, una soluzione che si rinnova più volte al giorno e per tanti giorni che io cerco di afferrare nella sequenza dei passaggi, sul volto dei piloti che s'accingono a prendere il volo.
    Ma ogni volto non ha mutato tratto;
    sereno come prima, sorridente come prima.
    Sulla pista di decollo, ora saturo di polvere, rimane con me soltanto un capitano al quale l'apparecchio in riparazione ha impedito di seguire i compagni.
    La conversazione è rada, a frasi brevi, insignificanti.
    Chi resta è nervoso, sente veramente la preoccupazione per coloro che son partiti;
    l'animo spoglio dall'esaltazione della lotta, soffre l'attesa.
    Trascorrono lente le ore e all'orizzonte appare un punto nero;
    il primo velivolo rientra;
    il capitano guarda col volto teso in avanti come a ricevere per primo l'annuncio della vittoria, l'annuncio che tutti ritornano.
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:17 pm

    WAR REPORT – Recidere i legami RecidereF3-vi
    Il punto nero all'orizzonte si moltiplica;
    la formazione rientra;
    passa veloce un apparecchio con una fulminea picchiata sul campo;
    è l'annuncio che un velivolo nemico è stato abbattuto.
    è l'annuncio di una vittoria che arricchisce la corona del reparto.
    Il capitano ch'è a terra gioisce per un attimo all'annuncio, ma un pensiero più forte domina la sua mente, l’ansia di sapere subito che tutti tornano.
    Nel riflesso ardente e fastidioso del sole, i suoi occhi s'affissano in alto nello sforzo di contare i vari caccia che già cominciano ad atterrare.
    I primi piloti si raggruppano intorno al capitano rimasto a terra;
    il volto sporco di polvere impastata dal sudore sulla pelle;
    le mani frementi come ancora fossero nel vivo della battagliai, la voce roca come per una lunga corsa, a scatti danno i primi particolari della battaglia;
    ma tutti guardano in alto nello sforzo di contare, nell'ansia dì sapere che tutti son tornati.
    Manca un apparecchio.
    Nella tenda il comandante fa l'appello dei gregari che l'attorniano;
    un nome rotola dopo l'altro nel silenzio spezzato solo dal fremito del vento;
    in ognuno è già la consapevolezza del nome dell'assente, ma tutti pare attendano la conferma che verrà fatale dall'appello come se una speranza ancora si alimentasse nei cuori.
    Un nome rotola dopo l'altro e ad ogni nome risponde la voce d'un pilota;
    un nome è pronunciato dal comandante e intorno si fa silenzio, un silenzio crudele, angoscioso. La speranza ultima è svanita, la tenda è colma della realtà dolorosa, violenta.
    Il tenente X non risponde;
    non potrà mai più rispondere.
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    Messaggio  michele Sab Nov 07, 2009 7:17 pm

    Soltanto ora i volti non hanno più la serenità di sempre, i sorrisi sono scomparsi;
    i giovani sentono la tragicità della guerra in questa assenza innaturale e tuttavia logica e la loro anima è ancora lontana, al luogo della lotta asperrima perché questa assenza triste impedisce loro di tornare sulla terra.
    Ma è un incubo che svanisce apparentemente quando altri compiti incombono.
    Ciascuno narra i particolari della sua o battaglia per ricomporne il mosaico nella vividezza dei colori, nella complessità delle figure.
    L'assente par dimenticato e tuttavia mai come ora egli è presente.
    Mi sforzo di ricordarne il volto, di vederne gli ultimi gesti, di ricostruirne la personalità;
    voglio domandare qualche particolare ai compagni ma vedo che se ne ritraggono infastiditi. Non bisogna parlare dell'assente.
    I piloti sono tornati sulla terra, bisogna che vivano sulla terra, dimentichi della guerra;
    tra poche ore essi dovranno tornare alla battaglia;
    la battaglia nella fugace pausa dev'essere dimenticata.
    L'assente, vivo più che mai nel cuore di ognuno, sembra lontano, svanito oltre l’orizzonte.
    E non è crudeltà ma necessita della guerra.
    Nelle tende, nel nuovo riposo non ci sarà più la giocondità del frizzo saettante del motto ironico, della spensierata battuta, ma l’assente è apparentemente dimenticato perché bisogna dimenticare la guerra in quest'ora tranquilla.
    La guerra che tornerà tra poche ore, quando di nuovo occorrerà recidere i legami.


    ORESTE GREGORIO
    L’Ala d’Italia , Novembre 1942

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