L'abbiamo sentito volare a lungo sui nostri capi, nella ventosa serenità del pomeriggio di marzo.
Saliva rapido, picchiava fulmineo, s'impennava, forava l'azzurro, ritornava a tracciar sui nostri capi volteggianti cerchi d'insuperabile abilità ... poi,d'un tratto, la voce del motore si attenua e non l'udimmo più passare sui volti riversi a guardare la meraviglia della sua intrepidità senza paragoni.
Pietro Scapinelli si era tuffato nel gran volo senza ritorno e la sua anima di poeta dell'audacia, di scavalcatore d'orizzonti, di superatore di nuvole, come una caravella aerea, che attacchi le collane siderali, saliva sola, libera, verso le supreme fissità ideali;
come è di ogni volatore, che, rotto gli indugi, spezzati i lacci che lo legano alla materia, d'un tratto saetta dalla carlinga, e si Iancia alla conquista di voli impossibili ad ala umana.
Il volo d'Icaro in fondo si ripete sempre.
Ma se la superbia della conquista umana a tratti viene piegata dal Nume non amico dell'assalto materiale alle inviolate solitudini stellari, quando è l'animo che vola, allora Essa ascende ed il Nume feroce, ingordo di vite, si placa.
Pietro Scapinelli di Leguigno era un'anima che volava.
Non era in Lui soltanto la passione del pilota; c'era qualcosa in più: un 'immedesimazione totale con la grande ansia che lo ha sempre pervaso, insanata ed inestinguibile, insonne come che pensi che, per dormire, c'e poi tempo tutta l'eternità.
Pietro Scapinelli italiano nuovo che portava in se tutta la linfa della gente reggiana serena e forte, noncurante, anzi persino un po' sprezzante, nell'elogio, che non cerca la ricompensa, mai, e non desidera il primato che per il piacere intimo e forte di far bene.