Due anni fa ripresi a volare, dopo un intervallo di tredici anni.
Molti amici mi incoraggiarono e molti altri trascurarono il loro lavoro per aiutarmi a ricominciare daccapo come pilota.
Il medico dell'aviazione che mi fece la visita necessaria fu estremamente cortese anche se non aveva la più vaga idea di chi fossi.
Un pilota che dirige un centro di corsi aeronautici mi diede lezioni per una settimana onde mettermi in grado di superare un esame scritto per il volo strumentale.
Un altro pilota, che dirige una scuola di pilotaggio, mi fece volare alcune ore quasi gratis.
Poi passai il controllo per il volo cieco.
Un noleggiatore locale di apparecchi mi pagò addirittura, mentre facevo delle ore di volo per addestrarmi.
Due mesi dopo il giorno in cui mi ero reso conto che avrei potuto ottenere il brevetto di pilota civile di secondo grado, ero già pronto.
Sul documento risultavano aerei plurimotori, commerciale l'abilitazione al volo strumentale.
La cosa più straordinaria è che la ruggine se ne andò in un batter d'occhio, come se non avessi mai smesso di volare.
Abituarmi a strumenti che non avevo mai usato in vita mia non mi fu affatto difficile. Ma questo lo si capisce perchè, per più di dieci anni, volare era stata una delle poche cose che erano riuscite a interessarmi per un periodo di tempo abbastanza lungo.
All'inizio, mi preoccupavo delle conversazioni con le torri di controllo e delle comunicazioni radio.
Ma anche questa si aggiustò quasi subito.
Quando chiamavo e dicevo che ero «uno nuovo» mi aiutavano in tutti i modi.
Alla mia età, pur con un ottimo passato di volo, fu piuttosto difficile ottenere un impiego presso una linea aerea ma, per fortuna, riuscii a trovare un posto di pilota. Una compagnia di trasporti mercantili di Burbank mi permise di usare un piccolo velivolo a cinque posti per trasporti privati.
La compagnia non mi dava stipendio, ma una provvigione sul lavoro che procuravo.
In cambio, portavo a spasso i dirigenti della compagnia e i loro ospiti, senza ricevere ricompensa.
Per me andava benissimo, perchè era meraviglioso tornare a volare.
Trasportavo uomini d'affari, attori del cinema e chiunque avesse voluto andare in un posto qualsiasi e fosse stato disposto a pagare sessanta dollari l'ora.
L'aviorimessa della linea aerea al Lockheed Air Terminal si trova a poco più di cinque minuti di distanza da casa nostra, quasi nel centro della San Fernando Valley.
Gli aerei in decollo da Lockheed passano sopra di noi giorno e notte.
Quando gli amici vengono a trovarci dalle altre parti della città, non riescono a capire come possiamo resistere con quel frastuono.
Probabilmente non si rendono conto che esso per me e musica.
I decolli non danno fastidio a nessuno in casa nostra, neanche al bassotto, Alvin, che ha orecchie molto sensibili.
Ma, oltre a non esserne infastidito, mi piace sentirmi vicino a tutti i piloti che passano sul mio capo.
Il mio impiego come pilota mi procurò un posto come tecnico per le vendite presso la Coast Pro-Seal una fabbrica di apparecchi sealants, che rifornisce l'industria aviatoria di tutto il paese.
Volo soltanto a fine settimana e per ragioni d'affari, ma sia che voli sia che faccia altre cose, continuo a incontrare persone con le quali ho volato in passato.
Molte cose sulle quali ora scherziamo, sono state molto, molto serie.
Non dimentichiamo che si trattava di vita o di morte e non dimentichiamo le fatiche e le angosce che abbiamo sopportato.
Una volta l'anno, e a volte anche più spesso, ci riuniamo qui nella valle per un pranzo. Siamo in venti e alcuni sono piloti, altri ex piloti.
Alcuni fra loro avevano una misteriosa abilità nel tenere in aria i velivoli.
Quasi tutti sulla quarantina.
Si è sempre parlato molto di questi uomini, da quando si è saputo della loro esistenza, ma pochi sanno come si sono incontrati per la prima volta.
Quasi tutti li conoscono soltanto con il loro nome leggendario:
Le Tigri Volanti
Gregory “Pappy” Boyington