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    Fiat - G50 – Freccia

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    Messaggio  Fox Mer Feb 04, 2009 11:50 pm

    Fiat - G50 – Freccia I338206_mkreG50F1

    In tutti i paesi maggiormente industrializzati gli anni 1934-36 segnano un periodo fondamentale per l'aviazione da caccia.
    Conclusa un'epoca di transizione, si trattava di procedere su basi interamente rinnovate, abbandonando sia i biplani che i primi goffi e panciuti monoplani a carrello fisso con le ali irrigidite da ingombranti (e fischianti) tiranti.
    In Italia, nel luglio 1936 il Ministero dell'Aeronautica emise un bando di concorso per un caccia moderno.
    Per la Macchi, l'ing. Castoldi approntò l'MC.200 (primo volo il 24 dicembre 1937);
    per l'IMAM di Napoli, Galassi il RO.51 del 1937 dapprima a carrello fisso;
    Gabrielli per la Fiat il G.50.
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    Messaggio  Fox Mer Feb 04, 2009 11:50 pm

    G50
    Il concorso subì vari cambiamenti di orientamento:
    dapprima si richiedevano due armi calibro 12,7 mm e una calibro 20, oltre a una spezzoniera interna, poi una sola arma e un'ora di autonomia, con la scelta infine di due armi da 12,7, un'autonomia in crociera di due ore e senza carico di caduta.
    L'impossibilità di ottenere velocità di punta, comparabili ad analoghi e perfino precedenti caccia stranieri, si deve esclusivamente ascrivere alla mancata adozione di un motore di potenza sufficiente.
    Nonostante i successi nella Coppa Schneider di tanti idrocorsa Macchi, anche con potenti motori Fiat culminanti nell'AS.6 da 2.800-3.200 CV, non si ritenne opportuno adottare un propulsore "forte", non necessariamente con i cilindri in linea (eppure esisteva la serie degli Isotta Fraschini).
    Va infatti doverosamente rammentato come, anche con motori stellari, si potessero avere degli ottimi caccia, tipo FW.190 o Zero giapponese, pur di due concezioni radicalmente differenti.
    Nel nostro concorso era d'obbligo il radiale Fiat A.74 R1C 38 da 840 CV al decollo, direttamente estrapolato dal P&W Twin Hornet americano propulsore ottimo e fidato.
    Altre particolarità imposte, la costruzione metallica, l'ala bassa a sbalzo, il carrello retrattile, la cabina chiusa.
    L'ing. Gabrielli aveva raggiunto la Fiat nel 1931 e rappresentò subito la tendenza modernista contro quella più conservatrice di Celestino Rosatelli.
    Fino al G.50 aveva progettato tutta una serie di macchine per volare, quattro delle quali giunsero alla realizzazione.
    Il G.2, piccolo trimotore, il G.5 da turismo, l'allenatore G.8, il bimotore di linea G.18.
    Nel settore dei caccia c'era soltanto il G.4 del 1932, un biposto rimasto sulla carta con un motore Fiat A.26 R da 760 CV.
    Già nel 1935 Gabrielli aveva sul tavolo una prima idea del G.50, previsto con una mitragliatrice 12,7 sincronizzata e un cannoncino Oerlikon da 20 mm sull'ala destra, con il Fiat A.76 da 1.000 CV che però entrerà in produzione soltanto nel 1943, tanto che, in sede di progetto, dovette adattare l'incastellatura motore per l'A.74.
    L'attività progettativa segui l'evoluzione delle specifiche ufficiali e si prolungò perciò fino al 1936;
    venne mantenuto il vano bombe richiesto dalla prima specifica, in quanto il concorso richiedeva due varianti, caccia puro e caccia da attacco con portabombe spezzoniera.
    Nel 1929 la FIAT aveva rilevato gli impianti della CMASA, sulla foce dell'Arno a Marina di Pisa.
    Qui viene costruito il primo prototipo MM. 334, profittando della notevole esperienza in costruzioni metalliche ottenuta con gli idrovolanti Dornier.
    Da principio senza portelli del carrello, il caccia, se non proprio elegante, si presentava abbastanza profilato.
    Ultimato e trasportato per ferrovia a Torino, dipinto in bianco avorio con freccia rossa, viene collaudato a Mirafiori il 26 febbraio 1937 da Giovanni De Briganti.
    Un quarto d'ora di volo senza lode ne infamia.
    Privo di attrezzature belliche raggiungeva i 483 km/h, 760 km di autonomia, 9.900 m di tangenza, salita a 6.000 m in 7'10".

    Italo de’ Marchi
    Rivista Aeronautica, Marzo 1984
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    Messaggio  Fox Mer Feb 04, 2009 11:50 pm

    Fiat - G50 – Freccia I338340_mkreG50F3
    Esposto al Salone di Milano dello stesso anno, era per forza di cose destinato alla serie:
    per volontà della casa, le CMASA dovevano sopravvivere.
    Subito ordinato in 45 esemplari, fu il primo aereo in Italia ad inaugurare la nuova generazione di caccia. Il Macchi C.200 segui dopo sei mesi, il Caproni Vizzola F.5 il 22 aprile 1939, il Reggiane 2000 il 24 maggio dello stesso anno.
    In seguito alle pressioni Fiat si prescelse infine la configurazione caccia puro, apportando le necessarie modifiche alla prima serie, già in costruzione a Pisa, sigillando il porta-bombe in fusoliera.
    All'impiego di attaccante si ritornerà, però, dopo qualche anno.
    I collaudi proseguivano tra Pisa, Torino e Roma evidenziando, come per il Macchi e il Ro.51, fenomeni di auto-rotazione per il distacco dei filetti fluidi dall'ala, lo scotto della novita, assai pericoloso a bassa quota.
    Il secondo prototipo MM.335 andava distrutto l'8 novembre 1937, proprio con De Briganti, per una piantata di motore e caduta in vite a 80 metri dal suolo.
    Il 9 giugno 1938 si procedeva a Guidonia a prove comparative tra i tre aerei, la commissione era formata dai generali Monti e Pinna, col. Raffaelli, ten.col. Torre, magg. Lippi.
    Piloti, il magg. Ugo Borgogno - comandante il Centro sperimentale - per il Ro.51,
    il ten. Pancera per il G.50.
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    Messaggio  Fox Mer Feb 04, 2009 11:51 pm

    Fiat - G50 – Freccia I338345_mkreG50F2
    Subito si rivelò l'inferiorità del Ro.51;
    quanto al Fiat vennero giudicate favorevolmente le installazioni, l'accesso e la cabina, nessuno scarico di gas all'interno, comandi docili e senza giochi, freni e carrello efficienti, decollo e atterraggio agevoli, qualche difficoltà nella vite a sinistra e nel mulinello rapido, notevole robustezza, critiche alla visibilità del trasparente ma, come vedremo, presto superata.
    Un giudizio generale comunque favorevole, anche se il Macchi si rivelò migliore, pur necessitando
    di un ritocco all'ala, come poi l'uso pratico confermerà, mentre il G.50 non subì alcuna modifica.
    Confrontandoli, il Fiat era più corto, pesava 122 kg in più (2.330 contro 2.208), meno veloce (483 km/h contro 512), con minore autonomia (760 km invece di 870) ma più rapido in salita, 6'25" a 6.000 m contro 7'10", maggiore la tangenza, 9.900 m anzichè 8.900.
    Il G.50 eccelleva in robustezza, facilità di ispezione e riparazione, era meno manovrabile e stabile, specie ad alta quota, aveva i comandi duri, era considerato meno fine aerodinamicamente.

    Sia pure non ufficialmente l'anno dopo il G.50 viene confrontato a Guidonia con l'F.5 (che era per il 60% in legno), piloti rispettivamente Cugnasca e Moci.
    Il Caproni gli è superiore in ogni aspetto dimostrandosi aereo di razza, come verificato nel successivo e pur limitato impiego pratico.
    Fuor di dubbio che Reggiane 2000 e F.5 fossero migliori ma entrambi avevano il torto di essere arrivati quando i giochi erano fatti e di non essere sostenuti politicamente.
    Prescelti dunque MC.200 e G.50 è come garanzia di riserva il CR.42, la produzione del G.50 procedeva nel 1938 a Pisa, i tre esemplari di serie (MM. 3570, 3571 e 3572) prelevati dai piloti Beretta, Mantelli e Sant'Andrea, il 9 febbraio 1939, ma il primo vi perde ben presto la vita a Roma.
    Una squadriglia appositamente costituita ai comandi del magg. Bonzano mette a punto modifiche che conducono, segnatamente, ad aumentare le superfici di comando in coda;
    la cappottina che si apre con difficoltà ad alta velocità viene già dalla seconda serie sostituita da abitacolo aperto vecchio stile, sia pure superiormente (e il fatto viene assai gradito da tutti i piloti);
    si installano l'inalatore di ossigeno, l'avviamento automatico e il bloccaggio di sicurezza del carrello applicati all'MM.3574 e su tutti i già costruiti.
    L'entrata in servizio dei nuovi monoplani comportava differenti tecniche di pilotaggio, con parecchi incidenti, così che i piloti tendevano a rifiutarli.
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    Messaggio  Fox Mer Feb 04, 2009 11:51 pm

    Fiat - G50 – Freccia I339462_mkreG50F4
    Motore Fiat A.74 R1C 38 a 14 cilindri a doppia stella, 840 CV al suolo,
    elica metallica tripala Fiat 3D 41-1 a velocità costante.
    apertura alare : 10,99 m
    lunghezza : 7,80 m
    altezza : 3,28 m
    superfice alare : 18,25 m2
    peso a vuoto : 2.077 Kg
    carico utile : 439 Kg
    peso totale normale : 2.516 Kg
    capacità carburante : 419 lt
    velocità max a 5.000 m 472 Km/h
    velocità di crociera : 390 km/h
    velocità minima : 121 km/h
    salita a 1.000 m : 58"
    a 2.000 m : 2' 10"
    a 3.000 m : 3' 40"
    a 4.000 m : 6' 01"
    a 5.000 m : 7' 10"
    a 6.000 m : 7' 58"
    tangenza max m 10.600
    autonomia km 1.000
    armamento: due mitragliatrici sincronizzate per il tiro attraverso il disco dell'elica tipo Breda SAFAT Me calibro 12,7 mm con 300 colpi per arma.
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    Messaggio  Fox Sab Mar 28, 2009 3:38 pm

    Fiat - G50 – Freccia G50f6
    La Tecnica
    La struttura del Fiat G.50, in alcuni particolari, come il castello motore ed il traliccio terminale della fusoliera, che portava gli attacchi del ruotino di coda e degli impennaggi, nonché la struttura di forza del tronco centrale dell'ala, erano costituiti da tralicci saldati in tubo d'acciaio al cromo-molibdeno.
    L'ala era bilongherone, ed il bordo d'attacco presentava il caratteristico gomito ,in prossimità della fusoliera, per fornire lo spazio destinato ad accogliere le gambe del carrello anteriore in posizione retratta.
    Salvo per il tronco centrale dell'ala , la struttura alare era completamente in lega leggera, con rivestimento in lamiera chiodata, e pure metallica era la struttura degli alettoni, compensati staticamente ed aerodinamicamente, e rivestiti in tela.
    Gli ipersostentatori, estesi sull’intero bordo d'uscita alare, dalle radici degli alettoni sino ai fianchi della fusoliera, sui G.50 erano costituiti da alette di curvatura in quattro tronchi, con struttura in lega leggera e rivestimento in tela.
    La fusoliera del G.50 era del tipo a semiguscio, su quattro longheroni e numerosi diaframmi e correntini destinati ad irrigidire il rivestimento.
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    Messaggio  Fox Sab Mar 28, 2009 3:39 pm

    Fiat - G50 – Freccia G50f8
    L'abitacolo, chiuso a goccia sui primi G.50, e munito solo di pannelli trasparenti ribaltabili lateralmente sui G.50 di serie.
    Gli impennaggi con struttura in lega leggera e rivestimento metallico per le superfici fisse, ed in tela per quelle mobili.
    Lo stabilizzatore era a calettamento regolabile in volo, e il timone era munito di becco di compensazione all'estremità superiore.
    L'alettone sinistro su questo velivolo, era munito di aletta correttrice, regolabile a terra.
    Il carrello, triciclo posteriore, aveva ruote con pneumatici da metri 0,600 x 0,200 x 0,216 (le anteriori) e da metri 0,260 x 0,100 x 0;065 (la posteriore), ed era completamente retrattile, con rotazione delle gambe anteriori verso l'asse del velivolo.
    Il ruotino posteriore era invece fisso.
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    Messaggio  Fox Sab Mar 28, 2009 3:39 pm

    Fiat - G50 – Freccia G50f9
    Un castello motore a struttura tubolare a traliccio vincolava alla fusoliera il motore a 14 cilindri a doppia stella Fiat A.74 R.C.38 del G.50.
    L'unita motrice, munita di riduttore e di compressore centrifugo di sovralimentazione, sviluppava una potenza massima di 840 cavalli a 2500 giri/minuto ed alla quota di 3800 metri, ed azionava un'elica tripala Fiat a giri costanti di 3 metri di diametro.
    L'impianto di alimentazione, faceva capo ad un complesso di 6 serbatoi, installati in fusoliera e nel tronco centrale dell'ala, per 426 litri complessivi.
    I radiatori dell'olio erano invece installati nel bordo d'attacco del tronco centrale dell'ala.
    Il posto di pilotaggio, protetto da blindatura dorsale e dal parabrezza in blindovetro, era munito di seggiolino regolabile in altezza, con l’ausilio di cordoni elastici.
    L'armamento, costituito da due Safat da 12,7 mm, con 600 colpi per arma, e sparanti attraverso il disco dell'elica.
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    Messaggio  Fox Sab Mar 28, 2009 3:42 pm

    Fiat - G50 – Freccia G50f5
    L'addestratore
    La versione biposto del G.50 venne realizzata dalla CMASA dietro insistenza delle Scuole di Volo della RA, onde facilitare il passaggio degli allievi piloti su questo tipo di caccia. Denominato G.50B, l'addestratore venne ottenuto con una modifica diretta del monoposto, abolendo l'arma-mento ed istallando un secondo abitacolo in tandem con doppi comandi; l'abitacolo anteriore venne dotato di cappttina chiusa, mentre il posto per l'istruttore mantenne l'abitacolo aperto benché di disegno diverso dall'originale.
    Il prototipo volò per la prima volta il 30 aprile 1940 pilotato dal collaudatore Guerra, e la produzione in serie iniziò immediatamente, dato che le prestazioni erano sufficientemente vicine a quelle del caccia da fornire un addestramento realistico.
    Ricordiamo qui che il simulacro del biposto era stato realizzato dalla CMASA fin dal 1938, con una disposizione ad abitacoli aperti simili a quello del monoposto, ma la creazione di particolari turbolenze in coda (già sperimentate nella studio del caccia) indussero la FIAT ad insistere per l'installazione di una cabina semichiusa, imponendo la riprogettazione della parte superiore della fusoliera.
    Vennero costruiti 108 G.50 B, la maggior parte dei quali servì nelle Scuole Caccia della R.A.
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    Messaggio  michele Sab Mar 28, 2009 10:29 pm

    Il Parere del Pilota
    Il G.50 o “Gigetto”, come lo si chiamava (questo soprannome del G.50 era poco noto, secondo alcuni deriverebbe dalle iniziali G.G. - del suo progettista -) era un caccia che, tra tante difficoltà, cercava di farsi largo tra la schiera dei biplani, i quali avevano dalla loro il supporto della tradizione acrobatica e la simpatia dei piloti.
    Il primo monoplano ad ala bassa con carrello retrattile non ispirava grandi entusiasmi:
    in molti assetti prendeva l'iniziativa ed il sopravvento sul pilota.
    Ai primi approcci sembravano sfuriate improvvise e senza scampo, ma volando e continuando a studiarlo si riusciva a percepire con il fondo della spina dorsale e l'inizio delle natiche il preavviso a quelle bizzarre ritenute senza scampo, e quindi prevenirle.
    La partenza in auto-rotazione era un “pallino” di Gigetto (come del resto delle prime serie del C.200 ).
    Quante “ imperiali” perfette, viste da terra, erano in realtà dei tentativi di “looping” che il Gigetto rifiutava sistematicamente;
    quanti “tonneaux” fuori asse e “sbottati” se bruscamente e istintivamente richiamati si tramutavano in avvitamenti violenti con il muso verso terra;
    quanti atterraggi finiti con l'aereo «per cappello” erano causati dal volerlo “sedere” a tutti i costi in perdita di velocità.
    I piloti, in genere, non vedevano l'ora di dirqli addio per legare amichevolmente con macchine indubbiamente meno “ballerine” e più paterne nel perdono.
    Il G.50 voleva essere capito e per comprenderlo bisognava studiarlo caparbiamente, a furia di “strizze” e sudori surgelati.
    Su dieci tentativi di “ loopinqs” potevano saltare fuori sei «imperiali” e quattro uscite di traverso.
    Chi riuscì a stabilire rapporti di confidenza e di fiducia comprese che la macchina non voleva assolutamente nervosismo sulla “cloche” a tirare:
    cabrare con dolcezza e fermarne l'assetto con lievi e tempestivi movimenti contrari all'istinto. In assetto rovescio, quando con altri velivoli era necessario tirare la “cloche”, con “monsignor Gigetto” bisognava stare fermi o addirittura spingere per contenere la sua prepotente tendenza a spingere.
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    Messaggio  michele Sab Mar 28, 2009 10:31 pm

    Veniva così tranquillamente fuori il difficile “looping” (figura per altri aerei infantile) e così si poteva “impastare” con ruote a terra senza un sussulto anche se con il ruotino di coda ancora a mezz 'aria.
    I tentativi di “sederlo”, invece, costavano imbardate e capottate.
    Per l'acrobazia era soprattutto allergico alle velocità folli che troppi suggerivano ai neofiti come toccasana per la sicurezza.
    Un giorno giunsero ad Osoppo, provenienti dall'Albania, cinque o sei piloti ritenuti, per le loro ore di volo, ben addestrati sui G.50.
    Scopo dell'arrivo era l'aver personale valido da inserire in uno stormo d'assalto che stava per gustare “a go-go” gli ultimi residuati racimolati un po' dovunque.
    Sotto gli occhi di tutto il 50° Stormo vi fu una specie di esame.
    Il primo, in ordine di tempo, decollò con manica a novanta (vento di traverso a 90°):
    vuoi per l'emozione di sentirsi osservato, vuoi per le sberle secche che sembravano volergli impedire la salita, si impapocchiò in un errore grande come una casa: non rientrò il carrello. Avendo cura di mettersi controvento sulla direttrice picchiò per circa 500 m senza prendere la velocità rituale.
    Tirò su e quando fu rovesciato si ritrovo in un assetto piuttosto critico:
    appeso come un salame con poca velocità e il motore che stava sbuffando e starnutendo.
    Ma non tirò la «cloche” nemmeno in quell'occasione e, secondo lui, fu la salvezza;
    per evitare la “piantata” chiuse bravamente manetta.
    Spanciando sempre in assetto rovescio mise pian piano il muso sotto l'orizzonte e giù «in candela”.
    Una richiamata, un “tonneau” per parte, un mezzo rovesciamento e giù all'atterraggio.
    La mana corse alla leva del carrello e, come si suol dire, gli venne un colpo.
    Mentre rullava per tornare in linea riviveva e vagliava le sue sensazioni.
    Lassù aveva certo notato un comportamento anormale, un miscuglio di inerzia, di durezza sui comandi, di carenza in velocità, ma si era accontentato della prima giustificazione affacciata alla mente:
    « chissà che brocco mi hanno rifilato ...
    Per molti era stata “un'esibizione assurda”, una “bravata”;
    qualcuno aveva creduto alla verità.
    In confidenza, solamente quel pilota non sapeva cosa raccontare a se stesso.
    Per lui il Gigetto era diventato una specie di padre di famiglia, forse pilotato dall'angelo custode.
    Eppure si rimorchiava dietro una lunga scia di incidenti e di lutti.


    Fiat - G50 – Freccia G50f10
    Questo «Parere del pilota», senz'altro molto vivo anche se basato su ricordi di oltre trent'anni fa, è quello del comandante Sandro Grena, pilota della 376.a Squadriglia, che ebbe modo di accumulare una certa esperienza con il primo caccia italiano della «Serie 0».

    Aerei, Marzo 1977
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    Messaggio  michele Sab Mar 28, 2009 10:58 pm

    Note sul FIAT G.50
    Mi soffermo sul G.50 (io comandavo la 150sq. del 2° Gruppo)
    La pericolosità del velivolo era stata esaltata dall’applicazione di un serbatoio supplementare sistemato dietro la schiena del pilota e dalla pesante corazza:
    Non si poteva lasciare la cloche un solo attimo senza … serie conseguenze.
    Un mio gregario è caduto in vite (S.ten Mancini) navigando in volo orizzontale ed in formazione.
    Il G 50 andava in auto rotazione … in atterraggio e non perché era pesante o aveva il carrello avanzato , ma perché aveva un’ala impossibile.
    In quei tempi, anche perché i campi erano limitati, si atterrava seduti, cloche alla pancia.
    Il G.50 , cloche alla pancia al minimo sobbalzo, "partiva" e metteva l'ala sinistra a terra;
    tant'è che la FIAT aveva ovviato all'inconveniente... rendendo sostituibile il terminale dell'ala!
    I piloti smaliziati, invece, inventarono... una manovra anti istintiva ma efficace:
    atterravano seduti ma, al primo contatto col terreno, spingevano la cloche sotto al cruscotto.
    I guai aguzzano l'ingegno ...
    Le caratteristiche - in particolare - del G.50 (quelle diffuse dalla pubblicistica n.d.r.) sono ... una bestemmia:
    evidentemente sono state ricavate ottimisticamente dal prototipo "nudo".
    Io ho sostenuto un combattimento... ravvicinato con un Hurricane (e sono stato... regolarmente abbattuto) e assicuro che la differenza di velocità, a nostro scapito, era ben maggiore del 10%.
    Con l'aumento dei carichi (per di più in coda) l'aeroplano doveva viaggiare ad un assetto che offriva maggiore resistenza.
    Non Le parlo degli impianti (per esempio il carrello), delle armi che non sparavano, della presa d'aria, a... pelo di terra, che succhiava più sabbia che ossigeno, della continua sensazione di "camminare sul ghiaccio" (esatta), che innervosiva il pilota più esperto e che gli faceva rimpiangere il manovriero, tranquillo CR 42 (di poco meno veloce, a carico completo).
    Il motore che - dopo due giorni di Libia - consumava... più olio che benzina e imponeva dei rullaggi a non finire prima di staccare, con angoscia, le ruote da terra ......

    (da una lettera al pubblicista aeronautico dott. Emilio Brotzu 14.10.1971)

    Tullio De Prato
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